Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore 10/6/2014, 10 giugno 2014
IL «CREDIT EASING» CHE PIACE AI MERCATI
Quando è ora di coniare un neologismo finanziario, i mercati non si fanno attendere. In un’Eurozona bancocentrica, il credit easing ha già preso il posto del quantitative easing. Ma quel che muove lo spread è in realtà il "QE dei mercati", con ripercussioni affatto scontate.
L’assenza nell’Eurozona di un QE tradizionale come quello della Federal Reserve, della Banca d’Inghilterra e della Banca del Giappone viene spiegata, a grandi linee, sulla base di almeno due considerazioni: prima di tutto, è oggettivamente e tecnicamente complicato per una banca centrale che rappresenta gli interessi di 18 Paesi riuscire ad acquistare titoli di Stato (o corporate bond o asset backed secutiries) senza fare del torto a nessuno. Quali titoli comprare, in quali quantità e in base a quali criteri, non è scontato: la "guida pratica al QE" che si trova sulla scrivania di qualsiasi banchiere centrale va riscritta per adattarsi all’eccezionalità dell’area dell’euro, dove una moneta unica fa da collante a 18 Stati con sistemi economici, politici, fiscali, sociali e finanziari molto diversi tra loro. In secondo luogo, una banca centrale che opera nel contesto di un mercato dei capitali maturo ha vita più facile nel praticare il QE: ha più di una cinghia di trasmissione in mano quando il credito all’economia non è esclusiva del canale bancario. Il collegamento tra il rendimento dei Treasuries e il costo del denaro per imprese e famiglie negli Usa è molto più diretto: quando al Fed rastrella i titoli di Stato , quella liquidità va un po’ ovunque. Nell’Eurozona, invece, la maggior parte dei finanziamenti all’economia scorre nei rubinetti del credito bancario. Ecco perchè nell’Eurozona c’è chi resta convinto che il QE tradizionale servirebbe a poco, meglio il credit easing che agisce sul rischio di credito, il cuore del problema.
In assenza del quantitive easing della Bce, nell’Eurozona finora la maxi-iniezione di liquidità per far calare il costo del denaro all’economia è transitata attraverso le banche. Tassi bassi per un lungo periodo di tempo e prestiti alle banche per importi illimitati (operazioni di rifinanziamento con full allotment) si può dire hanno generato un "QE dei mercati". Saranno le banche, i principali attori del credito all’economia e anche in buona misura della gestione dei volumi della liquidità, a decidere le modalità del "tapering" nell’Eurozona? Saranno i mercati a stabilire come e quando uscire dai titoli di Stato, a determinare quando il rally avrà esaurito la sua spinta e i tassi torneranno a salire? Il modo in cui la Federal ha deciso di ridurre gli acquisti di Treasuries e Mortgage backed securities (legato a crescita e occupazione) è trasparente, per importi e la tempistica. Non è dato sapere, con altrettanta trasparenza, come e quando le banche nell’Eurozona decideranno di restituire alla Bce il dovuto. La Banca centrale europea dal lato suo non manifesta alcuna rigidità, l’allentamento della politica monetaria è estremo.
Dal 2012 la Bce ha pilotato il crollo dei rendimenti dei BTp senza mai acquistarli, con il deterrente delle OMTs, con i tassi vicini allo 0%, con la liquidità data alle banche e la promessa del credit easing via cartolarizzazioni. Quando questo QE dei mercati sarà terminato - chissà quando e come - lo spread BTp-Bund non si allargherà solo se l’Italia sarà riuscita a dimostrare che quel livello al minimo storico è tutto merito del rischio-Paese.
Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore 10/6/2014