Arianna Finos, la Repubblica 10/6/2014, 10 giugno 2014
Paolo Virzì, se l’aspettava un sindaco grillino a Livorno? «Veramente pensavo che il Pd perdesse al primo turno»
Paolo Virzì, se l’aspettava un sindaco grillino a Livorno? «Veramente pensavo che il Pd perdesse al primo turno». Ma come, nella città dove è nato il Pci di Gramsci. «Qui è stata punita l’ultima giunta, non Gramsci. Se uno guarda a Livorno con gli occhi della politica nazionale rischia di non capire. Non c’entrano Grillo e Renzi, Livorno è un microcosmo impermeabile: ha vinto la rabbia, la voglia di sangue». Perché? «Livorno non ha solo patito la crisi economica ma di vocazione. Le fabbriche hanno chiuso, non c’è più lavoro ma solo pensionati, disoccupati e cassintegrati ». E il Pd non l’ha capito? «Ha fatto di peggio. Il sindaco uscente, Cosimi, non solo ha dormito ma è stato arrogante, ignorando chi chiedeva il rinnovamento. Non si è accorto che l’anno scorso l’MS5 aveva preso il 27% e il suo partito stava sotto il livello nazionale. Qui la rottamazione non c’è stata: si sono tenuti stretti i posti mentre la furia cresceva. Tutti avevano capito tranne loro». Lei quando ha visto la sconfitta? «Quando hanno scelto un capro espiatorio da mandare al macello, Marco Ruggeri che era già consigliere comunale. Ho visto un dibattito organizzato al Tirreno prima del ballottaggio. Da una parte un giovane esponente del Pd con gli occhi terrorizzati perché aveva la percezione della situazione e l’angoscia di non poter fare nulla. Dall’altra questo ingegnere di Castiglioncello, simpatico, con la camicia di lino aperta, una parlantina allegra, il cui programma era fondamentalmente “mandiamoli tutti a casa”. La partita era segnata ». Ma chi ha votato per Grillo? «Non c’è una destra, a Livorno. C’è una sinistra radicale che ha votato in massa il candidato grillino. Ma non è stato un omicidio, è stato un suicidio: il ceto dirigente della città ha fallito. Erano abituati a vincere facile, non si sono posti il problema e i migliori sono andati via. Livorno aveva le fabbriche, il porto industriale e ha perso tutto, Pisa si è industriata, noi no. E la gente ha deciso di usare il napalm ». Se li immaginava gli abitanti dei quartieri popolari votare per i cinque stelle e seppellire la storia? «Li hanno votati anche nel mio palazzo, se per questo. Non perché sono grillini ma perché sono arrabbiati e volevano vedere il sangue. E Filippo No- garin, forse simpatico, mi pare inconsapevole della gravità del momento. Dice che sceglierà gli assessori con un bando e che aspetta i curricula via mail. Ma qui c’è bisogno di tornare a fare politica, quella cosa su cui il MS5 vomita, ma che è l’unica cosa che conta per governare una città ferita. Serve ricostruire la comunità, il dialogo, non gli slogan». D’altra parte Livorno è sempre andata controvento. «Ha avuto una vocazione ribellista, anarchica. Anche all’epoca del Pci aveva in sé questo spirito irriverente, plebeo, critico, spesso anche con la direzione nazionale. L’anima contestatrice è stata la sua bellezza e la sua forza. Oggi Livorno è cambiata, l’attaccamento identitario è diventato folklore, perciò c’è bisogno di politica, di qualcuno che non mandi un tweet da Roma, ma stia qui a occuparsi della sinistra in città». È d’accordo con chi dice che, a Livorno, al Pd farà bene imparare a perdere? «Credo che Renzi sia diventato leader del Pd quando ha perso le primarie. Ha acquisito uno spessore e anche un dolore e una consapevolezza di una comunità che ancora non aveva avuto. E se valuto Marco Ruggeri è diventato leader nel momento in cui ha perso e si è preso tutte le responsabilità. Al contrario del sindaco uscente Cosimi».