Paolo Siepi, ItaliaOggi 7/6/2014, 7 giugno 2014
PERISCOPIO
Dice Renzi che «il problema sono i ladri». Se ho letto bene le cronache, mi sembrano un problema pure le guardie. Maurizio Crippa.
I sondaggisti esultano il giorno dopo la vittoria di Assad alle elezioni in Siria con l’88% dei voti. Questa l’avevano prevista. Il rompi-spread. MF.
«Alza il culo e vieni qua», così Claudia Minitullo, formalmente dattilografa dell’ex presidente Fi della Regione Veneto, Giancarlo Galan, si rivolgeva all’assessore regionale Renato Chisso. Gian Antonio Stella. Corsera.
Sono un liberale, libertario e libertino, nel senso settecentesco del termine. Giancarlo Galan. AdnKronos.
Il pubblico ministero che ha indagato e chiesto gli arresti (Carlo Nordio) è un signore che, a differenza dei suoi simili, prima di arrestare un povero cristo si farebbe tagliare le mani. Odia la giustizia spettacolo. Subito dopo gli arresti ha detto: «In Italia le corruzioni continuano perché le leggi sono troppo complesse e farraginose. A nulla serve aumentare le pene e inventarsi nuovi reati. Siamo un paese in cui non si può fare nulla. Un bar non può mettere un’insegna, un artigiano non può assumere un apprendista, un ragazzo non può fare un lavoretto, un’impresa un capannone. O meglio, tutto si può fare: ma dopo una giungla burocratica e autorizzativa». Nicola Porro. il Giornale.
Se Raffaele Fitto, Fi, certo innocente per legge fino alla sentenza della Cassazione, ma con addosso quattro anni di condanna in primo grado per corruzione, è il più votato alle europee dopo la Bonafè, beh, questa società civile che vota in questo modo, in questo stesso modo, si definisce, si qualifica. Goffredo Buccini. Corsera.
Bastava candidare gente seria e normale, fuori dal solito lombrosario, come a Venezia, dove il professor Giorgio Orsoni è riuscito addirittura a rimpicciolire Brunetta. Marco Travaglio, il Fatto, 31 maggio 2010.
Il neo-sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, è portato al dialogo e alla riflessione pacata. Uno che non alza mai la voce. E proprio la sua tranquillità, la sua campagna elettorale che è sembrata persino sottotono, tanto è stata sobria, ha prevalso, nella scelta degli elettori, rispetto alla campagna arrembante del ministro faso-tutto-mi. Repubblica, 30 maggio 2010.
Nel sito internet del Pd la biografia di Giorgio Orsoni appare sotto un titolo che è tutto un programma: «Buone mani». Orsoni il cattolico, il moderato, il pacato, il senza tessere, l’avvocato della cause vinte. La barba bianca garantiva la saggezza, gli occhiali la preparazione, la fronte alta l’esperienza. Un doge sobrio e democratico, del giro prodiano. E chi si aspettava le manette per un sindaco del genere? Stefano Filippi. Il Giornale.
Dunque, secondo Luca Lotti, sottosegretario a Palazzo Chigi e fedelissimo di Renzi, Giorgio Orsoni «non è iscritto al Pd, non ha tessera, è un sindaco indipendente e il Pd, che lo sostiene in consiglio comunale a Venezia, non significa che rubi. L’accostamento tra il Pd e un capo d’accusa personale lo trovo alquanto forzato». Fantastico. Dunque, siccome Greganti, arrestato per le tangenti Expo era iscritto al Pd dal 2011, ciò significa che il Pd rubava per Expo. Siccome, poi, fra i 35 arrestati a Venezia, c’è anche Giampietro Marchese, iscritto al Pd ed ex vicepresidente del Consiglio regionale, accusato di aver intascato mazzette per mezzo milione in otto anni fino al 2013, vuol dire che il Pd rubava anche sul Mose. Resta da capire quale sia la differenza fra il Pd e Forza Italia, anche perché, all’arresto di Scajola per la latitanza di Matacena, Berlusconi fece sapere che «questo Matacena non me lo ricordo proprio» e «Scajola si era allontanato da tempo dal partito» che, dunque, non c’entrava. Marco Travaglio. Il Fatto.
Mettevi nei suoi panni: lui, l’indomito Piero Sansonetti, già condirettore dell’Unità, già direttore di Liberazione, già direttore de Gli Altri, già direttore di Calabria Ora, mentre la notizia degli arresti a Venezia faceva il giro del mondo, lui presentava a Roma la sua nuova testata: il Garantista. E ciò avveniva nel giorno dello scandalo delle mazzette del Mose, un po’ come presentare L’elogio dell’Islam l’11 settembre 2001. Elisabetta Ambrosi. Il Fatto.
Nel gioco dei veleni e dei retroscena, il sospetto è che la banda dei quattro di Palazzo Grazioli (Pascale e Rossi, Toti e il barboncino Dudù) faccia tutto per costringere Fitto e i fittiani al passo d’addio. Il Fatto.
Come presidente della Confindustria, Gianni Agnelli inaugurò la sciagurata stagione del consociativismo, preoccupandosi soltanto di compiacere il suo principale antagonista, l’uomo dalla pipa in bocca, alias Luciano Lama, segretario generale della Cgil. Sperava così di riportare la tranquillità nelle sue fabbriche, dove ormai si contavano più terroristi che operai. Ne scaturì l’altrettanto sciagurato accordo sulla scala mobile, che modificò il meccanismo d’indicizzazione dei salari e abolì la differenziazione fra le categorie. A ogni punto d’incremento del costo della vita corrispondeva un tot mensile in busta paga, il famoso scatto di contingenza, uguale per tutti, fossero medici o facchini. Risultato: inflazione alle stelle. Se Bettino Craxi, divenuto premier, non ci avesse messo una pezza, tagliando tre punti di scala mobile e sconfiggendo alle urne nel 1985 la Cgil che aveva imposto un referendum abrogativo in materia, l’Italia, grazie al duo Agnelli-Lama, avrebbe fatto la fine dell’Argentina. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.
C’è tutta una trafila, a Roma, per il quattrinaro che vuol essere ammesso in società. In principio prova alla Caccia, e gli dicono di no; agli Scacchi, pure. Al Golfo sono più larghi, ma ogni tanto si impuntano anche loro. In quel caso si ripiega sul tennis Parioli. Se poi rifiuta anche il Parioli, allora non rimane che l’Azione cattolica. Enrico Vanzina. il Messaggero.
La notte fra il 24 e il 25 dicembre, Sigrid terrà una cena delle beffe a Merano. Se anche voi volete fare un salto, poi si torna insieme. Si può anche ridurre le macchine. Insomma una festa per chi non ha altro da fare. Il ritorno è molto bello, soprattutto se c’è la luna. Alle tre di notte, con 13 gradi sotto zero, tre ore di macchina, dopo aver mangiato 13 chili di roba e aver bevuto tre litri di sgnappe, sai che goduria. Luigi Serravalli, critico d’arte e scrittore.
Prati di smeraldo di Tucul Dinghià avvolgono ruscelli d’acqua fresca e cristallina. Una Svizzera non profanata dagli albergatori, dagli architetti, dai pasticceri. Catene di monti come ondate in rincorsa, sempre di colore diverso, blu, violetto, grigio pallido: la più lontana è un velo leggero che si perde nel fondo del cielo. Paolo Caccia Dominioni, Ascari K7 1935-36. Longanesi.
La mia sola speranza è di poter lavorare fino all’ultimo giorno. Enzo Ferrari. Il Fatto quotidiano.
A una donna chiedo solo di non trattarmi come suo marito. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 7/6/2014