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 2014  giugno 10 Martedì calendario

Le bozze del governo sulla riforma della Pubblica amministrazione prevedono la mobilità obbligatoria • I poliziotti senza volanti • Chiesti sedici anni per lo sfruttatore delle prostitute minorenni di Roma • Lite in casa Le Pen Pubblica amministrazione Nelle prime bozze sulla riforma della Pubblica amministrazione si legge che il governo vorrebbe togliere il pensionamento anticipato dei dirigenti, di cui invece aveva parlato tempo addietro: questa decisione forse è legata alla contrarietà dei lavoratori del settore privato, per i quali non è stato ancora del tutto risolto il problema esodati

Le bozze del governo sulla riforma della Pubblica amministrazione prevedono la mobilità obbligatoria • I poliziotti senza volanti • Chiesti sedici anni per lo sfruttatore delle prostitute minorenni di Roma • Lite in casa Le Pen Pubblica amministrazione Nelle prime bozze sulla riforma della Pubblica amministrazione si legge che il governo vorrebbe togliere il pensionamento anticipato dei dirigenti, di cui invece aveva parlato tempo addietro: questa decisione forse è legata alla contrarietà dei lavoratori del settore privato, per i quali non è stato ancora del tutto risolto il problema esodati. Per favorire la cosiddetta “staffetta generazionale” si potrebbe cancellare il trattenimento in servizio, cioè la possibilità di continuare a lavorare per due anni dopo l’età della pensione, oppure ammorbidire il blocco del turn over (oggi limitato al 20% con un nuovo ingresso ogni cinque uscite): l’idea è di calcolare il rapporto fra entrate e uscite non in base al numero delle persone ma all’ammontare dei loro stipendi. Prevista anche una modifica alla mobilità: non solo perché viene eliminata, per gli spostamenti volontari, la necessità del nullaosta da parte dell’amministrazione di provenienza, ma soprattutto perché il passaggio da un ufficio all’altro sarà possibile anche senza l’assenso del lavoratore interessato. A patto che sia conservato lo stesso stipendio e il trasferimento avvenga entro certi limiti geografici. Non ci sono dubbi, invece, sul dimezzamento dei permessi sindacali. Volanti Su 24mila macchine di servizio della polizia, un terzo è in riparazione da oltre cinque anni e la maggior parte delle altre ha già percorso oltre 200mila chilometri. Inoltre alle volanti sono state assegnate appena 3mila vetture, un numero troppo esiguo per poter garantire un efficace controllo del territorio. Alcuni esempi tratti d aun dossier del Sap, Sindacato autonomo di polizia: a Catanzaro «la questura riesce ad assicurare una sola volante per turno per tutto il territorio, mentre fino a qualche anno fa le macchine erano almeno tre per turno e non ci sono soldi per la manutenzione di quelle tuttora in servizio». A Foggia ci sono «al massimo due volanti per turno» e nella provincia l’emergenza è ancora più grave visto che «a Lucera e a Cerignola la volante non è neanche garantita per le 24 ore». A Vibo Valentia: «I buoni acquisto benzina per le volanti sono terminati e la Prefettura non ha ancora autorizzato nuovi acquisti. Su 66 veicoli a disposizione della questura in tutta la Provincia, 23 sono in attesa di riparazione e 4 motoveicoli sono fuori sede per esigenze di altri uffici». A Roma il reparto volanti ha «40 auto divise nell’arco delle 24 ore e questo vuole dire che si garantiscono una decina di volanti per turno». Invece «ben altre 120 auto, tra quelle in borghese e con colori di istituto, vengono utilizzate per le scorte». A Milano fanno servizio «15 vetture per turno (dieci anni fa erano 25 per turno) e spesso escono in ritardo perché le macchine sono sempre quelle e i nuovi turni non possono uscire se non rientrano i colleghi del turno smontante». A ciò bisogna aggiungere appena «due “volantine” di copertura per 19 commissariati», mentre tra scorte e tutele ci sono «una ventina di servizi fissi e una decina di dispositivi attivati saltuariamente». A Firenze ci sono massimo 5 volanti per turno, a Bologna 4. Infine a Terni la sezione antirapina della Squadra Mobile ha in dotazione una Panda con oltre 200mila chilometri (Sarzanini, CdS). Squillo Rischia di finire con condanne a più di 40 anni l’inchiesta principale sulle minorenni che si prostituivano nel quartiere romano dei Parioli. Ieri, infatti, l’accusa ha formulato le sue richieste per gli otto imputati: per la madre della ragazza più giovane è stata chiesta una condanna a 6 anni di reclusione per sfruttamento della prostituzione; 16 anni e 6 mesi di reclusione e una multa da 50mila euro per Mirko Ieni, accusato di essere lo sfruttatore delle ragazze; 4 anni di carcere per Marco Galluzzo, che avrebbe fornito cocaina alle studentesse in cambio di prestazioni sessuali; 8 mesi per Francesco Ferraro e Gianluca Sammarone, due dei clienti più assidui; e un anno e quattro mesi (più ottocento euro di multa) per Micheal De Quattro, accusato, tra l’altro, di aver minacciato la più grande delle due di raccontare tutto alla madre se non gli avesse dato 1.500 euro. Sei anni di carcere e 18mila euro di multa sono stati chiesti per il caporal maggiore dell’esercito, Nunzio Pizzacalla, il primo sfruttatore della più grande delle due. Mentre per il commercialista Riccardo Sbarra, altro cliente, i pm hanno auspicato una pena a 5 anni: è accusato anche di cessione e detenzione di materiale pedopornografico. Padre e figlia Marine Le Pen ha litigato col padre, Jean-Marie Le Pen. Motivo: in un’intervista video il vecchio Le Pen ha attaccato gli artisti che lo combattono. Compreso un cantante e attore molto popolare, Patrick Bruel, che è ebreo, e contro il quale ha annunciato, «la prossima volta si farà un’infornata». Il primo a reagire è stato il compagno di sua figlia, Marine, Louis Aliot vice presidente del Fn, che non ha esitato a parlare di «una brutta frase di troppo», di dichiarazioni «stupide e sconcertanti». L’avvocato e deputato del Fronte, Gilbert Collard, vicino a Marine, ha detto che i commenti erano «inaccettabili e intollerabili». E poi Marine ha condannato con misura la dichiarazione del padre, spiegando che era «un errore politico». Pronta la risposta del padre, che ha criticato la figlia «allineata al pensiero unico».