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 2014  giugno 12 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - 14 SENATORI DEL PD SI AUTOSOSPENDONO


REPUBBLICA.IT
ROMA - E’ bufera nei democratici a Palazzo Madama. Quattordici senatori Pd si autosospendono dal gruppo dem dopo la sostituzione dei colleghi Vannino Chiti e Corradino Mineo in commissione Affari costituzionali, dove l’iter delle riforme ha preso il via nelle scorse settimane ma non senza problemi. Ad annunciare la mossa collettiva (prima 12, poi 13 e poi 14 parlamentari) è il senatore Pd, Paolo Corsini. In aula, infatti, Corsini ha letto un documento in cui è scritto: "La rimozione dei senatori Chiti e Mineo, decisa ieri dalla presidenza del gruppo, rappresenta un’epurazione delle idee considerate non ortodosse". Più avanti, Chiti rincarerà la dose nel parlare di "rischio di un partito plebiscitario e autoritario. Se vogliono mi cacciano". Ma il fronte renziano non molla la linea dura.
La replica di maggior peso arriva da Matteo Renzi che, rientrando in Italia dalla missione in Asia, si prepara a dare battaglia all’assemblea del Pd che avrà come scenografia un enorme 40,8 a fare da sfondo: il Pd è davanti a un bivio - dice - e "non ho preso il 41% per lasciare il futuro del Paese a Mineo". Un partito - è il ragionamento del premier - non è un taxi che uno prende per farsi eleggere. Ancora da Pechino, il capo del governo aveva detto: "Non molliamo di un centimetro. Non lasciamo a nessuno il diritto di veto. Conta molto di più il voto degli italiani che il veto di qualche politico che vuole bloccare le riforme. E siccome conta di più il voto degli italiani, vi garantisco che andremo avanti a testa alta".
I senatori autosospesi sono Casson, Chiti, Corsini, D’Adda, Dirindin, Gatti, Giacobbe, Lo Giudice, Micheloni, Mineo, Mucchetti, Ricchiuti, Tocci, Turano.
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Risponde pure il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, finita nel mirino degli ’esautorati’: "Nessuno ha chiesto loro di autosospendersi. Dovranno essere loro a decidere se far parte del processo di riforme o fare una scelta diversa" (video). Le fa eco il sottosegretario Luca Lotti: "Credo che 13 senatori non possono permettersi di mettere in discussione il volere di 12 milioni di elettori e non possono bloccare le riforme che hanno chiesto gli italiani. Ci aspettavamo 20 persone, sono solo 13. Mineo ha tradito l’accordo con il gruppo. Siamo un Partito democratico, non un movimento anarchico".
Tuttavia, i ’dissidenti’ non mollano: "E’ una palese violazione dell’articolo 67 della Costituzione - prosegue il documento letto da Corsini -. Chiediamo alla presidenza del gruppo parlamentare il necessario chiarimento prima dell’assemblea del 17 giugno. Nel frattempo i senatori si autospendono dal gruppo Pd. Questo non potrà non avere conseguenze sui lavori parlamentari".
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Per Felice Casson, le replice di Boschi e Lotti sono "una forma di ottusità". E l’esclusione di Mineo resta "un atto grave al quale va posto rimedio. Abbiamo chiesto un incontro attendiamo proposte".
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Sulla querelle interviene Debora Serracchiani, vicesegretario nazionale del Pd: "Milioni di italiani ci hanno dato fiducia e noi non possiamo gettarla alle ortiche". La questione diventa rovente, tanto che il caso Mineo scala la classifica dei temi ’caldi’ su Twitter. Il suo nome risulta al secondo posto nei trending topics, superando perfino nel social l’avvio dei Mondiali di calcio.
Mineo e Chiti sono contrari all’idea di una riforma del Senato che lo renda composto di membri non eletti, espressione delle realtà politico-amministrative territoriali attraverso la nomina da parte dei Consigli regionali, che è il cuore del progetto renziano - il testo Boschi - sposato dalla maggioranza del Pd. Chiti è il primo firmatario di una proposta alternativa, il ddl Chiti appunto, che mantiene tra le sue colonne portanti esattamente l’eleggibilità dei senatori.
La dialettica tra le due posizioni, quella della maggioranza Pd e quella guidata dai ’dissidenti’ Mineo e Chiti, è andata avanti per mesi. Poi, ieri, la decisione di rimuovere Mineo e Chiti dalla commissione. Con il primo sostituito dal capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, mentre Luigi Migliavacca veniva confermato come effettivo al posto di Chiti, eletto all’Europarlamento.
