Candida Morvillo, Sette 13/6/2014, 13 giugno 2014
IN MOLTI HANNO LASCIATO LE MOGLI PER ME. INVANO
[Intervista a Piera Degli Esposti] –
«Al Teatro Greco di Siracusa, il mese scorso, le ragazzine mi urlavano: “Ti amo, ti voglio a casa mia”. Capisce? Le ragazzine! Sarà perché ho fatto l’anziana Clelia nella fiction Tutti pazzi per amore, o perché lì ero Atena e ognuna di noi vuole essere una dea immortale. Io, i giorni in cui sono contenta, mi sento immortale».
Piera Degli Esposti s’interrompe. «Mi promette che scrive l’età solo alla fine?». Tanto, per dare una misura della sua lunga e densa vita, basta dire che, su di lei, Dacia Maraini ha scritto due romanzi, Marco Ferreri ha girato un film (Storie di Piera, con Marcello Mastroianni e Isabelle Huppert) e, ora, il regista sardo Peter Marcias un film-documentario, Tutte le storie di Piera, in uscita nelle sale il 26 giugno e, da luglio, in tour in teatri e piazze. Prima tappa, il 9 luglio a Bologna, dove Piera è cresciuta. Già un film-celebrazione in vita è raro, in questo, poi, spendono le loro testimonianze nomi come Paolo Sorrentino, Giuseppe Tornatore, Marco Bellocchio, i fratelli Taviani, Nanni Moretti, Lina Wertmüller e Dacia Maraini. Si cavalca attraverso il teatro di avanguardia, il femminismo, molti amori, troppi lutti, il male ai polmoni che ha sempre minato il respiro di Piera e richiesto nove operazioni, ma che non le ha impedito monologhi leggendari come la Molly dell’Ulisse; poi i film che le hanno meritato tanti premi, tra cui i David per L’Ora di Religione e Il Divo.
Piera, come si spiega tanto affetto?
«Forse, mi amano perché io per prima sono molto innamorata di me. Mi amo, perché per dieci anni non mi hanno presa ai provini né nelle accademie e ho dovuto amarmi lo stesso, avendo per pubblico solo la mia famiglia».
Famiglia anticonvenzionale, la sua.
«Papà era sindacalista col Pci, mamma era meravigliosa, ma maniaco-compulsiva, più volte sottoposta a elettroshock. D’estate, usciva in bici di notte e raggiungeva i suoi amanti, mentre io la rincorrevo a piedi. D’inverno, cadeva in letargo. Papà fu mandato dal partito in Veneto, per limitare lo scandalo».
Lei ne soffriva?
«Il partito avrebbe potuto considerare che – trasferendo papà – lasciava sola non una moglie, ma anche due bambini: io e mio fratello Franco, mentre mia sorella Carla studiava a Mosca, nella scuola del Pci. Però, il contatto coi filarini della mamma era anche lusingante. Ho avuto un’infanzia liquorosa. Credevo ai contadini che, per consolarmi, sospiravano: “Tua madre non fa niente di male, dà via del suo”».
La passione per la recitazione, in tutto questo?
«Da bambina parlavo da sola. Inventavo personaggi: il donnone con mille figli, la signora cornificata… Qualcuno temeva che ereditassi la malattia materna, ma io sapevo che il teatro mi avrebbe salvata».
Andò a Roma, ma la scartavano...
«Passavo le giornate nella “stanza delle donne” alle Botteghe Oscure. Ci lavorava mia sorella, con Nilde Iotti, Ada Amendola, Maria Michetti, Luciana Castellina».
Com’era la Iotti?
«Mi faceva sentire protetta. Io le dicevo di mettersi più scollata. E lei: no, no, vado in Senato».
Il movimento femminista nacque anche in quella stanza.
«Da lì ci spostavamo alla Casa delle Donne. Si discuteva di aborto, di divorzio, dell’io sono mia. Il femminismo nasce urlato in strada, poi entra nelle case e, prima ancora, nei teatri, dove la mia faccia guerresca è stata più facile da accettare, dopo. Fui presa al Teatro dei Centouno da Antonio Calenda».
