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 2014  giugno 12 Giovedì calendario

IL CONDONO FISCALE DEL PD PRONTA LA SANATORIA PER CHI HA SOLDI IN NERO


Edilizi o fiscali, l’Italia è il Paese dei condoni. Roba da centrodestra, si dice. Per la verità, quasi tutti i governi (e di qualsiasi colore) un colpo di spugna sulle tasse o sugli abusi immobiliari lo hanno sempre servito in tavola ai contribuenti. Dal 1973 se ne contano una decina: gli archivi rivelano che, nell’arco di 40 anni, ben 28 anni sono stati «coperti» da scappatoie per sanare irregolarità con i tributi o col mattone. Per le casse dello Stato le sanatorie sono state spesso una boccata d’ossigeno: complessivamente, il gettito incassato dall’erario è pari a 65,3 miliardi di euro che, attualizzati ai giorni nostri, vuol dire la bellezza di circa 123 miliardi. Ecco perché pure il governo di Matteo Renzi espressione di quel Partito democratico che ha sempre criminalizzato le «regolarizzazioni» fiscali, puntando il dito contro Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi adesso cede alla tentazione. Camuffato e tenuto sotto silenzio, sta dunque prendendo forma il condono targato Pd: paghi grosso modo il 30% e chi s’è visto, s’è visto; e occhi chiusi anche per gli aspetti penali. Certo, molto di più del 5% previsto dallo scudo fiscale di Tremonti, ma assai meno di quanto raschiato di norma dal fisco, almeno il 50% (stima prudente) dei redditi, nel caso di un’impresa, tra Ires, Irap e balzelli vari.
In ogni caso, un affare per i contribuenti e pure per lo Stato, sempre a caccia di nuove risorse. Vale anche per Renzi. Vuoi per assicurare copertura alle misure promesse nei primi mesi al governo, vuoi per tenere a bada i conti, col debito pubblico che zavorra la ripresa economica, l’ex sindaco di Firenze ha bisogno di soldi. Di qui il condono mascherato da rimpatrio dei fondi: una serie di sconti e benefici fiscali sulle somme tenute nascoste al fisco in Italia è stata inserita, infatti, nel disegno di legge all’esame della Camera sul rientro dei capitali dall’estero. Con la scusa del rimpatrio di quattrini illegalmente detenuti Oltreconfine o esportati violando le norme tributarie e antiriciclaggio, l’esecutivo punta a fare cassa con chi i soldi li ha nascosti in tasca, sotto il materasso o in una cassetta di sicurezza in banca. E in Italia, mica in Svizzera o alle isole Cayman. L’accordo segreto è stato siglato pochi giorni fa in Parlamento: gli esponenti di palazzo Chigi e i membri della commissione Finanze di Montecitorio hanno deciso di estendere alle evasioni di imposta «senza costituzione di provviste all’estero» le agevolazioni della cosiddetta voluntary disclosure, vale a dire la «collaborazione volontaria» dei furbetti delle tasse. Si pagherà un’aliquota pari al 27% della somma da regolarizzare più un ottavo delle sanzioni: alla fine della giostra il prelievo non dovrebbe andare oltre il 30%. Ma non è tutto: lo sconto fiscale è accompagnato dal dimezzamento delle sanzioni penali in caso di frode. Una sorta di pacca sulla spalla degli evasori «professionisti».
Attenzione: la parola condono non compare mai nei documenti ufficiali del governo che, c’è da scommetterlo, si difenderà brandendo le raccomandazioni dell’Ocse, secondo cui le regolarizzazioni di capitali non devono contenere «discriminazioni territoriali». Per mischiare ulteriormente le carte, la procedura verrà battezzata con la dicitura «emersione domestica» nell’ambito del «ravvedimento speciale per l’integrazione degli imponibili»: il linguaggio degli addetti ai lavori, burocratese stretto.
Fatto sta che non sarà un colpo di spugna per tutti: le nuove norme, che riguardano i periodi d’imposta fino al 31 dicembre 2012, prevedono restrizioni. Non potrà fare pace col fisco chi ha ricevuto contestazioni dell’agenzia delle Entrate né chi ha già procedimenti penali. E la misura è «una tantum»: il contribuente deve dichiarare tutto in un colpo solo ed entro settembre 2015. Paletti o no, ecco il condono democrat.