Gian Luigi Rondi, Il Tempo 12/6/2014, 12 giugno 2014
PAPA PIO XII PROCLAMA IL DOGMA DELL’ASSUNTA
Un sole di raggiante splendore ha salutato ieri mattina in piazza San Pietro il massimo avvenimento di spirituale del mezzo secolo, la proclamazione di una delle verità più straordinarie della religione Romana, la presenza fisica tra i puri spiriti celesti di una Creatura umana, nata - figlia dell’uomo come noi - sulla nostra stessa terra(...).
COME IN UN AFFRESCO
Mentre il Vessillifero di Santa Romana Chiesa pone alla destra del trono il suo vessillo scarlatto, applausi e grida salutano l’uscita del Pontefice. Sono le 9.12. Lungo il corridoio aperto fra le tumultuose onde della piazza - sembra il varco che permise a Mosè di attraversare il Mar Rosso - Pio XII viene avanti in sedia gestatoria, sotto al baldacchino di seta, scortato dalla Corte pontificia al completo: camerieri segreti, guardie nobili, svizzeri, mazzieri. Al suo arrivo mentre tutti piegano, come di uso, il ginocchio, i cardinali e i vescovi si tolgono umilmente le mitrie e per un attimo il sagrato, in quella luce di caldo sole estivo, fra tutti quegli ori e quei pivali d’argento, si accende dalla distesa purpurea e violacea degli zucchetti prelatizi, fino a quel momento nascosti sotto al candore delle mitrie.
Sono le 9,30 e la cerimonia ha inizio secondo un rituale tramandato nei secoli. Uno ad uno i cardinali vanno fino al trono del Papa per baciargli l’Anello Piscatorio in segno di obbedienza; fra le loro porpore si distacca il nero abito benedettino dell’Arcivescovo milanese, cui Pio XII sorride con cordialissimo affetto. Quindi il Prefetto delle Cerimonie, mentre i cantori, nell’atrio dietro ai cancelli, intonano aliutanti il Regina Coaeli laetare, fa un cenno furtivo agli Eminentissimi perché tornino rapidi ai loro posti. Attendendo il Papa, chinandosi ora a destra ora a sinistra, parla con i cardinali Mercati e Canali che gli stanno ai lati, indicando il loro fulgore splendente, ma inatteso , della giornata di sole (...).
COMPENSO AI DOLORI
Un silenzio da fine del mondo scende di colpo sulla Piazza. Il sole sembra brillare più forte, il cielo all’improvviso pare fatto più azzurro e più profondo. Il Papa siede sul trono, divenuto in quell’attimo la Cattedra di Supremo Vicario di Cristo, dell’Unico Maestro e Dottore della Chiesa Universale. La sua voce - ma è voce d’uomo o è quella, superumana, che di secolo in secolo ci viene ritrasmessa dai bordi del lago Tiberiade, dove Gesù dette a Pietro la Suprema Potestà di parlare in sua vece? - la sua voce sillaba fermo e forte il testop infallibile di cui si arricchisce con una nuova sacra verità, la Chiesa di Roma. Ricorda i tempi tristissimi che hanno fatto corona al pontificato di Pio XII, un pontificato, però, che, quasi a riparazione di tanti dolori, ha avuto la ventura di una così grande rivelazione di fede e alla fine, quasi ritornando l’una dopo l’altra le parole fondamentali della definizione, «dichiara, definisce, conferma dogmaticamente che Maria Vergine corporalmente fu assunta in cielo».
Pio ha parlato per bocca di Pietro, e Pietro per autorità di Cristo. La verità ha tuonato sul mondo; ai cattolici di adorarla con riverente gratitudine. Sono le 9,45 e su tutti i genuflessi corre - lunghissimo - un brivido di sacra commozione. Ognuno dei presenti, anche il più umile, ha la coscienza di aver assistito a un evento del tutto analogo a quelli che, nella Palestina di Gesù, facevan seguito alla predicazione del Maestro, al nascere della Chiesa nel mondo. «È un’ora storica», dice qualcuno alzandosi in piedi. No, l’ora del Dogma supera la Storia, appartiene all’eternità.
Adesso il cardinale Tisserant ritorna al trono e, ringraziato il Papa per la definizione, gli domanda di voler far redigere le Lettere Apostoliche a testimonianza dell’evento. A lui, con voce che questa volta sensibilmente trema, - come se tornasse da un incontro arcano con il di là - Pio XII risponde: Decerimus, e nuovamente in piedi con accento umano rotto da un’umanissima emozione, intona - il Te Deum cui ognuno fa coro. (Durante il canto il Pontefice resta in piedi e l’ampissimo pivale gli si apre intorno fino ai primi gradini del trono; sembra - ieratico e marmoreo - una di quelle statue di cui s’ingemma l’interno di San Pietro; se non fosse il vento ad agitargli lievemente una fibbia di seta bianca attorno al collo del pivale potrebbe dirsi, in quella commossa immobilità il monumento in pietra del Papato).
Terminato l’inno di ringraziamento e letto per la prima volta l’Oremus dell’Assunta, monsignor Dante toglie al Pontefice il manto e Pio XII, vestito solo della falda e del camice, pronuncia in italiano il discorso celebrativo. Non è, però, un discorso ufficiale, è quasi un rito, una preghiera, un officio divino, misterioso e nuovo con il quale il Papa chiama a gran voce Dio sulla piazza e a tutti, come se realmente i suoi occhi la contemplassero, fa ascoltare il suo mistico colloquio con la Vergine Assunta.
Da lungo tempo invocato - egli dice - questo giorno è finalmente nostro; è finalmente vostro. Voce dei secoli, anzi diremmo, voce dell’eternità, è la Nostra che con l’assenza dello Spirito Santo ha solennemente definito l’insigne privilegio della Madre Celeste.
Di nuovo, Mediatore della Divinità, il Papa ne suscita, terribile, la presenza sulla Piazza, in questo venerando luogo - come egli ribadisce ai fedeli - già sacro alle glorie cristiane, approdo spirituale di tutte le genti ed ora fatto altare e tempio per la vostra traboccante pietà, e alla fine, a conclusione del Dialogo fra l’uomo e l’Eterno, eccolo levare in alto nei cieli la sua preghiera alla Vergine pregando forte col popolo, come gli Apostoli nelle assemblee delle prime comunità cristiane, come i suoi lontani predecessori nei Concili da cui nasceva l’attuale, visibile forma della Chiesa Cattolica. Dacchè esiste, Piazza San Pietro non aveva fose mai visto né inteso nulla di simile e forse i secoli e le generazioni passeranno prima ch qualcosa di così alto e misterioso e arcano possa di nuovo ripetersi (...).
Il Pontificato dopo il canto di Nona, si svolge secondo il rito consueto - consuete sono anche le lacrime e l’emozione che lo accompagnano - e alla fine, risalito in sede gestatoria, sull’onda fragorosa e pur dolce degli applausi, il Papa esce dalla Basilica benedicendo a tutti con paterna affezione.
Si affollano per le scalee vaticane i cardinali in porpora, confusi alla folla dei mazzieri, dei sediari, dei camerieri segreti e degli invitati più illustri, quindi alcuni defluiscono sui tetti, e sulle terrazze, mentre, sotto, il popolo grida di nuovo, con tutte le sue voci e le sue lingue, verso la finestra del Papa, fino a che il Padre non si ripresenta di nuovo, questa volta senza più né corona né manto.
Poi l’orologio di San Pietro batte le 13,45. Non è più l’eternità e non è più nemmeno la storia; il tempo è rivendicato di tutti e l’ora è cronaca.
Gian Luigi Rondi