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 2014  giugno 12 Giovedì calendario

MR NESSUNO CONQUISTA LA DESTRA USA


NEW YORK.
Il suo biglietto da visita? Un saggio intitolato «Il Dio di Adam Smith», inno al libero mercato. La fusione tra le due vocazioni della sua vita, dopo un dottorato in economia e un master in teologia. Questo è David Brat, l’illustre sconosciuto (fino a ieri) che fa tremare i vertici del partito repubblicano. 49 anni, professore di economia e di etica al Randolph-Macon College, Brat è il simbolo della riscossa del Tea Party, il movimento di destra anti-Stato e xenofobo che dal 2010 condiziona il partito repubblicano. È la nuova star di una destra sempre più radicalizzata, che tra le sue ideologie ne riscopre una molto antica: l’antisemitismo. Brat ha sconfitto in una primaria della Virginia — convocata per designare il candidato parlamentare alle elezioni legislative di novembre — il capogruppo repubblicano alla Camera Eric Cantor. Fino a questa clamorosa esclusione, Cantor era il candidato dell’establishment alla successione di John Boehner, Speaker of the House, cioè presidente della Camera. Quindi la figura più importante del partito, in attesa della nomination di un candidato presidenziale per il 2016. «Cantor ambiva a diventare il primo ebreo presidente della Camera — sostiene lo studioso David Wasserman del Cook Political Report — e una parte della sua sconfitta si spiega con la religione. È impossibile far finta di non vedere l’elefante nella stanza». L’elefante, che è anche il simbolo del partito repubblicano, è un elettorato bianco, maschio, anziano, in preda ad una deriva razzista contro la nuova America laica e multietnica.
La disfatta di Cantor ha dell’inverosimile. Anzitutto per la sproporzione nei mezzi: 6 milioni di spese elettorali il capogruppo della Camera, contro i 200mila dollari dello sconosciuto sfidante. E poi Cantor tra i repubblicani era considerato un falco. Boicottò l’accordo con Barack Obama che l’anno scorso ha sbloccato il finanziamento del bilancio pubblico: Cantor avrebbe preferito la chiusura a tempo indeterminato degli uffici federali. Ma è bastato che Cantor accennasse ad una cauta apertura su un altro tema tabù: la riforma dell’immigrazione, voluta dalla Casa Bianca per regolarizzare i troppi clandestini e creare nuove corsie di accesso alla cittadinanza. Un peccato mortale: è sull’immigrazione che Brat ha basato tutta la sua campagna. A favore dell’outsider si è battuta una potente anchorwoman di trasmissioni radiofoniche di estrema destra, Laura Ingraham. Ora la conduttrice gongola: «Questo voto è la sconfessione dell’establishment repubblicano». L’exploit della Ingraham rievoca una tradizione nella destra. I network delle “radio di Dio”, la maggioranza evangelica rurale, ebbero un ruolo cruciale nelle vittorie di Ronald Reagan e di George W. Bush. Un altro anchorman, Glenn Beck di Fox News, fu l’agitatore di piazza preferito nelle manifestazioni anti-Obama che segnarono l’ascesa del Tea Party nel 2010. Chi credeva che l’onda lunga della destra reazionaria fosse in riflusso, ora ha un risveglio brutale.
I più preoccupati sono i conservatori moderati. Peter King, deputato repubblicano di New York, è angosciato: «Il partito si sposterà ancora più a destra, e diventerà sempre più marginale a livello nazionale». La caduta di Cantor sorpassato da uno sfidante ancora più oltranzista, fa tremare Jeb Bush e Marco Rubio: quelli che puntano a ricucire i rapporti con l’America multietnica, a riconquistare consensi tra gli immigrati ispanici in vista dell’elezione presidenziale del 2016. Ma rende tutta in salita anche la seconda metà del mandato presidenziale di Obama: i repubblicani moderati saranno terrorizzati all’idea di fare accordi con lui, e poiché hanno la Camera in mano, l’agenda legislativa rischia la paralisi completa.

Federico Rampini, la Repubblica 12/6/2014