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 2014  giugno 09 Lunedì calendario

NOTE PROTOCOLLO DI KYOTO/ DISCORSO VELTRONI PER LIBRO GAZZETTA

1. Il Protocollo di Kyoto
Il Protocollo di Kyoto è un trattato internazionale sottoscritto nella città giapponese di Kyoto l’11 dicembre 1997 da più di 160 paesi in occasione della Terza Conferenza delle Parti (Cop3) della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici e il riscaldamento globale. È entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica da parte della Russia. Il trattato prevedeva l’obbligo dei paesi industrializzati di ridurre nel periodo 2008-2012 le emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio e altri cinque gas serra, precisamente metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoro di zolfo) in una misura non inferiore al 5,2% rispetto a quelle registrate nel 1990, considerato come anno base (ogni Paese aderente si è dato un obiettivo non inferiore al 5,2%). Perché il trattato potesse entrare in vigore, doveva essere ratificato da non meno di 55 nazioni firmatarie produttrici di almeno il 55% delle emissioni inquinanti, condizione raggiunta solo con l’adesione della Russia, a cui si deve circa il 17% delle emissioni totali. Il mondo immette
6.000 Mt di CO2, 3.000 dai Paesi industrializzati e 3.000 da quelli in via di sviluppo, per cui con Kyoto dovrebbe immetterne 5.850 anziché 6.000, sul totale di 3 milioni. Dato l’elevatissimo costo della riduzione, è facile comprendere perché il protocollo non abbia raggiunto grandi adesioni. Tra i paesi non aderenti ci sono innanzitutto gli Stati Uniti responsabili del 36% del totale delle emissioni.
L’Italia ha sottoscritto un obiettivo di riduzione emissiva del -6,5%. Secondo il Rapporto “Italian Greenhouse Gas Inventory” – Ispra 2011 nel 2009 le emissioni italiane totali dei sei gas serra sono diminuite del 5,4% rispetto ai livelli del 1990.

A dicembre 2012 alla Conferenza di Doha, in Quatar (Cop 18), è stato approvato un documento finale (“Doha climate gateway”) che si costituisce come una specie di “ponte” che dovrebbe far passare dal vecchio sistema di contrasto al climate change basato sul Protocollo di Kyoto (e sui suoi impegni vincolanti), al nuovo sistema “Kyoto 2″ basato in buona parte su obiettivi meno vincolanti (e comunque non ancora definito a livello di contenuti).
Ad oggi sono usciti dal Protocollo Giappone, Nuova Zelanda, Canada e Russia: il nuovo Kyoto 2 copre quindi solo il 15% circa delle emissioni di gas serra globali, con Unione Europea, Australia, Norvegia e Svizzera al primo posto. Il rimanente 85% delle emissioni (comprese quelle di Usa e Cina), saranno gestite all’interno del percorso negoziale definito alla Cop 17 di Durban nel dicembre 2011, in cui si prospetta un regime “pledge and review”, ossia di impegni non vincolanti ma volontari, da verificare collettivamente.

La direttiva europea Emission Trading
Con l’emanazione della direttiva 2003/87/CE dell’ottobre 2003 il Parlamento e il Consiglio europeo hanno istituito un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (denominato Emission Trading System o Ets), per promuovere la riduzione di emissioni «secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica». Tale direttiva ha infatti previsto l’istituzione di un mercato delle emissioni su scala europea. Sinteticamente, il sistema europeo di Emission Trading prevede la fissazione di un limite massimo (cap) alle emissioni realizzate dagli impianti industriali che ricadono nel campo di applicazione dalla Direttiva, attraverso un Piano Nazionale di Allocazione (Pna) nel quale viene assegnato un certo numero di quote di emissioni a ciascun impianto che rientri nelle categorie previste dalla direttiva. Ciascuna quota attribuisce il diritto ad emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente in atmosfera nel corso dell’anno di riferimento o successivo. A partire dal 1° gennaio 2005, gli impianti hanno potuto esercitare la propria attività solo se muniti di un’apposita autorizzazione ad emettere gas serra rilasciata dall’autorità competente
Tale direttiva europea è stata successivamente integrata dalla direttiva 2004/101/CE, che ha riconosciuto i meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto (Joint Implementation e Clean Development Mechanism) all’interno dell’Ets, stabilendo la validità dei crediti di emissione (ottenuti grazie all’attuazione di progetti) per rispondere agli obblighi di riduzione delle emissioni.