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 2014  giugno 13 Venerdì calendario

PURE IN GERMANIA FANNO CASINI


da Berlino

È l’unico porto dal grande pescaggio, ed è l’unico porto senza navi. Un’opera grandiosa e inutile costata un miliardo di euro. Sono queste le notizie dalla Germania che fanno piacere all’estero, per quella che i tedeschi chiamano Schadenfreude, provare gusto quando agli altri va male.
Qualcuno sostiene, a torto, che è una specialità teutonica perché l’espressione esiste solo nella lingua di Goethe. Ma non è colpa loro se hanno un vocabolario ampio e preciso. Questa gioia un po’ malvagia la provano tutti gli esseri umani, soprattutto quando va male ai primi della classe.
Gli esempi non mancano, dal nuovo aeroporto di Berlino, la cui inaugurazione viene rinviata di anno in anno, mentre i costi raddoppiano. Non siamo solo noi italiani a non riuscire (o a non volere) completare l’autostrada fino a Reggio Calabria. Ad Amburgo l’Elbephilarmonie, la grandiosa filarmonica sull’Elba a forma di nave, non riesce a essere completata, e il conto finale sarà mostruoso.
A Wilhelmshaven, in Bassa Sassonia, hanno creato l’unico porto nell’intera Europa settentrionale capace di accogliere le più grandi navi container, vasto 160 ettari. È profondo 18 metri e può accogliere navi con un pescaggio fino 16,5 metri. Ma da oltre due anni si scorge desolato e abbandonato oltre una cortina di filo spinato. Un calcolo sbagliato e costoso: vent’anni fa i soliti esperti prevedevano che sempre più navi container avrebbero solcato gli oceani, e sempre più grandi. Costruire un porto che avesse potuto accogliere questi giganti del mare avrebbe fatto concorrenza a tutti gli altri porti europei, sollevato l’economia della regione, creato un indotto di decine di migliaia di posti di lavoro. Si è iniziato a scavare il fondo e a costruire dieci anni fa.
Fu battezzato provincialmente all’inglese, «Pacific One», ma ora lo chiamano ironicamente «The Walking Dead», il morto che cammina, un porto zombie, non vivo e neppure defunto, sempre in attesa che spunti una nave all’orizzonte. Da quando è stato inaugurato nel 2010, erano attesi almeno 2 milioni e 700 mila container all’anno. Nel 2013, sono stati appena 76.265. E il giorno in cui contemporaneamente due navi container erano attraccate al molo lungo un chilometro e 7, è venuto il ministro all’economia Olaf Lies per farsi fotografare e celebrare l’evento. Il porto ad acque profonde è diventato uno sfondo amato dai registi di gialli televisivi, ma da un anno i portuali sono a orario ridotto. In media arrivano due navi alla settimana, niente affatto gigantesche. La crisi mondiale ha ridotto gli scambi, ma si è invertita anche la tendenza di varare navi sempre più grandi. I colossi da 400 metri di lunghezza e 40 metri di larghezza, previsti dai tecnici, sono andati fuori moda.
All’italiana, i lavori sono stati ritardati da vertenze giudiziarie, e i costi sono di conseguenza saliti. I Länder della Bassa Sassonia e di Brema hanno investito 650 milioni, i privati hanno sottoscritto gli altri 350. Sono intervenuti anche gli ecologisti a complicare il progetto. Si è scoperto che accanto al cantiere nidificava una coppia di Rohrdommel. Confesso di non aver mai sentito il nome. Sarebbero dei tarabusi, anche questi a me ignoti, una sorta di pivieri. Il frastuono delle scavatrici avrebbe impedito la cova, ed è stato eretto una barriera antirumore in acciaio e in cemento. Il costo è ignoto, ma da quando l’hanno costruita nessuno ha più visto i tarabusi. Di gigantesco a Wilhelmshaven c’è solo la Schadenfreude di noi stranieri.

Roberto Giardina, ItaliaOggi 13/6/2014