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 2014  giugno 10 Martedì calendario

MONDIALI, ADDIO GOL FANTASMA DEBUTTA L’ARBITRO TECNOLOGICO


Frank Lampard resterà l’ultimo giocatore della storia che ha segnato una rete fantasma ai Mondiali. La prova del Maracanà non ammette errori e gli uomini della linea del gol si affidano sereni alla perfezione delle telecamere. Una fede assoluta.
Del resto il test lo hanno fatto nello stadio di Rio e qui di fantasmi ce ne sono già abbastanza, la tecnologia arriva a scacciare il demone dell’errore che ha sconvolto la Germania nella finale del 1966 e poi devastato l’Inghilterra 4 anni fa agli ottavi con una sequenza ormai entrata nei libri di storia. La sfida era sempre la stessa, Germania-Inghilterra, e il gol sempre più controverso e sempre più evidente.
Loro stanno 1-1 ma persino l’immobile e indifferente Fifa ha capito che decidere una partita sulla base di uno sbaglio nel 2014 sarebbe stato troppo. Blatter aveva detto «no ai computer che invadono il calcio», ha cambiato idea, il che succede di frequente visto che l’uomo si fa spesso consigliare dalla convenienza e in realtà il ras del pallone ha aperto le porte a quella che gli specialisti considerano solo una minima parte delle possibilità offerte dai sistemi contemporanei. Quello scelto per il Brasile si chiama Goal Line Technology ed è il più sconosciuto, prodotto da una compagnia che nemmeno esisteva un paio di anni fa ed è nata proprio per una rete mancata. Ancora Germania, ma la gara che ha cambiato la Coppa del Mondo è stata una banale partita di Bundesliga. Dirk Broichhausen, il capo di quella che sarebbe diventata la GoalControl stava davanti alla tv e ha dato di matto: «Tutti noi a km di distanza abbiamo visto quella comica e il risultato è uscito da un’assurdità». Un momento prima Broichhausen si occupava dei macchinari per gli ospedali e un minuto dopo usava la stessa precisione per salvare il gol.
Ora ci sono 14 telecamere extra montate in ogni stadio Mondiale, 7 per porta, e ognuna traccia la palla in alta definizione, copre gli spostamenti ogni 5 millimetri, 550 immagini al minuto e pure a colori: quando viene superata la linea arriva un messaggio all’arbitro e guai a chiedere se può esistere un baco nel cervellone che coordina qualsiasi minimo movimento: «No. Abbiamo provato e riprovato e tarato le linee in modo da eliminare ogni inconveniente», spiega Broichhausen sempre più determinato. In realtà secondo lui il progetto funzionerebbe già anche per identificare il fuorigioco e in futuro potrebbe essere usato per catturare i falli di mano, però persino mr certezza, infervorato dal futuro e completamente sedotto dalla sua creazione, frena: «Il pallone segue regole antiche e scatena la passione di milioni proprio per la sua semplicità. Dobbiamo evitare eccessi. Mantenere questo sport naturale usando quel che la tecnologia offre è il nostro obiettivo». A differenza dell’occhio di falco, una delle possibilità valutate prima della scelta finale, non servono replay, quindi non ci sono interruzioni o consultazioni. L’arbitro non deve visionare il materiale e in realtà neppure è costretto a fidarsi perché alla fine decide in proprio. È ancora il fischietto che determina il gol, non l’avviso del computer, se chi dirige la partita è convinto di aver visto altro, nessuno - nemmeno le 14 telecamere - possono dissuaderlo. Difficile immaginare un qualcuno che ignori il sistema anche se Howard Webb, arbitro della finale mondiale presente anche in questa edizione, è scettico: «Tutto bellissimo però non bisogna pensare che le macchine possano prendere le decisioni. Sono un aiuto, per casi molto particolari che in realtà non si verificano poi così spesso». E pensare che è inglese.
Il calcio straconservatore si concede una rivoluzione che può sembrare minima e in realtà è un vero scossone. Per la prima volta il fattore umano viene contaminato e si altera la liturgia del campo che prevede l’esaltazione di ogni umore in circolo (partita troppo maschia, elettrica, difficile da gestire, la casistica è infinita). Adesso c’è un suono, un messaggio, un sms dalla cabina di regia che in realtà esisteva già prima e ha già deciso la finale di un Mondiale solo che era più spartana e del tutto sottotraccia. Chi ha visto la plurimmortalata testata di Zidane a Materazzi nel 2006 non stava in mezzo al campo di Berlino. Ma quella era una toppa, questa è «la perfezione» o almeno la vendono così.

Giulia Zonca, La Stampa 10/6/2014