Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 14 Sabato calendario

ALL’ORIGINE DI GOOGLE C’È UN MATEMATICO ITALIANO DIEDE LE CHIAVI DEL SISTEMA 17 ANNI FA A LARRY PAGE


Il vero inventore di Google è un italiano. Il motore di ricerca che ha cambiato la vita a tutti noi l’aveva inventato Massimo Marchiori, matematico e professore associato di informatica all’università di Padova. Uno stipendiato da 2.200 euro mensili. Se fosse stato un po’ meno idealista, e più attaccato al denaro, Marchiori oggi avrebbe potuto essere uno dei più ricchi miliardari della Silicon Valley.
Fu lui infatti, 17 anni fa, a svelare al mondo come scandagliare la rete con la precisione a cui, dopo di allora, ci ha abituati tutti quanti Google. Seduto in platea ad ascoltarlo quel giorno, durante una conferenza a Santa Clara, in California, era uno studente di quattro anni più giovane, Larry Page, che di lì a poco avrebbe lanciato Google con il suo amico di Stanford, Sergey Brin.
Il progetto di Marchiori si chiamava Hyper Search, ed era basato su un algoritmo innovativo che, per la prima volta, classificava le pagine Internet secondo la loro struttura web, compresi i link, anziché sulle informazioni testuali. Questo, rileva in un recente articolo Bloomberg, secondo molti esperti è da considerare un’ispirazione fondamentale per PageRank, la formula di Google. E difatti, «quando finii la mia presentazione, un ragazzo gentile mi avvicinò dicendo che l’aveva trovata molto interessante», conferma Marchiori.
Questo ragazzo era Page, che trascorse poi tutta la giornata assieme all’italiano, discutendo del futuro di Internet. Alla fine, Page si congedò dicendo che gli sarebbe piaciuto sviluppare l’idea di Marchiori, ed è stato di parola. Il dominio Google fu registrato con Whois quello stesso anno, il 15 settembre 1997, mentre l’omonima azienda sarebbe stata fondata da Page e Brin esattamente un anno dopo. Secondo Wikipedia, nel 2013 la ricchezza personale di Larry Page era stimata in 23 miliardi di dollari (16,9 mld euro).
Marchiori, un idealista agli antipodi dello stereotipo caricaturale dell’italiano cinico affarista, a 44 anni ritira uno stipendio mensile sui 2.200 euro e guida un’auto di 11 anni fa. Ma non è geloso del successo di Page. «Sono felice di avere in qualche modo contribuito alla nascita di Google», ha dichiarato a Bloomberg. «Larry e Sergey hanno avuto l’immensa perseveranza di trasformare un’idea in un progetto industriale che ha cambiato le vite di ognuno». Quanto a lui, ha proseguito la sua carriera tra il Veneto e Boston, raccogliendo decine di premi internazionali. Com’è ovvio, tutte le maggiori compagnie del mondo gli hanno chiesto a più riprese di andare a lavorare per loro. «Accettare, però», spiega lui, «avrebbe significato avere meno libertà e assoggettarsi a logiche aziendali spesso poco etiche. Certamente le proposte erano molto interessanti, ma i soldi non sono mai stati la mia priorità».
In questi ultimi anni Marchiori ha lavorato a un nuovo tipo di motore di ricerca chiamato Volunia, studiato per condividere interessi e domande usando un’interfaccia tridimensionale e puntando al «metalivello». In modo forse analogo al suo comportamento di 17 anni fa, con Volunia aveva costituito un’azienda, lasciandone però la guida economica ad altri. Ne è uscito recentemente, portandosi dietro questa volta i suoi algoritmi. A lui infatti, più che gli utili, interessa «la bellezza di far progredire il mondo del web per il piacere di dare una scossa al futuro e fare qualcosa di utile», oltre che per cercare di dimostrare che l’innovazione si può mettere in pratica anche restando in Italia. Di sicuro, per adesso di Marchiori si può dire che va a ingrossare la galleria dei geni italiani (da Meucci, inventore del telefono, a Barsanti e Matteucci inventori del motore a scoppio) che si sono lasciati scippare dall’estero gli onori e i diritti su invenzioni che di fatto hanno cambiato il mondo.

Alessandra Nucci, ItaliaOggi 14/6/2014