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 2014  giugno 07 Sabato calendario

LE ALTRE PARTITE DI AGNELLI


Purché non si tratti di start up del settore hi-tech o casi conclamati di turnaround, va bene tutto. Così si muove, come un fondo di private equity puro, la Lamse dei fratelli Andrea (51%) e Anna (49%) Agnelli, figli di Umberto, del quale poche settimane fa si è ricordato il decimo anniversario dalla scomparsa (27 maggio 2004) con un evento pubblico celebrato al Sestriere.
Per capirlo basta sondare il portafoglio di investimenti, industriali e finanziari, che dal 2007 contraddistingue questa piccola (20 milioni di patrimonio) boutique d’investimento gestita da uno staff coordinato da Francesco Roncaglio e che, anno dopo anno, compie passi più impegnativi. Come dimostrano le operazioni messe a segno nel 2013, soprattutto nella seconda parte dell’anno e quelle definite in questi primi mesi di 2014. A partire dall’investimento da quasi 4 milioni nel capitale del tour operator online BravoflyRumbo group, che si è quotato a maggio in Svizzera. La quota dell’1,7% a pochi mesi dall’ipo sta registrando un guadagno implicito del 110%, visto che l’azienda della società dal dna totalmente italiano oggi trattano a 39,65 franchi svizzeri contro i 19 franchi spesi nel giugno 2013. Operazione fatta in parte (2 milioni) con l’incasso derivante dalla cessione delle azioni della quotata Made in Italy 1, che ha fruttato un incasso di 4 milioni, 2 dei quali andati a estinguere il finanziamento bancario acceso per l’acquisto dei titoli della spac presente a Piazza Affari. Il cambio di rotta, o meglio il riposizionamento, si nota anche nelle scelte di dismissione e razionalizzazione degli investimenti. La partecipazione del 5,25% nella piccola Lucos Alternative Energies (fatturato 2013 di 488 mila euro ed ebitda negativo per 68 mila euro) sarà girata a breve al socio di riferimento, Terni Energia (70%), in base agli accordi di put&call previsti. Mentre la Add Editore, nata nel febbraio 2010 per iniziativa di Andrea Agnelli, Davide Dileo, fondatore dei Subsonica e più noto come Boosta, e del giornalista e scrittore Michele Dalai (gestisce il ramo d’azienda Baldini & Castoldi, nata sulle ceneri del fallimento della Baldini, Castoldi & Dalai) va ripensata. Oppure dismessa, visto che a fronte di ricavi per 199 milioni a fine 2013 presentava un rosso di 475 mila euro.
Ora le grandi sfide di Lamse si concentreranno nel campo della moda e del retail di lusso, in quello dei servizi per l’energia e in quello assicurativo. L’operazione di maggior appeal mediatico è relativa all’ingresso nel capitale (anticipato da MF-Milano Finanza il 15 aprile) dello storico megastore londinese Liberty. La holding del presidente della Juventus ha messo sul piatto 5,38 milioni per rilevare il 4,5% della società (valutata 120 milioni) che dal 1880 possiede un palazzo da 70 mila metri quadrati nel cuore della capitale inglese nell’area compresa tra Regent Street e Carnaby Street. La scelta di investire in questo progetto è stato deciso di comune accordo con la Bluegem Capital, il fondo di Marco Capello della quale la Lamse è uno dei sostenitori della prima ora (Andrea Agnelli siede nell’advisory board), tanto che anche a gennaio ha sottoscritto titoli di nuova emissione di due veicoli di diritto lussemburghese che fanno capo al fondo basato a Londra e dal quale a fine dicembre ha incassato 7,3 milioni. Bluegem è il primo azionista di Liberty, che l’anno scorso ha registrato un giro d’affari di 124,4 milioni di sterline con un mol di 18,19 milioni e ora con l’alleato Lamse vuole esportare il marchio Liberty of London (abbigliamento e accessori) in giro per il mondo, dagli Usa al Far East senza trascurare i mercati nordafricani. Una via sarà quella dello sviluppo della produzione di tessuti, che già oggi garantiscono alla società 40 milioni di sterline di ricavi. Il gruppo londinese nei mesi scorsi ha rilevato il 65% della varesina Stamperia Olonia, deal che ha visto coinvolta la stessa Lamse, oggi indirettamente al 15%. Questa sarà la base produttiva per incrementare la produzione e la stampa di tessuti in un mercato che sta andando verso una selezione naturale dei player: basti dire che dalle circa 500 stamperie presenti in Italia nel 2000, ne sono rimaste in vita 40-50.
L’altra linea di crescita della holding torinese è rappresentata dalla compagnia di assicurazioni Nobis, partecipata al 23% e controllata dal gruppo Intergea (distribuzione nel settore automotive). La grande sfida in questo senso è rappresentata dall’apertura al mercato del ramo danni dopo che l’Ivass lo scorso aprile ha concesso l’autorizzazione (richiesta due anni e mezzo prima) a lanciare polizze rc auto. Con questa opzione i soci di Nobis puntano a far lievitare il giro d’affari dagli attuali 10 milioni ai 50-100 milioni dei piano triennale. Infine, per non abbandonare l’energia è stato creato il Fondo italiano per l’efficienza energetica, destinato a investire in progetti, pubblici e privati, di illuminazione e riscaldamento. Il target di raccolta è stato fissato in 150 milioni. Dalla Bei ne sono già arrivati 25 milioni. Gli altri saranno trovati attraverso il fund raising appena partito e rivolto a fondi pensione, assicurazioni e investitori istituzionali.

Andrea Montanari, MilanoFinanza 7/6/2014