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 2014  giugno 13 Venerdì calendario

IL QUASI EN PLEIN DELLA CALABRIA INDAGATI 50 ELETTI SU 57 TOTALI


L’ultimo ad aggiungersi alla truppa è stato l’assessore Udc all’Agricoltura Michele Trematerra. Figlio di Gino, il ras locale del partito di Pier Ferdinando Casini, Trematerra junior, Micheluccio per gli amici, qualche giorno fa è stato sentito per 5 ore dal pm PierPaolo Bruni della distrettuale antimafia catanzarese, con l’accusa di aver favorito la cosca Lanzino di Cosenza e i sodali del clan rom degli Abruzzese di Acri ad accaparrarsi tutti gli appalti nella Sila per la spalatura neve e il disboscamento. Robetta.
Trematerra non è l’eccezione. Tra indagati, inquisiti, segnalati alla Dda, condannati in primo grado o in via definitiva, i consiglieri regionali calabresi in carica dal marzo 2010 che hanno avuto noie con la giustizia sono 50. La lista è lunga e con nomi eccellenti: dal dimissionando governatore Scopelliti, condannato a 6 anni per falso in atto pubblico lo scorso marzo, per la gestione del comune di cui era sindaco, Reggio Calabria, all’attuale deputato Totò Caridi, ex assessore regionale, che colleziona una convocazione in procura per sospetto abuso dei fondi regionali per la politica, ed è stato stoppato sulla soglia della commissione Antimafia da una informativa ad personam della Dda di Genova che sollevava il sospetto che avesse chiesto appoggio ai potenti clan di emigrati calabresi a VentImiglia per ottenere voti nei loro paesini di provenienza. Stiamo parlando di un record (o quasi) nella storia della Repubblica. 50 consiglieri con problemi con la giustizia, su 56 in servizio; 50 eletti, più 7 ripescati, perché subentrati.
Ora i tagli operati dal governo Monti hanno imposto un tetto massimo di 30 consiglieri per i due milioni di calabresi. Ma solo sulla carta. Perché il parlamentino locale, appena qualche giorno fa, si è autovotato una legge elettorale per essere comunque in 37: e cioè 30 eletti, più i posti liberati da governatore e 6 assessori. Uno stipendio da ottomila euro al mese non si nega a nessuno.
Va ricordato, naturalmente, come ogni cittadino sotto indagine sia innocente fino alla Cassazione. I 44 indagati dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Ottavio Sferlazza, che ha convocato ex consiglieri, capigruppo e semplici amministratori dei fondi consiliari a rispondere di come hanno speso il budget destinato alle attività politiche, sapranno dare spiegazioni sufficienti ed esaustive.
E dire che proprio appena un anno fa, dopo una prima inchiesta in Procura, proprio i consiglieri si erano dati norme rigorosissime per usare i fondi «per scopi puramente politici istituzionali». E ci sono ricascati: sono tutti indagati per l’uso dei fondi nel 2013. Che cosa dirà Mimmo Talarico (Idv), che aveva minacciato querele a questo giornale «per non far trascinare nel fango il mio nome e la mia storia-politica?» ora che la Corte di conti regionale gli ha contestato un rimborso per le spese della segreteria a Rende, 200 km da Reggio, dove ha sede il Consiglio regionale»?
Ci sono poi quelli come Pietro Crinò, subentrato a marzo 2013 al collega Aiello volato in Senato, immacolati da quando siedono in Consiglio, ma prima, Crinò era incappato in un arresto nel novembre 2011 da sindaco di Casignana (Locri) per una discarica abusiva su terreno di sua proprietà, da cui tonnellate di percolato erano finite direttamente nel lindo mare Jonio.
Per chiudere, una menzione di onore per i sette (7 solo) eroi sfuggiti alle disavventure giudiziarie. La prima è Tilde Minasi della lista Scopelliti (ma assessore Politiche sociali nel comune di Reggio sciolto per mafia) subentrata a marzo 2013. Come pure Gabriella Albano di Forza Italia o Damiano Guagliardi ex Rifondazione, ora Sel (10 anni fa fu protagonista dello scandalo del «Concorsone» indetto in Consiglio per parenti, amanti ed accoliti poi fu assolto da ogni addebito) o anche Aurelio Chizzoniti gran fustigatore dalla Commissione Vigilanza.
E poi Pietro Giamborino del Pd, il Crinò già menzionato e Gesuele Vilasi, subentrato di Forza Italia. Gli altri 47, inclusi 5 ora senatori e onorevoli, sono inquisiti, o sotto arresto o già condannati. Come il già ricordato governatore Scopelliti e Franco Morelli del Pdl, dimessosi nel 2010 e 2011 perché arrestati per 416 bis; ossia concorso esterno in associazione mafiosa.