A intervenire nel dibattito, però, è anche Beppe Grillo. Nel giorno in cui i militanti M5S sono chiamati a esprimersi sull’alleanza in Europa con un referendum sulla Rete, il leader e fondatore del movimento attacca Renzi dal proprio blog e dice: "L’unico nel Pd a essere stato preso a calci nel sedere è stato Corradino Mineo condannato dal Pd per il reato d’opinione contro la riforma della Costituzione che Renzie ha concordato con Berlusconi e non con gli elettori Pd e cacciato dalla commissione Affari Costituzionali".
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Intanto, la polemica interna al partito e al centrosinistra non si arresta: dure le reazioni all’interno del Pd. Su Radio Popolare Mineo si sfoga e insiste: "Apprezzo il Renzi politico e penso sia una risorsa, ma il renzismo-stalinismo è grave. Non era mai successo che si violasse così l’articolo 67 della Costituzione. Da parte mia nessun veto, la mia colpa è quella di aver detto che i colonnelli di Renzi, Boschi, Zanda e Finocchiaro hanno gravemente danneggiato il progetto di riforma del Senato voluto dallo stesso governo". Poi, a RaiNews24, la testata che dirigeva prima di diventare parlamentare, Mineo avverte: "Il partito è Renzi". E mette in guardia da un possibile "indebolimento" del Pd in seguito all’autosospensione dei senatori democratici. In un passaggio successivo, ai microfoni di Radio Radicale, il senatore rincara la dose contro il ministro Boschi: è lei - dice - "che blocca le riforme e privilegia la sua vanità".
Pippo Civati, a sua volta, riprende le parole del premier e controbatte sul suo blog. "Il premier dalla Cina, rinverdendo la tradizione bulgara (...) dice che non accetta veti: benissimo. Il problema è distinguere i veti (che si confondono, come in questo caso, con i propri ricatti: o così o niente) dalla libera espressione di un’opinione in campo costituzionale. Dove tutti i parlamentari sono sovrani, di più: sovranissimi. Il premier non è stato eletto in Parlamento, ma dovrebbe ricordare che la Costituzione è cosa più importante. Anche di quello che legittimamente pensa lui. Con tutto il dovuto rispetto".
E in un successivo post: "Se Renzi pensa di portare a Berlusconi lo scalpo di Mineo e di Chiti, fa un errore di valutazione: il testo Boschi passerebbe in commissione, ma non in aula, dove le perplessità riemergerebbero, a maggior ragione dopo l’umiliazione costituzionale di ieri".
Passano le ore, e sotto sera i vertici del gruppo Pd al Senato confermano che sulle sostituzioni non si torna indietro. Nel pomeriggio, Zanda ha chiamato al telefono Chiti, considerato il punto di riferimento dei ’ribelli’, per concordare un incontro di chiarimento con gli ’autosospesi’ che potrebbe svolgersi nella giornata di lunedì, prima dell’assemblea del gruppo Pd convocata per martedì mattina.
Una riunione nella quale verrà affrontato il nodo riforme e ’dissidenti’. Ma una presa di posizione sulla questione potrebbe anche arrivare prima e non riguarderebbe solo i parlamentari. Il caso, infatti, potrebbe entrare nei lavori dell’assemblea nazionale di sabato all’Ergife a Roma. "Potrebbe esserci la richiesta all’assemblea di esprimersi su un ordine del giorno incentrato su quale posizione debba assumere il Pd rispetto alle riforme", si spiega. Il primo ad avanzare una proposta in questo senso è stato Andrea Marcucci. Stasera, intanto, ci sarà anche una direzione del Pd convocata per l’approvazione del bilancio. La questione riforme non dovrebbe entrare nella discussione.

l deputato ed ex segretario Pd commenta la decisione dei vertici del partito di sostituire in commissione Affari Costituzionali i senatori Mineo e Chiti, dissidenti verso il progetto di riforma di palazzo Madama proposto dal governo
(di Marco Billeci)
DECIDONO I GRUPPI NON C’È DIRITTO DI BLOCCARE IL PROCESSO. NON C’È ANCORA IL TESTO. LEALTA DA PARTE DI TUTTI.

SE LA PRIMA FA QUALCHE STUPIDAGGINE MENO MALE CHE C’È LA SECONDA.

L’ex magistrato e senatore democratico si è sospeso dal gruppo insieme ad altri 12 colleghi dem di Palazzo Madama - con il passare delle ore diventeranno in tutto 14 - per protestare contro la sostituzione dei "dissenzienti" Pd Mineo e Chiti dalla Commissione Affari Costituzionali, dove si sta lavorando alle riforma del Senato proposta dal governo. "Metodi militari"

VALUTAZIONI DIVERSE RISPETTO AL GRUPPO. VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 67.

CASSON NON C’È UNA LINEA DI PARTITO BEN PRECISA
IL DISSENSO NON VIENE CONSENTITO E QUESTO MILITARIZZA IL GRUPPO