Edoardo Boncinelli, Corriere della Sera - la Lettura 15/6/2014, 15 giugno 2014
OGM, TAV, ATOMO SIAMO SPAVENTATI, PERCIÒ DICIAMO NO
Possiamo vedere il cammino della nostra civiltà come il tentativo di organizzarci per minimizzare i danni causati dall’imprevedibile. Che esiste e che non è eliminabile. È una posizione infantile e superficiale — e in fondo fatalista — quella che si fonda sulla negazione dell’imprevedibile o addirittura sulla speranza di eliminarlo magicamente. Ma l’uomo ci ha sempre provato. Dei, semidei, neri demoni, forze occulte, malefizi, talismani e menagramo sono il misero prodotto di un tale malriposto sforzo. In questa ottica l’imprevedibile non è imprevedibile — e quindi intrinsecamente casuale — ma è opera di forze superiori consapevoli che determinano l’andamento delle cose del mondo fin nei minimi particolari. Questa è la spiegazione a cui tende l’uomo e che non ha risparmiato nessuno, dai Greci antichi ai fondamentalisti di oggi. Se c’è qualcuno che può determinare l’imprevedibile, occorre agire direttamente su di lui, entità singolare o plurale che sia. Un modo è quello di pregare, implorare e offrire sacrifici, nella speranza di addolcirne le intenzioni. Alternativamente, si può provare a conoscerne in anticipo i disegni, consultando indovini e sibille, nel tentativo di neutralizzarne la realizzazione. Il mito greco, dall’epica alla grande tragedia, è tutta un’illustrazione dell’inanità di tale sforzo: conoscere in anticipo i decreti del fato può portare a mutare il corso degli eventi, ma non a cambiarne gli esiti, con grande frustrazione e mortificazione degli umani. Che continuano ostinatamente anche oggi a consultare indovini e oroscopi, alla ricerca di buone notizie che comunque non li appagheranno, come illustra mirabilmente il leopardiano Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere.
L’uomo non accetta l’esistenza del caso, anche se tutta la scienza moderna ne attesta l’importanza e l’imprescindibilità, e questa sua ostinata negazione conduce a comportamenti profondamente irrazionali. Cercare di conoscere le leggi che reggono il mondo porta anche a tale constatazione, in opposizione a una interpretazione magica e intenzionale degli eventi, che appare positiva e fertile di risultati, ma che si rivela invariabilmente ingannatrice e deludente, nonché foriera di assurdi sensi di colpa o di altrettanto assurde attribuzioni di colpa. La scienza spiega ciò che è spiegabile, non quello che non lo è. La ricerca di spiegazioni vere conduce alla constatazione che c’è qualcosa di inspiegabile, mentre per chi inventa spiegazioni ad hoc tutto appare spiegabile. La ragione tende a guardare in faccia la realtà, per quanto spiacevole questo possa risultare; l’irrazionalità tende a sostituire al mondo un suo simulacro «addomesticato» ritenuto trasparente, ma in realtà autenticamente imperscrutabile.
Perché le cose stiano in questi termini lo illustra con grande chiarezza il lucido libretto Il rischio di Simona Morini (Bollati Boringhieri), anche sulla base dei risultati delle più recenti analisi neuroscientifiche in tema di rischio e di speranza e della loro percezione corrente. La nostra mente è istintivamente frettolosa e ama saltare alle conclusioni sulla base di poche informazioni. Siamo fatti così, e tendiamo a comportarci in questa maniera anche quando qualcuno ci ha messo in guardia contro tale genere di abitudini mentali. Lo sappiamo da tempo e molto si è detto e scritto su tale argomento, di come cioè ci inganniamo e ci lasciamo ingannare dalle apparenze e dalle circostanze, sulla base di una nostra innata propensione a valutare le cose in fretta e «all’ingrosso», fondandoci su informazioni insufficienti e su impressioni «istintive» e irriflesse. Non che non siamo capaci, all’occorrenza, di essere più avveduti e razionali, ma questo ci costa fatica e lo facciamo solo in un secondo momento e se riteniamo che sia proprio necessario. Si è anche parlato di due sistemi mentali diversi che presiederebbero alle nostre valutazioni, e secondariamente alle nostre scelte. Un sistema 1, approssimato, superficiale, sempre pronto a scattare e a operare sotto spinte istintive ed emotive; e un sistema 2, più lento, riflessivo e ponderato, ma chiamato in causa solo raramente e comunque in un secondo momento. Nei nostri giudizi e nelle nostre decisioni siamo insomma ben poco razionali. Quasi di necessità.
Nel libro della Morini c’è molto di più. Vi si espongono le idee contemporanee sulla probabilità e la sua valutazione razionale, ma anche sulle innumeri deviazioni da tale condotta informata, sulla base di valutazioni soggettive e idiosincratiche, tanto individuali quanto collettive. Non possiamo non accettare la potenza dell’imprevedibile, ma possiamo cercare di prevederne al meglio le decisioni e prendere i provvedimenti opportuni. Questo promette, e in buona parte realizza, l’atteggiamento moderno verso l’occorrenza dell’imprevisto. A questo porta prima di ogni altra cosa il cammino della civiltà. Che ha ridotto enormemente i rischi presenti nella vita di una volta. Anche se qualche rischio nuovo è apparso in tempi recenti e non si fa altro che sottolinearlo. Molti sono convinti, sulla base di quella sommarietà di giudizio di cui abbiamo parlato, che i pericoli che corriamo siano addirittura aumentati. Per certi versi non ci si è lamentati mai tanto dei rischi, reali e immaginari, come oggi, e la nostra autrice ci fa toccare con mano le fallacie logiche che conducono a tale conclusione. A questo proposito il suo invito è molto chiaro: «Anziché proporre di tornare indietro, di “fermare il mondo”, io credo che sia importante porsi il problema di come andare avanti».
In questo senso il nostro Paese è emblematico, con il suo dire no a tutto, dagli Ogm al nucleare, dalla fecondazione eterologa (appena corretta dalla Corte costituzionale) all’eutanasia, passando per la sperimentazione animale e la Tav. Suprema furbizia davvero quella di dire no a tutto, e precludersi la vita per paura di vivere. Un atteggiamento, questo, che a livello individuale sarebbe clinicamente definito una nevrosi. Suprema furbizia che ci conduce di contro a fidarci del primo ciarlatano che promette mirabilie. Come dimostra il caso Stamina, autentica vergogna nazionale, che dimostra, tra l’altro, che non siamo nemmeno capaci di ascoltare quello che si dice nelle altre nazioni colte e sviluppate. La speranza è una cosa, l’illusione un’altra.