Daniela Fedi, Style 13/6/2014, 13 giugno 2014
GA – [IL RE DELLO STILE]
È nato nel 1934 come Sophia Loren, Leonard Cohen, Gino Paoli, Brigitte Bardot, Carlo Rubbia e Francisco Rabaneda Cuervo che in seguito sarebbe diventato Paco Rabanne. In quello stesso fatale anno Hitler si autoproclama Führer e capo del Reich, muore Madame Curie, Luigi Pirandello vince il premio Nobel e Walt Disney inventa un personaggio meraviglioso: Paolino Paperino, l’antieroe per eccellenza. Giorgio Armani non ha nulla a che vedere con tutto ciò tranne l’età, 80 anni (il prossimo 11 luglio) portati talmente bene che sembrano 20 in meno. Lo deve a se stesso, o meglio alla feroce disciplina che si è imposto: un’ora e mezza di ginnastica tutti i giorni, anche in vacanza, pochissimi peccati di gola (ha un debole per il risotto alla milanese e per l’insalata caprese, ma non esagera mai con le porzioni), niente fumo, niente alcool e figuriamoci le droghe anche se in un’intervista concessa nel 1995 a Eric Clapton per l’edizione inglese del mensile GQ, ammise di aver provato la cocaina. «Avevo 40 anni raccontò ero al mare con un gruppo di amici, volevo fare il moderno ma sono stato malissimo. Ho capito che quella sarebbe stata la prima ma anche l’ultima volta». Basta guardarlo in faccia per capire che dice la verità: lo sguardo limpido, l’aspetto sano della pelle e dei capelli per non parlare dell’assoluta presenza fisica e mentale raccontano una storia di abitudini morigerate. Lavora come un matto, questo sì, non concede tregua a se stesso e agli altri, è ossessionato dall’efficienza, dalla puntualità, da uno spirito di perfezione senza confini. «Lo devo a mia madre – racconta – era una donna molto severa forse perché ha perso la mamma da piccola ed essendo l’unica femmina di otto figli, giovanissima è stata costretta a mandare avanti la casa. Credo si sia sposata in parte per sfuggire alla dura disciplina imposta da mio nonno. Spero che abbia anche amato mio padre, ma in quelle condizioni era difficile pensare al lato romantico della vita. Non abbiamo mai parlato di questo e adesso mi spiace. È morta a 91 anni però non sono riuscito a conoscerla intimamente anche se per me è stata una figura centrale. Solo da adulto ho capito quanto devo alla sua severità». Maria Raimondi veniva da una famiglia di mobilieri piacentini che ha sempre avuto un certo tono, mentre Ugo Armani era un semplice impiegato amministrativo. Insieme hanno tre figli: Sergio, Giorgio e, nel 1939, Rosanna. «Mia sorella – racconta lo stilista più famoso del mondo – è stata un personaggio interessantissimo quando dal calzino bianco delle bambine è diventata la ragazza che tutti volevano in compagnia perché così bella, simpatica e vitale da affascinare chiunque le stesse vicino. Ancora oggi basta che mi lanci un’occhiata perché a me scappi da ridere. Lo dico con grande ammirazione per la sua capacità di alleggerire i pesi della vita». Dicono sia una caratteristica di chi ha un’infanzia spensierata ma quella di Rosanna Armani non è stata così. Ad appena 4 anni assiste al drammatico incidente bellico che costa la vita a un compagno di giochi e che ferisce gravemente il fratello. Nell’estate del ’43 Piacenza subisce massicci bombardamenti dagli alleati. Un giorno all’uscita da un rifugio antiaereo lei e Giorgio vengono chiamati dai compagni che hanno appena trovato una bomba fumogena. Lui è il più vicino al momento dell’esplosione: coperto di ustioni dalla testa ai piedi, si salva per miracolo. Resta 40 giorni in ospedale dove subisce un quotidiano bagno nell’alcool per togliere la pelle morta scongiurando il pericolo d’infezione. Gli resta solo una cicatrice sul piede, dove si è fusa la fibbia metallica del sandalo. Rosanna in seguito