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 2014  giugno 10 Martedì calendario

NATALE, L’AMICO DI DON DIANA CONTRO LA CAMORRA


«Un segnale? Spero per l’immagine della città. Non siamo Gomorra né la Terra dei Fuochi. Siamo un popolo e non un clan. E se ce l’abbiamo fatta noi casalesi può farcela tutta l’Italia». Parla sull’onda della tensione finalmente sciolta, dell’emozione per un successo inatteso nelle proporzioni.
Proprio mentre il pentito Antonio Iovine ha cominciato a raccontare la Campania, il sindaco anti-camorra Renato Franco Natale torna a guidare il comune di Casal di Principe. È la seconda volta dopo la brevissima esperienza dei 1993, vent’anni fa, quando la morte del suo amico Don Peppe Diana mise bruscamente fine alla sua giunta: «Dovetti vedere il suo cadavere sul selciato». La città festeggia, e Roberto Saviano scrive: «Casale in una nuova era».
Natale, da anni in trincea contro la criminalità organizzata e componente di «Libera», l’associazione di Don Ciotti impegnata nel recupero dei beni confiscati alle mafie, più volte minacciato di morte, una vita sotto scorta, è stato eletto con il 68% grazie al sostegno di alcune liste civiche di centrosinistra. Una vittoria fortissima, totale, che il neoprimo cittadino accoglie così, secondo il sito «Lettera 43»: «Clan dei Casalesi vaffa...». Poco dopo, quasi si pente: «Ammetto che è stata una caduta di stile... Ma mi hanno chiesto cosa dovremmo dire al residuo di malaffare cittadino, io ho girato la risposta ai presenti e questo è stato il messaggio...».
Il neo sindaco, 64 anni, medico di professione, è a passeggio per il corso di Casale, a ringraziare elettori e simpatizzanti. Ci tiene soprattutto ai ragazzi del comitato elettorale: «Mi hanno organizzato la comunicazione e la segreteria. Non si sono risparmiati. E il Pd ha deciso di partecipare a questo progetto unitario. Sì, il 68% è tanta roba. Anche i 5mila voti lo sono, 2mila più che al primo turno». Sorpreso? «Sapevano che c’era una buona partecipazione, ma l’ansia c’è sempre. Soprattutto quell’affluenza bassa, sotto il 50%, era un segnale preoccupante. E invece, è stata una bellissima giornata».
Natale ha sconfitto Natale: il suo avversario, candidato dal centrodestra, si chiama come lui di cognome. «È il padre di mia cugina, ma abbiamo idee politiche diverse. Del resto, gli amici me li scelgo io...». I parenti no, come tutti. Al municipio, aveva puntato già nel 2012 con una candidatura sostenuta da tutte le forze politiche. Ma a tre giorni dalla presentazione ufficiale delle liste, il consiglio dei ministri sciolse il Comune per infiltrazioni di stampo mafioso, portandolo al commissariamento e facendo saltare la tornata elettorale. Adesso, con la gestione commissariale che sta per finire, lui ci ha riprovato dopo la lettera aperta di mille cittadini che gli chiedeva di ricandidarsi.
Quale sarà il primo atto della sua giunta? «È finito il tempo di considerarci delinquenti. Chiedo al governo e al premier Matteo Renzi una mano per uscire dal dissesto finanziario che ci lega le mani. Le casse del Comune sono vuote. Abbiamo 7 vigili urbani su 40 a cui abbiamo diritto. Non possiamo sostituire chi va in pensione. Dobbiamo ricostruire una speranza e un futuro per i nostri giovani attraverso il percorso della legalità. E ci serve l’aiuto dello Stato».

MINACCE DI MORTE
Dall’inizio della sua attività politica Natale è nel mirino delle mafie. Nel corso del maxi-processo alla camorra, Spartacus, emerse anche un piano per ucciderlo: doveva sembrare un incidente stradale. Il pentito Luigi Diana ha raccontato: «Walter Schiavone mi disse che aveva trovato un paio di suoi uomini che avrebbero fatto lo scherzo a Natale. Nelle campagne di Santa Maria la Fossa vi fu una riunione nel corso della quale lui e Francesco Schiavone evidenziarono che sarebbe stato troppo eclatante commettere l’omicidio in quanto si sarebbe subito pensato al nostro coinvolgimento. Bisognava, invece, farlo morire facendo pensare a un incidente».
Ecco il piano: «In particolare si pensò che bisognava sfruttare l’abitudine di Natale, ecologista convinto, di girare in bicicletta la domenica a Casal di Principe. Si pensò di farlo investire a tutta velocità da un albanese che doveva sembrare ubriaco, facendogli bere qualche bicchiere di vino e mettendogli in macchina anche delle bottiglie di alcolici».
Il progetto omicida non fu mai messo in atto. Ma nel 2012 una lettera con minacce di morte fu infilata sotto il portone di casa, nel pieno centro cittadino. Sul retro di un foglio di carta intestata del Comune poche parole: «Noi non siamo ancora morti, smettila di fare esposti, altrimenti ti ammazziamo. Ricordati che hai moglie e figli». Avvertimenti che non lo hanno mai scoraggiato.