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 2014  giugno 09 Lunedì calendario

MA L’EUROPA NON TROVA UN ACCORDO E “FRONTEX” RESTA SENZA DIRETTORE


Frontex ha perso la testa e non riesce a trovarne un’altra. Il direttore dell’agenzia che vigila sulle frontiere esterne Ue, il finlandese Ilkka Laitinen, ha lasciato la sua poltrona per tornare a occuparsi dei confini patri. Impossibile, sinora, selezionare un sostituto. Stilata una lista di cinque pretendenti, la Commissione li ha bocciati perché inadeguati. Tutti. Compreso lo spagnolo Gil Arias, reggente di Frontex, ora curioso caso di manager che comanda senza essere ritenuto idoneo dal datore di lavoro.
La fonte che racconta la vicenda non fatica a definirla «surreale». Il fianco mediterraneo dell’Unione europea è assediato dagli sbarchi di migranti disperati, e Bruxelles è sotto pressione perché le capitali del Sud invocano inascoltate un’azione più seria e concertata per fronteggiare i flussi in fuga dai conflitti. La situazione è grave, ma non per tutti. I governi dell’Ue sono divisi, privi di una politica integrata e di una strategia di lungo termine.
La pattuglia nordica frena, coi tedeschi a dare il «la» a danesi, svedesi, austriaci e olandesi. I cinque governi hanno scritto una lettera all’Ue per dire che senza una chiara applicazione delle norme per l’asilo (leggi: ognuno si tiene quelli che gli arrivano) non si può parlare si solidarietà. Il termine stesso, che dovrebbe essere una base del patto a Ventotto, viene utilizzato una sola volta, quando si parla di solidarietà coi paesi del vicinato destinati ad essere destinazione per la cosiddetta «reinstallazione», formula secondo cui i profughi vengono trasportati dalle zone a rischio verso aree particolari dell’Unione. Nessun riferimento al Fronte Sud. Non serve, secondo un diplomatico scandinavo: «Fate sempre vedere i ripescati in mare, ma non i bus con cui li portiamo da noi».
Il confronto fra Mezzogiorno e le genti di settentrione, che venerdì il premier Renzi ha invitato a superare di slancio, è la madre delle disfunzioni. Le istituzioni hanno fatto il possibile, i Trattati attribuiscono loro poteri limitati. Così Frontex acefala diventa l’esempio lampante del disordine e dei dissidi fra stati che non trovano sbocco. Col piano dell’autunno scorso, l’Ue ne ha consolidato le funzioni, ma allo stesso tempo il budget è calato rispetto al 2013. Nessuno s’è però stracciato le vesti più di tanto, nemmeno gli italiani.
Ecco che lo strano caso del finlandese partente finisce per diventare il simbolo di uno stallo imbarazzante. Non risulta che i candidati fossero così male. Roma aveva puntato tutto su un esperto funzionario, Sandro Menichelli, dirigente di Polizia, ex Interpol; sperava di vincere come paese in prima linea. Niente da fare.
I ministri degli Interni Ue ne hanno parlato giovedì a Lussemburgo, a tavola, informalmente e senza passi in avanti. La Commissione ha confermato il rilancio della procedura di nomina. Risulta che Angelino Alfano abbia avuto da ridire su come sono andate le cose, come sulla piega presa dall’intero dossier «migrazioni». Vorrebbe che l’Ue mettesse la bandiera su Mare Nostrum, la missione nazionale con cui - a 9 milioni il mese - proteggiamo la frontiera Sud. C’è la convinzione che l’impresa dovrebbe essere comune, non importa con quale cappello, Frontex o altro. Il leader di Ncd, stavolta presente, ha anche ammesso di non escludere che fra i profughi ci sia gente di Al Qaeda, così l’Europa solca brutte acque alla stregua dei migranti e Frontex fa quel che può, anche se a Bruxelles qualcuno non sa (o magari non vuole) darle il manager che la gravità del caso meriterebbe.

Marco Zatterin, La Stampa 9/6/2014