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 2014  giugno 09 Lunedì calendario

ACCORDI EXTRAGIUDIZIALI ATTRAVERSO NUOVE CAMERE ARBITRALI COSÌ CAMBIA IL PROCESSO CIVILE


Arriva la riforma del processo civile in quattro mosse: arretrato, modernizzazione, riforma dei riti, riorganizzazione dei tribunali. Come premessa bisogna ricordare che in Italia ci sono 5 milioni di cause arretrate, occorrono in media 437 giorni per un primo grado, 1025 giorni per un appello e poi c’è la Cassazione. Ma non finisce mai, in quanto la sentenza del giudice non è immediatamente esecutiva e ci sono ancora margini, ben tre gradi, per opporsi all’esecuzione. Che sia uno sfratto da eseguire o un debito da incassare. Morale, il processo civile in media dura 8 anni. Siamo lo scandalo dell’area Ocse. Le industrie scappano. E per somma beffa, il ministero dell’Economia paga 500 mila euro all’anno in risarcimenti per le condanne da irragionevole durata dei processi civili.
L’arretrato va dunque aggredito e il tasso di litigiosità attenuato. Il ministro Andrea Orlando lo ripete a ogni intervista: «Con 5 milioni di processi in primo grado e 400mila in appello nessun sistema potrebbe reggere». Orlando spera nell’alleanza con gli avvocati. L’idea è di istituire camere arbitrali presso ogni Consiglio dell’ordine degli avvocati per giungere ad accordi extragiudiziali tra le parti. L’incentivo ad abbandonare il processo per la camera arbitrale sarà nella sua decisione, da considerare quale titolo immediatamente esecutivo.
Sempre con gli avvocati si sta definendo la procedura di “negoziazione assistita”, che in Francia funziona egregiamente, e qui potrebbe partire in via sperimentale con i divorzi consensuali senza figli minori. Il testo del ddl è stato recentemente limato per incastrarsi con le procedure della mediaconciliazione.
Il secondo passo è la modernizzazione: a partire dal 30 giugno va a regime il processo civile telematico, le memorie viaggeranno via mail risparmiando un sacco di tempo e lavoro. Il Consiglio nazionale forense appoggia la riforma, ma avanza alcune richieste tra cui il concetto di “domicilio informatico dell’avvocato”, la possibilità di più formati per i documenti ammessi al deposito, e che il portale renda visibili le memorie alla controparte solo dopo la scadenza del termine per il deposito.
Terzo pilastro, la riforma del rito. C’è al lavoro da qualche giorno una commissione di studio presieduta da Giuseppe Maria Berruti, presidente di sezione di Cassazione. Le indicazioni del governo sono di snellire e velocizzare. Per il primo grado, si potrebbe eliminare l’anacronismo del tentativo di conciliazione senza obbligo per il giudice di studiare i documenti della causa; di fatto una perdita secca di 12 mesi. C’è poi il secondo anacronismo degli interessi legali: per un debitore è più conveniente non onorare un contratto e tenersi i soldi in banca. Per il secondo grado, che oggi è il doppione del primo, si vorrebbe limitare la discussione ai motivi d’impugnazione. Per la Cassazione, da riportare alla sua funzione di giudice di legittimità, c’è sicuramente da eliminare il cosiddetto rito camerale (che era nato per creare una corsia preferenziale e invece è diventato un quarto grado di giudizio). Quanto alle misure esecutive, che sono forse l’aspetto più dolente, la riforma dovrebbe eliminare i riesami.
In Parlamento, comunque, c’è chi vorrebbe osare di più nelle semplificazioni. Danilo Leva, ex responsabile Giustizia del Pd, ha presentato un ddl che chiede di adottare per tutti il rito del lavoro, dove sono prevalenti i caratteri di concentrazione, immediatezza e oralità. Il resto, ossia le cause ricondotte al procedimento sommario di cognizione, dovrebbe essere «tassativamente individuato» dalla legge.
Grazie alla riforma della geografia giudiziaria, intanto, si è raggiunta una massa critica di magistrati e si può meglio articolare il lavoro. Per i tribunali delle imprese, istituiti nel 2012 da Paola Severino, si tratta di rafforzare gli organici. Renzi chiede poi l’istituzione del tribunale della famiglia per occuparsi di divorzi, adozioni, diritti dei bambini di coppie sposate e non sposate, nonché di minori stranieri senza genitori.

Francesco Grignetti, La Stampa 9/6/2014