racconta che da bambina aveva paura del sole, perché il sole portava i bombardieri. Con la fine della guerra arriva un altro spavento terribile: il padre viene condannato a otto mesi di reclusione solo perché aveva svolto il suo lavoro impiegatizio presso la Federazione del Fascio. Ai ragazzi Armani tocca vedere il papà ammassato con altri detenuti dietro una rete metallica, le lacrime che gli scorrono lungo il viso, l’impotenza, la mortificazione. Per Rosanna che all’epoca aveva solo sei anni è uno shock. Presto però il signor Ugo si riprende, trova un lavoro a Milano e vi si trasferisce con la famiglia. Sergio e Giorgio all’inizio fanno una gran fatica ad accettare il cambiamento, la sorellina, invece, si adatta subito alla grande città. Capelli corti, grandi occhi nocciola e un bel viso mobile sul corpo minuto, Rosanna Armani da ragazza somiglia ad Audrey Hepbum. Accarezza l’idea di diventare attrice e nel 1960 viene scelta da Visconti per una piccola parte in Rocco e i suoi fratelli. Tre anni dopo è sul palco di San Remo con Edy Campagnoli come valletta di un esordiente Mike Buongiorno. Lavora a lungo come modella mentre Giorgio, affascinato dal romanzo La Cittadella di Cronin, decide di diventare medico. S’iscrive all’università, frequenta lezioni ed esercitazioni per due anni, studia e si presenta agli esami, ma è il primo a capire che quella non è la sua strada. Certo il tempo passato nella facoltà di medicina si rivela prezioso per definire la cifra stilistica di Armani: la precisione chirurgica dei suoi tagli, le forme anatomiche di tutti i suoi modelli e il suo leggendario senso delle proporzioni vengono probabilmente dagli studi universitari. Il resto è talento allo stato puro mischiato a un costante esercizio di sottrazione. «L’eleganza è togliere» dicono tutti i designer del mondo. Lui lo fa. Senza pietà verso le sue stesse idee. Dopo il servizio militare comincia a lavorare come vetrinista per la Rinascente e nel 1966 conosce Sergio Galeotti, l’amore della sua vita, ma anche il socio migliore del mondo per qualunque creativo degno di questo nome. È un uomo intelligentissimo, duro come un diamante, ma altrettanto prezioso nel coniugare la creatività imprenditoriale con quella stilistica. Insieme nel 1975 fondano la Giorgio Armani, un’azienda che fa onore all’Italia. «Sergio mi ha dato la forza d’improvvisare questo mestiere – spiega . – Io avevo delle intuizioni, ma non ero bravo. Per esempio non sapevo disegnare e lui mi spingeva a farlo. Diceva “prova, puoi ottenere tutto se lo vuoi intensamente”. Ho amato per vari motivi le persone che ho amato, ma il primo è sempre stato quel click che segna il destino». Galeotti muore il 14 agosto 1984, un dolore da cui Armani non è mai guarito del tutto. Reagisce lavorando, facendo cioè anche la parte manageriale che prima toccava al socio. Diventa lo stilista-imprenditore, un caso più unico che raro nel panorama internazionale della moda. Oggi ha 5000 dipendenti diretti, 13 stabilimenti dei produzione e 500 negozi in 46 paesi del mondo. Il suo patrimonio personale ammonta a 8,5 miliardi di dollari americani secondo le stime di Forbes che lo incoronano come quarto uomo più ricco d’Italia (prima di lui ci sono Michele Ferrero, Leonardo Del Vecchio e Miuccia Prada, subito dopo arriva Patrizio Bertelli) al 131 esimo posto nella classifica mondiale dei multimiliardari. Noi della stampa lo chiamiamo «Re Giorgio» e pare che la cosa un po’ lo irriti. Pazienza, ce ne facciamo una ragione: quest’uomo dall’intelligenza fotonica che in fondo è timido e schivo, regna sul nostro immaginario come un personaggio fiabesco, una specie di pifferaio magico capace di trascinare uomini e donne fuori dal cattivo gusto e dalla volgarità.