Mario Luzzatto Fegiz, Corriere della Sera 10/6/2014, 10 giugno 2014
NEL «SELFIE» DI MINA ANCHE LA SIGLA DEI MONDIALI
Esce oggi «Selfie», il disco di Natale di Mina.
Non è uno scherzo. Il disco natalizio era già pronto. Poi la sorpresa. L’amicizia fra Massimiliano Pani, figlio della cantante e suo produttore di fiducia, e il direttore di Rai Sport Mauro Mazza, ha fatto sì che alla «Tigre di Cremona» e al suo staff venisse chiesto di scrivere una sigla per i Mondiali. Ed è nata — ma sarebbe più esatto dire «è resuscitata» — la canzone «La palla è rotonda», scritta parecchi anni or sono da Claudio Sanfilippo, cantautore milanese della quale Mina aveva interpretato, in «Lochness» del 1993, «Stile libero». Così la decisione di aggiungere a «Selfie» «La palla è rotonda» e anticipare l’album cavalcando gli Azzurri anziché Babbo Natale.
Il testo è stato aggiornato da Maurizio Catalani e offre un mosaico di luoghi comuni usati dai radiocronisti del calcio: scambio corto, limite dell’area, contropiede, catenaccio, lancio per il cross. Ora gli inni su commissione tradizionalmente sono stucchevoli, enfatici e, passata la festa, vengono dimenticati. Ma questo sembra destinato a durare (dipenderà anche da come funzionerà la squadra di Prandelli) sia per l’atmosfera «carioca» che domina la scrittura, l’arrangiamento e il canto, sia per l’originalità del testo.
Talmente gergale da escludere completamente i digiuni di questo sport. Ad esempio «Viva il parroco, campo pesante fallo netto e dribbling ubriacante» è un verso criptico. «Viva il parroco» indica un gioco approssimativo, alla come viene viene, e ha un’origine incerta: probabilmente quando il parroco scendeva in campo all’oratorio con le sottane e veniva tollerato il suo gioco falloso, perché lui era appunto il capo di tutto. Il «dribbling ubriacante» dovrebbe essere un gioco di finte che confonde l’avversario.
Qualcuno, di fronte a versi come «La palla, la palla è rotonda, un tocco di tacco che incendia, di collo, di piatto, di esterno, di mezza punta» rimpiangerà l’inno di Mameli (versione Fiorello-Mundial). Il resto dell’album non ha nulla a che vedere col calcio ma canta l’amore esaltante, frustrante, bugiardo e incosciente. Viene sviscerato con sonorità e arrangiamenti cesellati, dagli autori già collaudati (Samuele Cerri, Maurizio Morante, Axel Pani, Franco Serafini) del suo staff cui si aggiungono nomi nuovi come quelli di Gianni Bindi e Matteo Mancini che firmano ben tre canzoni.
Mina anche stavolta ha ascoltato tutti i provini ricevuti — qualche centinaio —, arrivati sia da autori noti che da perfetti sconosciuti. E c’è anche una canzone firmata da Don Backy che si intitola «Fine». Altre curiosità: un duetto fra Mina ed Edoardo Pani (10 anni, secondogenito di Massimiliano) nel brano «Troppa luce», e il clima da musical con virtuosismi vocali senza uguali nel brano «Mai visti due». Notevole come sempre la copertina. Per la seconda volta nella sua carriera sceglie un quadrumane: nel ’71, per l’album «Mina» era un cucciolo di scimpanzè; quello di «Selfie» è invece un macaco giapponese.