Francesco Petretti, Io Donna 7/6/2014, 7 giugno 2014
IL BACIO (INFUOCATO) DELLA MEDUSA
Mi aspetta un compito a dir poco arduo: scrivere bene delle meduse. Non sarà facile. Soprattutto se penso a quella giovane mamma che uscì dal mare con l’impronta violacea di una medusa sulla guancia, che impiegò dieci giorni a scomparire, o al bimbo urlante che sembrava in preda al ballo di san Vito, ma era stato appena sfiorato dai tentacoli della pelagia, elegante, ma pur sempre micidiale. Ecco, sono arrivato al punto: non esiste animale più elegante della medusa.
Di solito la definiamo un ammasso di gelatina, un corpo composto al novanta per cento di acqua, in realtà siamo di fronte all’esaltazione della simmetria e dell’armonia, e anche dell’innovazione. Se dovessimo immaginare un insediamento su Marte o una dimora sul fondo del mare, potremmo prendere spunto dalla forma della rizostoma, con la sua cupola orlata di un merletto viola, o della caravella portoghese, formata da una unità centrale e da tante strutture ad essa collegate in modo ordinato.
Le meduse sono animali futuristi e, per un biologo, sono parenti dei coralli, ma a differenza di questi trascorrono gran parte della loro vita fluttuando nelle vastità dell’oceano, muovendosi con il pulsare ritmico del loro ombrello, lasciandosi cullare e trasportare dalle correnti e dalle onde.
Hanno un corpo centrale e una serie di tentacoli muniti di piccoli uncini urticanti, che servono per uccidere i pesci e gli altri organismi marini di cui si nutrono.
Dorate, purpuree, viola, o semplicemente trasparenti, con delicati disegni a forma di stella o di fiore che si intravedono nel corpo diafano, le meduse e i tanti organismi simili che appartengono allo sterminato raggruppamento dei celenterati sono meravigliose.
Non nuotano, volano a mezz’acqua, al ralenti: qualcuna si avventura in superficie, spiega una vela e si lascia spingere dal vento. Ne esistono migliaia di specie diverse, alcune possono superare i due metri di diametro con il loro ombrello e avere tentacoli lunghi parecchi metri, altre sono minuscole e trasparenti. E non è detto che solo quelle grandi siano fastidiose e pericolose: la piccola pelagia dei nostri mari, pochi centimetri di un delicato corpo trasparente, infligge dolorose “ustioni”.
Che le meduse siano organismi di successo, che hanno vinto le sfide della vita e dell’evoluzione, ce lo dimostra non solo il loro grande numero, ma anche il fatto che sono antichissime.
Hanno 500 milioni di anni e sono quindi molto più antiche dei dinosauri, ma mentre quelli si sono estinti, le meduse continuano a prosperare, anzi negli ultimi anni la loro presenza si è fatta talmente invadente e massiccia da suscitare non pochi disagi e preoccupazioni. Banchi di meduse estesi per decine di chilometri distruggono gli allevamenti di salmone e di tonno, si accumulano nelle reti dei pescatori, sono risucchiate dalle pompe di raffreddamento delle centrali elettriche e nucleari e, dulcis in fundo, rendono impraticabile il mare: le spiagge più chic e quelle più popolari, senza distinzione.
Pare che queste invasioni siano diventate più frequenti negli ultimi anni in relazione all’aumento della temperatura dei mari, ma ne sappiamo ancora troppo poco per trarre conclusioni. Di sicuro sappiamo che oggi hanno vita più facile per la diminuzione del pesce azzurro, soggetto a una pesca ormai insostenibile. Se si riduce il numero dei pesci, le meduse non solo hanno meno predatori, ma hanno anche una maggior quantità di cibo a disposizione.
Quando la medusa sfiora il nostro corpo, dai suoi tentacoli parte un minuscolo arpione che si conficca nella pelle e, al momento dell’impatto, fa esplodere una piccola vescica carica di un liquido altamente tossico che viene così iniettato nella pelle.
Poiché di arpioni ne possono essere sparati contemporaneamente centinaia, anche da una medusa di piccole dimensioni, l’effetto è ben evidente: la pelle si arrossa, si copre di eruzioni, il dolore si fa acuto, si ha la sensazione di essere stati toccati dal fuoco.
Il dolore è talmente forte che rischia di far perdere il controllo del nuoto e di provocare lo svenimento, fatto che può avere conseguenze drammatiche anche a pochi metri dalla riva. Se poi si è ipersensibili alle tossine delle meduse, il nostro organismo reagisce in modo abnorme e scomposto: aumenta il battico cardiaco, si ha una sensazione di nausea, capogiri, difficoltà respiratoria e... si può anche morire. In tutto il mondo muoiono ogni anno decine di persone a causa delle meduse, ma per nostra fortuna dall’altra parte del pianeta.
Cosa ci riserva la stagione estiva, ormai prossima? È molto difficile fare previsioni, proprio per la mancanza di informazioni adeguate. Sono stati avvistati banchi enormi di meduse in tutto il Mediterraneo e sappiamo che si sposteranno secondo il capriccio delle correnti e dei venti. Alcuni sono formati da specie innocue come la velella, altre dalle perfide pelagie.
Compaiono di solito in alto mare, molto lontano dalle coste, quando bruschi cambi di temperatura innescano la gemmazione dei polipi che vivono ancorati al fondale e che cominciano a sparare minuscole meduse verso la superficie a ritmo sempre più elevato.
Oppure dovremo rinunciare a tuffarci in mare per trasferirci in asettiche piscine? Speriamo di no: affrontiamo la nostra estate anche in compagnia delle meduse, perché il mare non è soltanto una vasca colma d’acqua salata, è un ecosistema vivo, pieno di organismi la cui esistenza garantisce anche la nostra sopravvivenza. Di questo equilibrio sono protagoniste anche le meduse e noi, volenti o nolenti, dobbiamo accettarlo.