Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 16 Lunedì calendario

COPPIE GAY, STESSI DIRITTI DEL MATRIMONIO MA NO ALLE ADOZIONI


«Alle unioni civili tra persone dello stesso sesso si applicano tutte le disposizioni previste per il matrimonio...» escluso il diritto di poter adottare. È questo il principio fondamentale che regolerà i rapporti fra coppie omosessuali. Principio contenuto nella disciplina che da settembre il Parlamento si troverà ad approvare. Come promesso dal premier.
Renzi le aveva già messe fra i suoi obiettivi alla Leopolda (sia quella delle primarie poi perse contro Bersani che l’ultima vincente). Poi, da segretario Pd, l’aveva chieste (assieme allo ius soli) al governo Letta e, una volta diventato premier, le aveva scritte nel proprio programma spiegando, nel discorso sulla fiducia che andavano fatte ascoltandosi e poi trovando un compromesso. Dunque adesso sembra che il momento delle unioni civili sia arrivato visto che sabato all’assemblea del Pd Renzi ha annunciato che a settembre, chiusa la pratica Italicum, verrà portata in Parlamento e approvata una legge sulle civil partnership. «Dobbiamo realizzare quell’impegno che abbiamo preso durante la campagna delle primarie» ha spiegato il premier spiegando che cercherà ovviamente un accordo «con gli esponenti della nostra maggioranza» e col Parlamento ma ribadendo che non ci sarà spazio per ripensamenti.
Il modello a cui fa riferimento il premier quando parla di civil partnership è quello nato in Gran Bretagna (dove poi è decaduto in quanto il governo Conservatore Cameron ha introdotto il matrimonio gay) e in Germania. Sostanzialmente prevede che la coppia omosessuale che decide di “sposarsi” possa iscriversi all’ufficio dello stato civile in un apposito registro delle unioni civili. Da quel momento sono una coppia ufficiale con tutti i diritti e i doveri simili a una coppia eterosessuale unita in matrimonio. Quindi ad esempio sarà previsto il diritto alla reversibilità della pensione in caso del decesso del compagno/compagna. Il diritto alla successione e quelli in materia assistenziale e penitenziaria. E a cascata tutti quei diritti e doveri che dipendono dalle legislazioni regionali come ad esempio la possibilità di partecipare ai bandi di assegnazione delle case popolari.
Del resto questa normativa, che andrà a modificare il codice civile nel libro primo, quello cioè dedicato a regolare i diritti e doveri della persona e della famiglia, è figlia diretta dell’articolo 2 della Costituzione che riconosce e tutela i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali, tra cui appunto anche la coppia, in cui si svolge la sua personalità. Diritti che oggi a chi voglia vivere in una coppia omosessuale non sono garantiti. E infatti la Corte Costituzionale con due sentenze, la prima del 2010 e la seconda di pochi giorni fa sull’uomo diventato donna e rimasta unita in matrimonio alla moglie, ha sottolineato questo vuoto legislativo invitando il Parlamento a intervenire. Intervento che però non potrà essere l’estensione del vincolo matrimoniale alle coppie gay.
Da qui appunto le unioni civili che forniscono una condizione omologa ma non uguale al matrimonio. La differenza più grande è che la coppia omosex non potrà adottare bambini. Tuttavia verrà introdotto l’istituto della «stepchild adoption» preso dal sistema inglese. Cioè sarà possibile a uno dei soggetti della coppia gay adottare il figlio (anche adottivo) dell’altra parte dell’unione. Potrà portarlo e andarlo a prendere a scuola, accompagnarlo e assisterlo in ospedale e continuare a fargli da padre/madre nel caso in cui il genitore naturale dovesse venire a mancare. In Germania ad esempio è stata introdotta anche la totale equiparazione fiscale. Il che significa che se in Italia si arriverà al quoziente familiare, come promesso dal premier sabato, riguarderà anche le future unioni civili.
Tutta questa disciplina riguarderà solo le coppie omosex e non le coppie etero che convivono e non si vogliono sposare. Perché la filosofia è che mentre le coppie omosessuali non possono unirsi in matrimonio, le coppie etero possono sposarsi e quindi se non si sposano è perché non lo vogliono fare e quindi non possono essere estesi a loro i diritti ma anche i doveri che discendono dal matrimonio. Per queste coppie (anche dello stesso sesso) sarà prevista un’altra forma, più lieve, di unione: i cosiddetti patti di convivenza. Con doveri (e diritti) meno “pesanti” di quelli matrimoniali.
Al momento, almeno, questa è la strada che hanno imboccato in commissione giustizia del Senato dove le varie proposte avanzate (soprattutto da Lumia, Marcucci e Lo Giudice del Pd) sono state riunite in due testi separati (ma che poi potrebbero ritornare a far parte di un’unica proposta di legge) dalla relatrice Daniela Cirinnà. La discussione partita lo scorso marzo, il 6 maggio s’è fermata. «Ma i testi sono pronti per andare in aula» sottolinea la democratica Cirinnà che spiega che nel momento in cui il governo deciderà politicamente il via tutta la procedura subirà una accelerazione. Il nodo quindi resta politico. È vero che su questi temi i senatori del Pd hanno trovato sponde anche nei 5Stelle, tuttavia servirà un’intesa col Nuovo centrodestra (in commissione c’è Giovanardi) che nutre dubbi sulla possibilità di far adottare al partner il figlio naturale del proprio/a compagno/a. Perplessità coltivate anche nella parte cattolica del Pd che ritiene anche che i più lievi patti di convivenza non possano riguardare le coppie omosex che già avrebbero a disposizione la più vincolante unione civile.