Caterina Pasolini, la Repubblica 12/6/2014, 12 giugno 2014
“MATRIMONIO VALIDO SE LUI CAMBIA SESSO” ALESSANDRA VINCE DAVANTI ALLA CONSULTA
ROMA.
«Ha vinto il nostro amore e la nostra testardaggine. Questa sentenza è un segno di civiltà». Alessandra Bernaroli con la moglie Alessandra non riescono a trattenere l’entusiasmo, non riescono quasi a crederci che dopo cinque anni passati nelle aule giudiziarie a difendere il loro matrimonio che qualcuno abbia dato loro finalmente e per sempre ragione. E deciso che la legge che le voleva divise per forza, perché lui era diventato una lei nel corso degli anni, è incostituzionale.
La Consulta ha accolto infatti il loro ricorso e dichiarato illegittima la norma che annulla le nozze se uno dei due coniugi cambia sesso. Anche in questo caso, «ove entrambi lo richiedano, devono poter mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore».
«E noi questo abbiamo sempre voluto: restare insieme, al di là di tutto. Ci siamo sposati che io ero un uomo, ora è cambiato il mio corpo non il nostro amore, il nostro rapporto. Era assurdo volerci dividere, separare per forza, non riconoscere la sostanza dei vent’anni passati assieme e volerli cancellare con un colpo di spugna», dice Alessandra.
Ma l’importanza della sentenza della Consulta va al di là della storia di Alessandro, bancario quarantenne che vive a Bologna, diventato Alessandra dopo un lungo travaglio psicologico e tante dolorose operazioni. Nelle parole degli ermellini sembra infatti leggersi un invito al legislatore a provvedere nella direzione delle unioni civili o dei pacs per regolare forme di convivenza al di fuori del matrimonio.
La sentenza dice infatti che il legislatore deve introdurre «con la massima sollecitudine», «una forma alternativa (e diversa dal matrimonio) che consenta ai due coniugi di evitare il passaggio da uno stato di massima protezione giuridica ad una condizione di assoluta indeterminatezza». La legge n. 164 nel 1982, è stata infatti dichiarata incostituzionale perché, sciolto il matrimonio in conseguenza del cambiamento di sesso, non prevede la possibilità che intervenga un’altra forma di convivenza giuridicamente riconosciuta «che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia».
La questione sollevata dalla Cassazione coinvolge — si legge nella sentenza — da un lato l’interesse dello Stato a non modificare il modello eterosessuale del matrimonio e, dall’altro lato, l’interesse della coppia» affinché «l’esercizio della libertà di scelta compiuta da un coniuge con il consenso dell’altro relativamente ad un tal significativo aspetto dell’identità personale, non sia eccessivamente penalizzato con il sacrificio integrale della dimensione giuridica del preesistente rapporto».
Caterina Pasolini, la Repubblica 12/6/2014