Manuel Follis, MilanoFinanza 7/6/2014, 7 giugno 2014
GRANDI OPERE, SARÀ CAOS?
A poche settimane di distanza prima un terremoto giudiziario ha colpito Expo 2015, poi una seconda inchiesta ha scosso le fondamenta del progetto infrastrutturale Mose: 7 arresti nel primo caso e ben 35 nel secondo, ma più che altro un terribile colpo che preoccupa in vista della realizzazione delle opere (oltre che d’immagine).
Il tema è chiaro, le grandi opere in Italia fanno sempre più fatica a decollare e quasi matematicamente finiscono nel mirino della magistratura. Come sempre ci sono dei distinguo da fare, perché Mose ed Expo sono due progetti importanti ma anche molto diversi tra loro. Il Mose (o Modulo Sperimentale Elettromeccanico) è un sistema di dighe ultratecnologico, progettato per difendere le città lagunari, come Venezia e Chioggia, dal pericolo dell’acqua alta; Expo 2015, invece, è un’esposizione universale che si tiene ogni cinque anni, che avrà come tema Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita, che ha già ottenuto l’adesione da 147 partecipanti ufficiali e realizzerà un sito espositivo su una superficie di un milione di metri quadri per ospitare gli oltre 20 milioni di visitatori.
I freddi numeri delle due opere sono poco comparabili. Nel primo caso si tratta della realizzazione di un’infrastruttura permanente, e non a caso, come si evince dal bilancio 2013, l’attivo patrimoniale del progetto è di oltre 6,3 miliardi, la gran parte (6,19 miliardi) riferibile ai lavori in corso del cantiere che proprio l’anno scorso ha avuto una importante accelerazione (quasi 600 milioni il controvalore).
Non solo, ma nel corso del 2013 è arrivata un’importante erogazione a medio-lungo termine (438 milioni) da parte della Banca Europea per gli Investimenti (Bei), a fronte del finanziamento da 500 milioni sottoscritto dal Consorzio all’inizio dello scorso anno. Questa nuova iniezione di capitali ha fatto impennare la posizione finanziaria netta negativa passata da un saldo di -45,3 milioni del 2012 a -443,5 milioni del 2013. Expo 2015 ha invece un bilancio molto più contenuto e tra l’altro composto da variabili diverse. Tanto per cominciare la manifestazione durerà solo sei mesi (dal 1 maggio al 31 ottobre 2015), non sono previsti finanziamenti bancari (come si evince dal bilancio 2012, l’unico disponibile), mentre le fonti di ricavo sono sostanzialmente tre: il contributo erogato dai soci (tutti pubblici, con il governo a fare la parte del leone) pari a 333 milioni, i proventi derivanti dagli sponsor (che dovrebbero aggirarsi intorno ad altri 350 milioni) e il ricavato della vendita dei biglietti di ingresso. I padiglioni, invece, saranno a carico dei Paesi partecipanti che si stima spenderanno circa 1 miliardo per l’allestimento dei rispettivi spazi espositivi. Il totale dell’attivo di Expo 2015 alla fine è di 320 milioni, di cui 186 sono depositi bancari e postali. Gli unici dati disponibili relativi al 2013 sono quelli legati all’approvazione del bilancio da parte del cda della società di gestione. Lo scorso esercizio si è chiuso con una perdita di 7,4 milioni (contro un rosso atteso di 23), con costi pari a 74,5 milioni e ricavi per 67,1 milioni (di cui 49 arrivano da partner e sponsor).
Se è vero che l’esposizione dura sei mesi, ci si interroga su quello che resterà su quelle aree dopo che l’evento sarà terminato. Arexpo (la società proprietaria dei terreni) presenterà entro il 13 giugno l’offerta alla Rai per l’insediamento di una nuova sede nel sito Expo e siccome si tratta di un’area di 100 ettari, potenzialmente ci sarebbe lo spazio per la costruzione di uno stadio e, più in generale, di una città dello sport che coesisterebbe con la nuova sede di Saxa Rubra.
Progetti, appalti, molti lavoratori coinvolti (sono circa 120 nel Mose e 150 in Expo), ma anche la sgradevole sensazione che non si riescano a portare a termine progetti di ampio respiro, senza che qualche intoppo freni il percorso. I mali che affliggono le grandi opere, che ad esempio hanno praticamente fatto sparire le operazioni legate al project financing come quelle autostradali, sono noti. Le procedure sono troppo complesse con normative stratificate e inutilmente duplicate rispetto a quella Ue. Il tutto spesso si abbina a un apparato burocratico terribilmente pesante e spesso poco competente, con tempi di autorizzazione e di gestione biblici e imprevedibili che finiscono per diventare anche poco lineari. Terreno fertile per chi maneggia affari poco trasparenti (e a volte illegali), un male pericoloso e aggiuntivo che conduce alla fine l’intervento della magistratura, chiamata ora a verificare i capi dei imputazione. Di fatto, però, la tesi più attuale è quella del premier Matteo Renzi, secondo cui «le regole ci sono, il problema sono i ladri». In Expo, dopo l’ultima bufera giudiziaria e l’arresto del direttore degli appalti, Angelo Paris, è appena stato nominato Raffaele Cantone che sarà commissario straordinario anticorruzione all’Expo 2015 e che dovrebbe fare da garante fino alla realizzazione della manifestazione, anche se non è ancora stato varato («Arriverà a breve, già dalla prossima settimana», ha annunciato il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi) il decreto che conferirà maggiori poteri a Cantone.
Il rischio, sempre presente, è che le opere non si facciano. Nel caso del Mose, è già stato portato a termine l’80% dell’infrastruttura e la consegna finale è prevista per il 2016, ma adesso la preoccupazione è che vengano congelati i conti per le indagini in corso. Che cosa c’è in ballo? Il rimborso dei crediti bancari. l’approvazione del bilancio. «Al fine di mitigare la situazione di squilibrio finanziario», si legge nella relazione di bilancio del Consorzio Venezia Nuova (azionista di riferimento del Mose), «la società ha sottoscritto il 17 dicembre un finanziamento ponte da 100 milioni con Unicredit che ha consentito di superare il periodo novembre 2013 (data dell’ultima erogazione del primo contratto con la Bei) al febbraio 2014». Perché poi, proprio a metà dello scorso febbraio, è stato sottoscritto un nuovo contratto con la Bei «che mette a disposizione 200 milioni». Il rimborso del capitale prestato nel corso di quest’anno, conclude la nota firmata da Mauro Fabris, presidente del consiglio direttivo del Consorzio, «verrà effettuato nei prossimi tre anni». Indagini permettendo.
Manuel Follis, MilanoFinanza 7/6/2014