Corrado Zunino, la Repubblica 8/6/2014, 8 giugno 2014
JET PRIVATI E SUITE DI LUSSO A CORTINA
VENEZIA.
Il supertestimone Piergiorgio Baita, leader della Mantovani Spa arrestato e quindi defenestrato, non retrocede. «Ho detto e confermo: tutte le aziende costruttrici giravano al Consorzio cento milioni l’anno. In nero. Un miliardo di euro sottratti all’opera del Mose nelle ultime dieci stagioni. Confermo». Le tangenti pure, in denaro, «sono state sui sessanta milioni di euro». Il resto erano ville ristrutturate, voli privati, consulenze gravose e inutili, assunzioni con la grancassa di raccomandati di ferro. «Vi sembra normale che una struttura locale come un consorzio nato su un’opera idraulica possa avere trenta persone all’ufficio stampa?», chiede Baita.
La ricostruzione delle attività degli ultimi dieci anni del grasso Consorzio Venezia Nuova, al di là delle intenzioni bellicose dell’industriale pentito (Baita era stato arrestato vent’anni fa per episodi simili in Laguna, e poi prosciolto), fornisce comunque elementi alla sua tesi: la tangente larga un decennio vale un miliardo e, soprattutto, in questa inchiesta così irrituale ha rappresentato una forma di mantenimento della città di Venezia da parte di una struttura, il consorzio Cnv, che aveva attirato su di sé tutte le ricchezze pubbliche inviate nel territorio.
Se le parole di Baita hanno la fragilità delle rivelazioni di un uomo che per dieci anni ha sostenuto il sistema corrotto, quelle del nuovo direttore generale del consorzio, Hermes Redi, matricola numero uno nel 1982, dopo sette anni libero ingegnere e nel 2013 richiamato al “Venezia Nuova” di fronte alle retate dei finanzieri, hanno la solidità di chi vuole salvare un’opera e i suoi lavoratori. Redi, intanto, conferma i dubbi espressi da Baita sul 2016 quale data della consegna del Mose. «Sarà operativo solo nel 2017», dice il dg. Quindi racconta il disastro trovato in ufficio e com’è dovuto intervenire: «Il personale del Consorzio era indubbiamente in eccesso, negli ultimi tre anni abbiamo dovuto chiudere il rapporto con 54 impiegati su 171. I dirigenti sono scesi da dodici a sette, le loro retribuzioni restano sopra la media di mercato: 200mila euro lordi l’anno. Il Consorzio non ha mai avuto un ufficio stampa con trenta persone, ma nel 2011 ce n’erano otto e ora soltanto due. Il nuovo appalto esterno nell’insieme costa meno dello stipendio del dirigente dell’ufficio comunicazione precedente”.
Redi, appena entrato, ha cancellato sette contratti e ridimensionato gli altri del 20 per cento, «in tempi di spending review era il minimo». Ha risparmiato quattro milioni. I sette contratti erano tutti a corredo del Mose, uno era stato allestito per monitorare l’andamento dei finanziamenti pubblici che arrivavano da Roma. «Si è vissuto a lungo, troppo a lungo, con larghezza di mezzi». E così il nuovo direttore ha stracciato il contratto d’affitto annuale per una foresteria a Roma, in via di Ripetta: basta una stanza d’albergo una volta la settimana ». In via di Ripetta il vecchio presidente del consorzio, Giovanni Mazzacurati, aveva incontrato i finanzieri corrotti Milanese e Spaziale. La razionalizzazione dei costi di Redi ha portato al taglio dell’auto di rappresentanza, autista annesso, e interrotto il pessimo costume di assumere amici. «Chi è rimasto dentro lo dobbiamo tenere», ancora Redi, «ma non tutti sono degli incapaci». Anche le sponsorizzazioni a feste e libri in terraferma sono state tagliate dell’80 per cento. «In passato ci sono stati investimenti da 2,5 milioni».
Tangenti travestite, ecco cosa ha fatto lievitare i costi-sprechi. La procura di Venezia ha fin qui individuato cinque assunzioni-tangenti. Per il controllore infedele più importante della filiera Mose – il magistrato delle acque Patrizio Cuccioletta – Mazzacurati ha garantito l’assunzione della figlia e un contratto da 40mila euro per un progetto del fratello Paolo mai consegnato. Il trattamento privilegiato del magistrato che in silenzio aveva acconsentito a un’opera da 5,6 miliardi prevedeva pagamenti di 100-150mila euro ogni sei mesi, un premio fedeltà da 1,2 milioni e un tangentone da 500mila estero su estero come buonuscita alla fine di un rapporto così fecondo. Ma l’assistenza del prezioso Cuccioletta, una delle più importanti pubbliche relazioni illecite del consorzio, era totale. Gli si garantivano anche i capricci. Il 19 maggio l’uomo è in vacanza a Malaga. Viene avvertito che l’amico Giancarlo Galan, presidente della Regione Veneto, ha organizzato un convegno a Venezia. Il magistrato a carico del consorzio chiama Mazzacurati e lo convince ad affittargli un aereo privato che gli consenta di atterrare a Venezia in poche ore e di rientrare a Malaga in serata. Lo staff di Mazzacurati si attiva, trova un piper di piccole dimensioni, 17 mila euro il costo: «Al ritorno dovrà fare scalo a Ibiza per il rifornimento ». Mazzacurati non ha dubbi: «Prenotalo più grande, niente scalo, paghiamo 21 mila euro». E per la moglie di Cuccioletta si segnala il ricevimento organizzato per dieci persone all’Harry’s Bar di Venezia, prenotato con un fax della segretaria di Mazzacurati. A Cortina, infine, c’è una matrimoniale pagata al Grand Hotel con piscina. Una seconda camera in “un alberghetto” viene prenotata per Gerardo, l’autista.
Corrado Zunino, la Repubblica 8/6/2014