Nel ’69, lavorò in Medea, con Pasolini.
«Ero solo un’ancella, non avevo battute e perciò lo sentivo nemico».
Maria Callas, Medea, invece, ne era innamorata.
«Era ricambiata. Ricordo la dolcezza con cui lui esclamava: “Sei splendida, Maria”. Li ho sorpresi a baciarsi nella sala costumi. La madre di Pasolini, Susanna, voleva che si fidanzassero. Quando s’incendiò un capanno, c’eravamo tutti, ma lui corse urlando solo “Maria”».
Tornatore racconta che ne La Sconosciuta le fece credere che doveva cadere dalle scale senza controfigura.
«Si è divertito tanto. Diceva: facciamo silenzio, aiutiamo Piera a trovare la concentrazione».
Sorrentino?
«Lavora anche sulle dita degli attori. Nessuno è “pignolesco” come lui».
Marco Bellocchio?
«È più austero, non è facile chiedergli l’affetto sul set, mentre Riccardo Milani, con l’affetto, è riuscito a farmi imitare Beyoncé, vincendo tre miei demoni: il fiato, l’età e l’inglese».
Hanno scritto di una sua “sorellanza” con Carmelo Bene.
«Artistica e basta. Era crudele. Un giorno, in Pavia, manda uno a dirmi di tornarmene a Roma perché lo spettacolo era stato interrotto. Invece, lui stava in teatro. Era un continuo di dispetti. Quando si lamentò del mio respiro, Massimo, il mio compagno, voleva sferrargli un pugno».
Massimo aveva 18 anni meno di lei.
«E Alberto 29 in meno. Siamo stati insieme 14 anni, poi è morto. La cosa strana è che erano loro a essere gelosi di me. Soprattutto dei miei tanti ex, avendo io iniziato a 14 anni. Ho sempre voluto essere una conquistatrice. Molti hanno lasciato le mogli per me, ma invano: io ho bisogno di abitare sempre dentro nuove fantasie amorose».
Ora ha una fantasia?
«Certo. Lui ha 32 anni. Non ci sono più i vecchi come Robert Mitchum e Ferreri».
Mitchum la baciò.
«Lo incontrai da Dacia, mi sedetti sulle sue ginocchia, ma non andai in hotel con lui per evitare delusioni».
E Ferreri?
«È stato il mio momento più felice, abbiamo scritto due sceneggiature, io, lui e Dacia. Arrivava ed era festa. Diceva: “Sto a lavora’ con le sorelle Bandiera”».
Nel film di Ferreri, Mastroianni faceva suo padre.
«Era così umile che, una sera, sul set, si dimenticarono di lui e se ne stette buono in roulotte, finché non lo liberarono».
Cos’è per lei la Maraini?
«La mia spingitrice. In montagna, in salita, mi spinge da dietro per aiutare il mio respiro. Ed è come se mi spingesse anche in città».
Alberto Moravia, che ne è stato il compagno?
«Mi ha insegnato la fiducia nell’impossibile. Una volta, riuscì a trovare una giacca da sera in un paesino sperso sui colli toscani. La sera, annoiato dai discorsi vari a un convegno, mi sussurrava: la cosa più bella della serata è la giacca. Era spiritoso come Lucio Dalla».
Lei e Dalla siete cresciuti insieme.
«Da ragazzo, mi portava in Lambretta in collina per farmi respirare. Da adulto, faceva le mie imitazioni o diceva: “Oggi sono più bello di Brad Pitt”».
Lei ha detto che, con la maturità artistica, è passata dal prediligere il tragico al comico. E nella vita, ora che ha 76 anni?
«Lo stesso. Voglio andare a letto ridendo. Perciò, la notte leggo le storie del maggiordomo Jeeves di P. G. Wodehouse. E tutte le mattine mi alzo cantando».