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 2014  giugno 07 Sabato calendario

IN BORSA CON VISTA SUL CAMPO


«Money never sleeps», il denaro non dorme mai. È la declinazione di un mito distorto che ha imbevuto immaginari popolati da film mediocri, capaci di ammaliare i giovani più confusi per intere generazioni, il mito dei mercati finanziari, rivestito persino di teorie formali dagli scolari delle migliori università del mondo – come quella proposta negli anni ’60 dal freschissimo premio Nobel 2013 per l’economi, Eugene Fama, che amava pensare che i mercati finanziari fossero perfettamente efficienti. Mercati cioè dove tutte le informazioni sono immediatamente incorporate nei prezzi e non c’è lo spazio per l’errore di qualcuno che diventi il guadagno di qualcun altro, un homo homini lupus foraggiato da cocaina, testosterone e altre droghe pesanti.
Ma se è vero con Foucault che ogni mito richiede una mitologia, ossia la giustapposizione di un logos che lo obietta, e che aristotelicamente ogni ente è «in quanto è», ossia si trova nella condizione di essere «per natura comandato», occorre considerare che per decenni – prima insomma che i talenti intellettuali migliori fossero costretti dai debiti con Harvard a smettere di voler cambiare il mondo e fare molti soldi in breve tempo – la finanza è stato il gioco per i “dumb kid”, i bambini più scemi delle famiglie più ricche. Quelli bravi con lo sport ma incapaci con le derivate, per non dire le sottrazioni. E allora che si fotta l’efficienza del freschissimo premio Nobel 2013 per l’economia Eugene Fama, se ci sono i Mondiali di calcio. Perché nel turbinio incontrollato di disfunzioni emotive che domina i mercati c’è spazio pure per la depressione in caso di eliminazione della propria squadra del cuore da una grande competizione.
Pensate che gli Stati Uniti saranno eliminati al girone di qualificazione della Coppa del Mondo? Allora shortate, andate corti, vendete su New York perché secondo uno studio del 2007 il mercato finanziario di un dato Paese crolla di 49 punti base rispetto alla sua media il giorno dopo l’eliminazione della propria squadra. Possibilmente, scommettete contro titoli di piccole dimensioni, quelli che con più probabilità sono detenuti da investitori nazionali e che quindi risentiranno maggiormente del cambiamento d’umore sulla piazza. Persino la Bce si è scomodata a studiare il fenomeno e nel febbraio del 2012, in una delle fasi più critiche della recessione europea, ha creduto fosse buona etichetta pubblicare un working paper dal titolo evocativo: « La piazza invece del campo: disattenzione degli investitori durante i Mondiali di Calcio Fifa» (The pitch rather than the pit, in inglese il gioco di parole viene meglio). Studiando l’andamento dei mercati durante il mondiale sudafricano del 2010, quando molte partite sono state giocate in corrispondenza con gli orari di apertura dei mercati, Michael Ehrmann e David-Jan Jansen dimostrano infatti che l’effetto sui mercati è immediato. Usando dati minuto-per-minuto su 15 borse internazionali, i due ricercatori scoprono infatti che, quando la squadra di un Paese sta giocando, il numero di scambi e volumi su quella piazza crollano del 50%. C’è da vedere la partita, d’altronde. E anche per gli stacanovisti del terminale la tentazione è forte: a ogni gol della partita, probabilmente attirati dalle urla tutt’attorno, i volumi di scambi cadono di un altro 5 per cento.
Insomma, il risultato finale è che durante i Match della Coppa del Mondo i co-movimenti tra stock globali e nazionali diminuiscono del 20%, a testimoniare lo spostamento di attenzione verso il campo piuttosto che la piazza di borsa, appunto (da cui l’evocativo titolo). Così la performance degli stock del vincitore del Mondiale è, secondo i calcoli di Goldman Sachs, migliore mediamente del 3,5% rispetto ai listini globali nel mese successivo alla finale di coppa, prevista per domenica 13 luglio. La stessa Goldman Sachs stima che il Brasile ha una probabilità del 48% di vincere in finale contro l’Argentina per 3 a 1, quindi fatevi i vostri calcoli. Anche perché uno studente della Auckland University of Technology mostra che, nell’anno in cui si disputano grandi eventi sportivi, i mercati finanziari tendono a avere ottimi risultati per la nazione ospitante a prescindere dal risultato finale.
Ovviamente, come tutti i disordini emotivi, l’effetto dura poco ed è seguito da una reazione uguale e contraria – tanto che entro i dodici mesi successivi la nazione vincitrice ha annullato tutti i guadagni ottenuti e anzi ha una performance mediamente peggiore del resto del mondo (per circa il 4%). Che cosa abbiamo imparato da tutto questo? Niente, in realtà. Ma nessuno aveva detto che la storia doveva essere edificante: d’altro canto Esopo non ha mai scritto di finanza. Ma se, per usare un heideggerismo di seconda mano, l’imperativo ontologico del capitalismo è il «soldi per fare soldi per fare soldi» di bocchiana memoria, allora il nostro può essere un apprendimento meramente strumentale – come i migliori degli apprendimenti.
A riassumere per noi ci pensano Guy Kaplanski e Haim Levy, i ricercatori di due università israeliane, che spiegano come l’irrazionalità dei mercati durante la Coppa del Mondo possa essere prevedibile e, dunque, possa essere sfruttata. Studiando i ritorni di mercato di 304 giorni in cui si è giocata la Coppa del Mondo dal 1950 al 2006 relativamente agli altri 14.375 giorni di trading, lo studio afferma che l’effetto aggregato dello svolgimento ravvicinato di molti match è indipendente dallo svolgimento di ognuno di questi e vale circa un -2,58% sul mercato statunitense – che sarà attivo durante un buon 30% dei match di questo mondiale a causa della corrispondenza di fusi orari – rispetto alla media del +1,21% di un normale periodo di trading della stessa lunghezza.
Sfruttare questa prevedibilità è relativamente semplice e può essere fatto diminuendo la propria esposizione in azioni durante i giorni del mondiale, per investire ad esempio in buoni del Tesoro a breve termine. Un investitore illuminato che avesse deciso di investire 100 dollari all’inizio del 1950, riducendo la propria esposizione sui mercati azionari allo 0% del proprio portafoglio solamente durante il periodo dei mondiali, sarebbe finito a Dicembre 2007 con 694 mila e 800 dollari, contro i 438 mila e 600 di chi avesse deciso di mantenere la propria esposizione sui mercati anche durante i mondiali. Una differenza notevole, ancora più ampia nel caso in cui si decida di fare short selling, di avere cioè un’esposizione negativa sui mercati azionari durante la Coppa del Mondo. E finalmente potrete dire senza tema di smentita che il calcio non è una cosa completamente inutile.
twitter @NicoloCavalli