Cesare Peruzzi, Il Sole 24 Ore 10/6/2014, 10 giugno 2014
L’ENTE TORNA IN UTILE, ORA MANSI ACCOMPAGNERÀ LA TRANSIZIONE
FIRENZE
Torna in attivo la Fondazione Mps. È infatti di poco superiore ai 20 milioni l’utile netto del bilancio 2013, approvato ieri all’unanimità dalla deputazione generale (l’organo d’indirizzo) nel giorno in cui scadeva il mandato di Antonella Mansi, l’imprenditrice maremmana della svolta che non si è resa disponibile per un nuovo incarico e che da numero uno dell’Ente di Palazzo Sansedoni (mandato ricevuto lo scorso settembre) ha messo in sicurezza il patrimonio, azzerato i debiti e ridimensionato al 2,5% la partecipazione in Banca Mps, quota sindacata con il 4,5% di Fintech e il 2,1% di Btg Pactual.
Gli ultimi tre esercizi della Fondazione senese erano stati segnati da perdite pesanti (128 milioni nel 2010, 331 nel 2011 e 191 nel 2012), in larga parte determinate dalla svalutazione dei titoli Montepaschi, mentre il bilancio 2013 ha potuto usufruire di poste straordinarie positive (la cessione del prestito fresh per 95 milioni con una plusvalenza di 60) e si è giovato del ridimensionamento progressivo dei costi, sfociato nell’accordo che ha tagliato mediamente del 23% il trattamento economico dei 31 dipendenti.
Un programma, quello relativo alla riorganizzazione operativa della struttura, che adesso porterà avanti il direttore generale Enrico Granata, in attesa che la deputazione generale indichi il nuovo consiglio d’amministrazione e il nuovo leader della Fondazione (la prossima riunione è prevista a fine mese). In questa fase, Mansi accompagnerà la transizione. Granata, a Siena da pochi mesi, dovrà fare scelte coraggiose sul fronte delle attività controllate o partecipate (Accademia Chigiana, Siena Biotech, Immobiliare Sansedoni) e reimpostare una politica di sostegno al territorio che preveda non solo l’erogazione di finanziamenti, ma anche la capacità di attrarre investimenti.
La Fondazione Mps, grazie proprio agli obiettivi raggiunti nel corso del breve mandato Mansi, continuerà a giocare su due fronti. Il primo, quello naturale in sede locale, potrà contare sui proventi del patrimonio (circa 400 milioni) reinvestito in questo periodo. In attesa che anche il Monte torni a distribuire un dividendo (anche quest’anno non è previsto). A conti fatti, la Fondazione potrà disporre di un budget tra i 15 e i 20 milioni che, tolte le spese e pagate le tasse, lascerà comunque una piccola disponibilità finanziaria (tra 5 e 10 milioni) per alimentare l’attività propria dell’Ente.
Il secondo fronte, riguarda il ruolo che la Fondazione è riuscita a mantenere nell’azionariato di Banca Mps. Se l’allenza con Fintech e Btg Pactual, oggi pari al 9% del capitale (ma aperto a nuove aggregazioni), dovesse esprimere la lista di maggioranza al prossimo rinnovo della governance, nella primavera del 2015, l’indicazione del futuro presidente di Rocca Salimbeni toccherebbe a Palazzo Sansedoni. Non è poco per una istituzione che, non più tardi di sei mesi fa, rischiava di scomparire.
Questo, però, è un capitolo ancora in buona parte da scrivere. E l’esito dell’aumento di capitale attualmente in corso potrebbe risultare determinante. Siccome il Monte adesso è contendibile, i soggetti interessati alla governance giocheranno le loro carte nelle prossime settimane e c’è da scommettere che nei mesi successivi la partita resterà a lungo aperta. E incerto il risultato.
Cesare Peruzzi, Il Sole 24 Ore 10/6/2014