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 2014  giugno 10 Martedì calendario

1. UNIPOL-FONSAI/ TUTTI I RETROSCENA DELLA FUSIONE SU CUI INDAGA LA PROCURA DI MILANO


Francesco Bonazzi per Dagospia



Dopo la “Scomparsa dei fatti”, di travagliesca memoria, ecco la Scomparsa dei numeri nell’inchiesta Unipol-Fonsai. Numeri della fusione e numeri del portafoglio di derivati della compagnia assicurativa la cui nascita è al centro di un’inchiesta milanese della magistratura e di uno scontro intorno alla Consob.



Premio Guido Carli Giuseppe Vegas Premio Guido Carli Giuseppe Vegas

Partiamo dal fondo con una non-notizia che però, di questi tempi, è una notizia. Venerdì scorso, il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, non risultava indagato nell’inchiesta per aggiotaggio sulla fusione tra l’ex compagnia dei Ligrestos e quella di via Stalingrado.

L’inchiesta del pm Luigi Orsi, si dice, punta anche su Mediobanca e sull’organismo di vigilanza, ma per ora il principale indagato è Carlo Cimbri, ad di Unipol-Fonsai.



Alla Consob è stato chiesto di esibire una serie di atti, e ora il pm li sta studiando. E ha ascoltato per mesi anche il dirigente interno Marcello Minenna, grande accusatore della fusione, che sarebbe stato “sgridato” da un superiore, secondo quanto rivela oggi il Corriere della Sera (vedi articolo a seguire).

Premio Guido Carli Giuseppe Vegas con la moglie Premio Guido Carli Giuseppe Vegas con la moglie



Il primo grande interrogativo sulla fusione orchestrata da Nego Nagel e piazzetta Cuccia nel 2012 riguarda il prezzo e i valori dei concambi. Ancora oggi si dice che ci fu un’alternativa a Unipol, ma non è vero. Basta consultare gli archivi della Consob per rendersi conto che la Sator di Matteo Arpe e la Palladio di Roberto Meneguzzo (finito nell’inchiesta sul Mose) non hanno mai presentato neppure l’ombra di un quesito sulla fattibilità dell’operazione senza l’Opa obbligatoria.



E infatti, una vera contro-offerta per quel che restava del disastro dei Ligrestos non fu mai presentata. Se non sui giornali. E l’accusa rivolta all’epoca a Unipol, secondo cui “non aveva i soldi per fare l’operazione”, si è smontata da sé.



CARLO CIMBRI jpeg CARLO CIMBRI jpeg

Il secondo grande interrogativo è se l’operazione su cui oggi tanto ancora si discute sia stata dannosa per i soggetti interessati. Ma a distanza di un paio di anni, nonostante le molte perplessità, tocca ammettere che i 4 titoli coinvolti sono saliti a tre cifre: +190%, ben oltre gli indici generali. E una pioggia di dividendi.



Tanto su ‘’Report’’ della scorsa settimana, quanto su alcuni giornali, si è obiettato ancora che “il prezzo non era giusto”. E qui indaga la magistratura, com’è normale che sia, spulciando le carte che Consob le ha dato, mentre rigira da qualche settimana un cosiddetto “Dossier Plinio” che attribuiva a Unipol un valore assai inferiore a quello poi assegnato dagli organismi di vigilanza.



CARLO CIMBRI CARLO CIMBRI

E’ una perizia ben fatta, ma si sta omettendo di ricordare che è una perizia di parte. Di parte Ligresti, per l’esattezza. Fatta allo scopo di deprimere un po’ il valore di Unipol alla vigilia dei concambi. Va tutto bene, basta solo non spacciarla come acqua purissima sgorgata dall’Accademia dei Lincei. Il dossier Plinio finito su Rai3 e altrove, all’epoca l’ha pagato don Salvatore, per essere brutali.



LUIGI ORSI LUIGI ORSI

Per valutare il giusto valore di Unipol è poi centrale scrutare nel suo portafoglio di titoli strutturati. Quanto valevano nel 2012? Con certezza non lo può affermare nessuno. Unipol ne aveva all’epoca per 7,6 miliardi, e “Plinio” dice che avevano un valore negativo”. Cioè, perdevano a mani basse. Sono ed erano simulazioni legittime, ma ecco un fatto ben fermo: al 31 dicembre 2013, al momento di dismettere alcuni derivati, Unipol mette a bilancio 35 milioni di plusvalenze su 1,3 miliardi di vendite. Il valore non era forse così “negativo”. L’ultimo bilancio lo traccia il Sole 24 Ore ed è aggiornato al 27 maggio scorso: altri guadagni per 82 milioni.



