Vittorio Feltri, Il Giornale 15/6/2014, 15 giugno 2014
QUELLE LEGGI ILLOGICHE CONTRO DELL’UTRI E SCAJOLA
Con un blitz, la Camera è riuscita a far passare una legge assai rischiosa per il portafoglio dei magistrati che sbagliano, cioè che la combinano grossa: essa li obbliga a risarcire di tasca loro gli imputati massacrati senza ragione. Che non sono pochi. Il provvedimento suppongo - sarà bocciato in Senato, che non ha mai contato tanto come dal giorno in cui, messo nel mirino da Matteo Renzi, versa in fin di vita. In effetti, Palazzo Madama continua a essere una palude in cui muore ciò che è nato a Montecitorio. Il premier è diventato famoso per le riforme che intende realizzare, ma è altrettanto famoso perché, pur avendone annunciate molte, non è stato in grado - povero figlio - di concretizzarne una. D’accordo, non è colpa sua, visto che il sistema gli vieta di andare avanti, ma neanche nostra che lo preghiamo di non retrocedere. Cosa che invece egli fa ogni giorno.
Da decine di anni si predica, tanto a destra quanto a sinistra, che occorre cambiare i criteri con cui viene amministrata la giustizia. Parole al vento. Finora nell’apparato giudiziario non è stata modificata una virgola. E i magistrati seguitano a comportarsi come in passato. Né potrebbero fare diversamente, dato che i codici sono rimasti gli stessi di sempre. Cosicché noi cittadini assistiamo terrorizzati ai soliti scempi. Citiamo qualche caso, per capirci.
Apprendiamo dalla stampa che Claudio Scajola, dopo qualche settimana di reclusione a Regina Coeli, ha ottenuto gli arresti domiciliari. Ma ce l’ha un domicilio? Manco per sogno. L’ex ministro sarà costretto a recarsi in casa della madre anziché nella propria. Perché dall’inchiesta è emerso un particolare scabroso, si fa per dire. Egli avrebbe dato una mano alla signora Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena, l’ex deputato del Pdl condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, soltanto perché si era invaghito di lei. Ok. Non sta bene che un uomo sposato si distragga con la donna di un amico. Ma è un reato? Non credo. Chi non ha tradito - almeno a livello mentale- la propria consorte scagli la prima pietra. Non si registrano in Occidente lapidazioni recenti. Segno che siamo tutti peccatori. Sta di fatto che Scajola è andato in galera per una debolezza carnale che, essendo stata resa pubblica, non ha giovato al clima familiare. Adesso come fa il politico ligure a ritornare al proprio domicilio? La sua signora non è di buon umore e appare poco propensa ad accoglierlo a braccia aperte. E lui dove si può rifugiare se non nell’appartamento della madre? Una situazione paradossale. Mi domando per quale motivo i Pm lo abbiano incarcerato a indagine in corso, salvo concedergli gli arresti domiciliari dopo aver spifferato che l’ex ministro è un fedifrago. Perché non gli hanno permesso subito di attendere nell’alloggio coniugale, al tempo accessibile, gli sviluppi delle investigazioni? Incomprensibile.
Nasce un fondato sospetto e cioè che la pubblica accusa, chiudendolo in cella, intendesse farlo confessare. Un metodo efficace, questo. Ma è anche legittimo? Non mi pare che la tortura sia contemplata nella nostra Costituzione. Posso sbagliarmi, però se la custodia cautelare serve a intimidire l’arrestato allo scopo di farlo cantare a mica tanto gentile richiesta, sarebbe bene non abusarne. Il risultato della descritta porcata è che Scajola, oltre alla libertà, ha perso la compagna della sua vita- dichiarata cornuta con tanto di certificato giudiziario- e il ruolo politico, ovvero il lavoro, senza essere ancora stato processato. E sorvoliamo sullo stato d’animo della di lui consorte, sulla cui innocenza non vale manco la pena di discettare.
Non è finita. Che dire della signora Rizzo? È rientrata spontaneamente in Italia onde fornire spiegazioni all’autorità giudiziaria. Non appena ha fatto tappa in Francia, è stata blindata, poi spedita a Reggio Calabria e immediatamente trasferita in galera. A quale scopo? Indurla a confessare? Confessare che cosa? È naturale che una moglie cerchi di aiutare il marito. È un reato? Quand’anche lo fosse,che bisogno c’era di sbattere in cella la donna? Non bastava indagarla a piede libero o - tutt’al più - restringerla ai domiciliari? Nossignori. Dentro, come una criminale pericolosa. Un uso similmente disinvolto della custodia cautelare non è digeribile. Ma il nostro potere legislativo non fa una piega: assume un Alka Seltzer e ingoia tutto, timoroso d’inimicarsi le toghe, mentre sono convinto che la maggioranza di esse desidererebbe applicare norme più umane.
Non abbiamo ancora completato il discorso. Marcello Dell’Utri è stato estradato dal Libano affinché sconti in patria la pena di sette anni (anche lui come Matacena) per concorso esterno in associazione mafiosa. Lo hanno rinchiuso a Parma, carcere di massima sicurezza in cui sono detenuti ( nell’ospedale interno) Totò Riina e Bernardo Provenzano, che ne hanno uccisi non so quanti. Si può paragonare a costoro il cofondatore di Forza Italia? Ridicolo. Perché Dell’Utri, condannato dopo vent’anni di tribolate vicissitudini giudiziarie, non è stato collocato ai domiciliari? Che senso ha parificarlo ai peggiori assassini e inchiavardarlo come un temibile boss se la sentenza lo qualifica quale collaboratore esterno delle cosche? Ma dov’è la logica, dov’è la coerenza? E dov’è la pietà?