Micaela Cappellini, Il Sole 24 Ore 9/6/2014, 9 giugno 2014
I NUOVI CONSUMATORI ABITANO A MONTES CLAROS
Chi si è prenotato per assistere dal vivo a tutte le partite del girone di qualificazione dell’Italia ai Mondiali del Brasile, transiterà di certo per la città di Belo Horizonte, stato del Minas Gerais. Se, oltre che tifoso, fosse imprenditore, farebbe bene ad approfittarne per fare un salto nella vicina Montes Claros. Perché il boom 2.0 dei consumi brasiliani passerà da qui.
Montes Claros è in buona compagnia: Açailândia (nel Maranhão), Jequié e Barreiras (nella Bahia), Marabá e Parauapebas (nel Pará). Segnatevi questi nomi. Se fossero in Cina, le avrebbero chiamate città Tier 2. Sono i centri propulsori emergenti dei consumi brasiliani. È vero che il Pil brasiliano non cresce più veloce come un tempo, e che le disuguaglianze sociali aumentano, come testimoniano gli scioperi anti-Mondiali. Ma l’aumento dei consumi è una realtà, e il suo epicentro non è più nelle grandi metropoli della costa: le opportunità migliori ora si trovano nell’interno del Paese.
Ad accendere i riflettori su queste nuove città è uno studio di Boston Consulting Group, che quantifica il potere di spesa di questa fetta inesplorata della classe media brasiliana e ne analizza i bisogni. La posta in palio è alta: secondo gli esperti, nel giro di soli sei anni i consumatori di queste città emergenti avranno in tasca 633 miliardi di dollari e saranno responsabili del 28% degli acquisti del Brasile.
Per la verità, notano gli esperti, già oggi in queste città di seconda fascia il potere d’acquisto è più alto che nel resto del Paese, in media il 20% in più rispetto ai fratelli maggiori di Rio o San Paolo. Peccato che il loro potenziale sia ancora inespresso. Spendono il 45% in meno in istruzione per i figli e il 19% in meno in servizi telefonici. In questi centri urbani le filiali delle grandi banche sono ridotte all’osso, le prime venti catene di supermercati brasiliani sono del tutto assenti e le concessionarie di auto di lusso non hanno mai messo piede. Nell’interno solo il 29% ha acquistato online un prodotto per la cura personale, contro il 38% degli abitanti delle città costiere.
Come fare dunque a raggiungere rapidamente questi consumatori e il loro portafoglio? Con siti di e-commerce, potrebbe suggerire qualcuno. Fino a un certo punto, ribattono gli analisti di Boston Consulting: tre quarti degli abitanti delle città dell’interno non si fida dei modi e dei tempi di consegna delle merci, e in più teme di non vedere mail il rimborso in caso di resi. Questi consumatori emergenti hanno un che di old style, preferiscono toccare con mano.
Meglio allora puntare su negozi snelli. Sul modello di quanto sta già facendo la grande distribuzione. Nell’interno del Paese i colossi brasiliani del settore sono praticamente assenti: se vendete alimentari, sappiate che il mercato è in mano alle catene più piccole, meglio ancora se regionali. Y.Yamada, per esempio, conta 36 store nel nord del Brasile, Super Muffato ha aperto 45 punti vendita nella zona Sud, mentre nelle cittadine emergenti del Nordest è TodoDia - figlia minore di Wal–Mart - a farla da padrona.
Anche i piccoli centri commerciali possono rivelarsi un’opportunità ghiotta per i marchi stranieri dell’abbigliamento. Gli immobiliaristi lo hanno subodorato da tempo: se nel 2010 solo il 10% dei nuovi mall nasceva nelle città dell’interno, l’anno scorso la percentuale è salita al 38. Chi realizza prodotti di lusso non dovrebbe disdegnare questi luoghi: solo la metà dei consumatori brasiliani 2.0 è attratta dal fascino del marchio e dalle grandi vie della moda Vip, contro il 90% dei modaioli della costa carioca.
Micaela Cappellini, Il Sole 24 Ore 9/6/2014