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 2014  giugno 08 Domenica calendario

“PER FERMARE LA CORRUZIONE SNELLIAMO I CONTROLLI E RIDUCIAMO LE PENE”

[Intervista a Carlo Nordio] –

Da ventidue anni in prima linea contro le Tangentopoli del nostro Paese – nel ’95 indagò anche Occhetto e D’Alema, archiviandone poi le posizioni – il procuratore aggiunto Carlo Nordio, titolare dell’inchiesta sullo scandalo Mose, è convinto che «la corruzione finirà solo per mano politica e non per quella giudiziaria».
Perché non bastano leggi più severe e l’inasprimento delle pene?
«Per due semplici motivi. Il primo, più culturale, risiede nell’errore, da parte della classe politica, di cullarsi nell’aspettativa che la magistratura possa risolvere problemi che non le competono. I magistrati possono procedere con interventi mirati su casi specifici ma non possono svolgere il ruolo salvifico che gli attribuiscono i politici».
E l’altra ragione?
«È squisitamente tecnica e di certo non ha appeal per l’opinione pubblica, ma la verità è che le pene andrebbero ridotte invece che inasprite. Faccio un esempio chiarificatore: due anni fa è stata promulgata una legge che prevede anche il reato di induzione alla concussione. In altri termini può finire in carcere anche chi paga una tangente e non solo chi la riceve. Ma al di là del giudizio etico e morale, è stato un grave errore perché non agevola le indagini. Utopico infatti pensare che chi versa una mazzetta vada a denunciare chi gliel’ha imposta sapendo di rischiare a sua volta la prigione».
Il premier Renzi assicura che entro giugno ci sarà la legge anti corruzione. Che cosa ne pensa?
«Premesso che i politici sanno che per ottenere il consenso del popolo devono assecondare la loro voglia di sangue, come già riteneva a suo tempo Shakespeare convinto che il popolo vuole la “libbra di carne”, mi pare che il presidente del consiglio abbia ben compreso l’esigenza di un ridimensionamento delle regole. In questo dunque mi trova perfettamente d’accordo: il sistema di controllo deve essere per forza più snello perché se devi bussare a 100 porte è inevitabile che qualcuna resti chiusa e che per aprila occorra “oliarla” con una tangente. Meno passaggi, meno regole e meno controllori favoriranno sicuramente la diminuzione della corruzione. Non serve un nuovo organo di controllo, con tutto il rispetto per la figura del garante anti corruzione, basta alleggerire la macchina burocratica».
Ma com’è possibile che a venti anni dalla prima Tangentopoli e nonostante tutti gli scandali politici degli ultimi anni si continui a rubare e a corrompere?
«Aveva proprio ragione Talleyrand quando 200 anni fa, sul ritorno dei Borboni disse “non hanno imparato niente e niente hanno dimenticato”. E così sono i politici corrotti. L’efficacia deterrente delle pene è pari a zero. Ma davvero credete che basti il timore di essere arrestati per evitare di commettere un reato? Questa è solo un’illusione. Corruttori e corrotti hanno continuato a imperversare nel nostro Paese nonostante le restrizioni in materia di falso in bilancio e di riciclaggio. Non è servito a nulla e a nulla servirà finché la classe politica non semplificherà le leggi. Si tratta di una scelta importante che va spiegata bene ai cittadini, ma è l’unica strada perseguibile».
Stavolta a Venezia la corruzione ha coinvolto anche i «guardiani della legge», com’è potuto accadere?
«Il coinvolgimento del magistrato delle Acque e del generale della Finanza in pensione sono la punta di un iceberg di un sistema che vede oggi la politica più sfilacciata rispetto al passato. Negli Anni 90 i tre colossi Dc, Psi e Pci erano sicuramente più agguerriti e si spartivano fette di potere e di interessi economici. Oggi, invece, il sistema di corruzione vede coinvolti maggiormente illustri esponenti degli organi di controllo. E l’amarezza non può che essere ancora più intensa».

Grazia Longo, La Stampa 8/6/2014