Liana Milella, la Repubblica 12/6/2014, 12 giugno 2014
E TRA I MAGISTRATI SCATTA L’ALLARME “VOGLIONO VENDICARSI COME LA P2”
Grandissima preoccupazione e fortissimo sconcerto. Nelle mailing list. E direttamente al telefono. Un allarme che monta per tutta la giornata. Le toghe reagiscono molto male al voto di Montecitorio sull’emendamento Pini. Di primo acchito paiono non crederci. Poi legano questo voto ad altri fatti «negativi» che li stanno riguardando, l’insistenza su una nuova giustizia disciplinare, l’ipotesi di abbassare da un giorno all’altro l’età pensionabile, il paventato taglio degli stipendi, la stretta sulla custodia cautelare, e anche il caso Milano che mette in cattiva luce la procura più esposta d’Italia. Come dice un pm in un messaggio via mail «ma che bisogno c’è di riformare la giustizia proprio mentre i magistrati arrestano politici, imprenditori, finanzieri, ma anche colleghi?». Inevitabilmente, le critiche e gli interrogativi piovono sul Pd di Renzi. C’è chi ricorda il recente voto sull’arresto del deputato messinese Francantonio Genovese che, alla vigilia del voto europeo, fu a scrutinio palese per il timore che, se fosse stato segreto, sarebbe stato respinto.
Tale è la forza della delusione e della protesta che le differenze di orientamento ideologico tra un magistrato e l’altro si annullano. Ecco Rodolfo Maria Sabelli, il presidente dell’Anm, moderato di Unicost, infuriarsi proprio come Anna Canepa, segretaria di Magistratura democratica. Il primo: «È un segnale pessimo, soprattutto perché s’inserisce in un momento di indagini importanti sulla corruzione». La seconda: «Mentre il Paese è affogato nel malaffare, il problema sono i magistrati». Sabelli ironizza: «O sono profetico o porto sfiga, ma giusto sabato scorso, nella riunione dell’Anm, parlavo di un’idea bizzarra che si sta affacciando, cade il tabù sulle riforme durato un ventennio ed ecco palesarsi proprio la riforma disciplinare e quella della responsabilità civile... ed eccola qua, la seconda è arrivata». È nettamente contrario pure Cosimo Maria Ferri, la toga di Magistratura indipendente divenuta sottosegretario alla Giustizia: «È un passo indietro. Sono contrarissimo. Indebolisce i giudici».
Twitter, Facebook, le liste delle singole correnti, zeppe dei messaggi in vista del voto per il Csm. Ogni via è buona per contestare non solo l’emendamento Pini in sé («incostituzionale »), ma i 187 voti a favore, soprattutto quelli del Pd. Si può strappare solo una battuta (non autorizzata) ad Armando Spataro, neo procuratore di Torino: «Da non crederci ». Su Fb si sfoga Ezia Maccora, giudice a Bergamo, ex Csm, oggi Anm, nota toga di Md: «È terribile. Com’è possibile che il Parlamento torni indietro di due anni, voti ancora questo emendamento, dopo decine di audizioni di giuristi importanti? Com’è possibile che lo faccia proprio in questo momento, mentre i miei colleghi garantiscono la legalità? Ci si dovrebbe preoccupare di garantire la nostra indipendenza e invece ecco il segnale che le toghe devono pagare in prima persona». Maccora vede un “effetto spada” che pende su tutta la magistratura italiana.
«Chiunque potrà far causa al suo pm e al suo giudice» dice Sabelli. E Giuseppe Maria Berruti, direttore del Massimario della Cassazione, preoccupatissimo, si chiede le ragioni di uno scenario che disegna come catastrofico. Partendo dalla premessa “politica” che «dopo le grandi indagini è sempre scattata una “voglia” di responsabilità civile, come un riflesso condizionato». Poi, esterrefatto: «Solo in Italia si può pensare che il giudice, mentre fa il processo, stia guardando un suo possibile avversario in una causa di risarcimento del danno. Nel civile poi la causa diventa certezza matematica perché chi perde tra i due contendenti la farà».
Il commento: «Un orrore giuridico. Una vicenda pazzesca». Il voto sull’emendamento Pini come spia di una generale insofferenza: «La politica soffre e non vuole su di sé i poteri di controllo ». Per dirla con la deputata di Fi Jole Santelli: «Col voto segreto, qui a Montecitorio, la magistratura perde sempre».
«Una contraddizione latente », come la chiama Luca Palamara, il pm di Roma che per Unicost corre per le elezioni del Csm: «Tutti dicono di voler fare la lotta alla corruzione, ma è solo uno slogan. Quando c’è da votare una norma contro di noi non si perde tempo». Di questo, nell’attuale Csm, chiede conto l’ex pm di Bari Roberto Rossi, toga di Area. Ieri, a pochi minuti dal voto, ha preso la parola in plenum: «Questa norma è incomprensibile e incostituzionale». E poi: «C’è poco da fare, la magistratura continua a non essere molto amata, per usare un eufemismo...». A Messina, il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, che ha firmato per l’arresto di Genovese, toga di Mi, dice quello che tutti hanno detto per l’intera giornata: «È una battuta di arresto. Un momento di grave confusione in un processo di riforma».
Liana Milella, la Repubblica 12/6/2014