E ora veniamo al cuore “scientifico” delle opacità ravvisate nella fusione. E’ costituito dagli “Scenari probabilistici” che proprio l’ufficio guidato da Minenna ha inventato e a lungo testato con successo. Sono stati applicati in vari casi, e hanno anche funzionato, con i loro prendere determinati titoli di Stato a “benchmark” di solidità di un dato portafoglio strutturato. Ma la crisi dei debiti sovrani li ha fatti vacillare paurosamente e non sono stato certo d’aiuto in casi disastrosi come Pop Milano e altri.

ANTONINO LIGRESTI. ANTONINO LIGRESTI.



La Consob stessa ha fatto una mezza marcia indietro già la scorsa estate, ammettendo che sono uno strumento fondamentalmente ambiguo e instabile. E forse non è un caso se già due anni fa sono stati bocciati dall’Ue con un voto schiacciante: 26 a 1 (l’Italia). Poi, per carità, tutte le storie possono essere riscritte. Ma qualche numero, e i conflitti d’interessi esplicitati, possono aiutare a riscriverle meglio.





2. «IL DIRETTORE CONSOB MI CHIESE: STAI PARLANDO CON IL PM?»

Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”



Una sorta di «controinchiesta» della Consob sul teste principale e sul pm dell’inchiesta milanese sui derivati Unipol e sui concambi della fusione con Fondiaria: ad accreditare questo scenario, addebitandolo al direttore generale Gaetano Caputi, è Marcello Minenna, il funzionario Consob di «Analisi Quantitative» che, in dissenso da un altro ufficio e dall’orientamento del presidente Vegas favorevoli all’operazione, stimava invece 600 milioni di differenza nel valore dei derivati Unipol.

marcello minenna marcello minenna



Il 18 ottobre 2013 il pm Luigi Orsi convoca Minenna perché, attendendo dal 4 luglio 2012 che Consob risponda alla richiesta di informazioni sulla progettata fusione Unipol-gruppo Ligresti, da alcune intercettazioni romane sul porto di Ostia aveva captato «all’interno della Consob un contrasto tra Vegas e Minenna». Il funzionario risponde sulla complicata situazione matematica, nei termini che lo scorso 23 maggio, insieme ad altri elementi e in particolare alle parole dell’ex commissario Consob Michele Pezzinga, hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati (per l’ipotesi di aggiotaggio) del n.1 di Unipol, Carlo Cimbri, e a una richiesta alla Consob di esibire atti.



Roberto Meneguzzo Giorgio Drago Roberto Meneguzzo Giorgio Drago

Ma alla fine Minenna racconta il particolare che, se vero, sarebbe piuttosto antipatico già solo per i rapporti istituzionali tra l’Autorità che vigila sui mercati finanziari e la Procura: il direttore generale Consob «Caputi mi ha chiesto — afferma Minenna al pm Orsi — se io la conoscessi e la frequentassi. In particolare all’inizio mi fu chiesto se io avessi avuto anche informalmente una sua nota a Consob del luglio 2012, e poi se io la conoscessi e la frequentassi. Ho risposto no a queste domande».



ROBERTO MENEGUZZO ROBERTO MENEGUZZO

A detta di Minenna, peraltro, in corrispondenza con le proprie perplessità contabili su Unipol, «è stata creata dal direttore generale» Caputi «una situazione lavorativa non serena attraverso l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti miei e del mio stretto collaboratore Paolo Verzella per docenze e convegni senza le dovute presunte autorizzazioni, nel quale si ipotizza addirittura il mio licenziamento», accusa che per lui è «infondata alla luce della prassi della Consob» e contro la quale dice di aver reagito al Tar.



MICHELE PEZZINGA MICHELE PEZZINGA

Minenna, infine, lamenta di essere stato messo nel mirino dentro Consob dopo l’articolo nel quale l’11 dicembre 2012 i giornalisti Pons e Puledda sostenevano che Consob stava registrando nei derivati Unipol 200-300 milioni di sopravvalutazione. Pochi mesi fa il Corriere ha rilevato come Consob, usando poteri di legge sull’aggiotaggio, in segreto si fosse fatta dare dal pool reati economici guidato in Procura dall’aggiunto Greco (all’insaputa del pm Orsi) i tabulati telefonici dei giornalisti.



Ora Minenna spiega che fu convocato il 4 febbraio e «mi fu chiesto dei miei rapporti con i giornalisti». A salvarlo, una fortuna: non poteva essere lui la fonte «come è riscontrabile dal fatto che all’11 dicembre 2012 non avevo ancora le carte e certo non sapevo che su quei derivati potessero spuntare minusvalenze da 200-300 milioni».

Luigi Ferrarella