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 2014  giugno 06 Venerdì calendario

NEL GRANDE GULAG DEL LEADER SUPREMO


Tokyo. L’inferno c’è, e non è vuoto come sosteneva l’erudito teologo svizzero Hans U. von Balthazar; anzi è affollato. Ci vivono e soffrono circa 25 milioni di persone: si chiama Choson Miminjujuùi Inmin Konghwaguk o Repubblica Popolare Democratica di Corea, (DPRK). O, come è meglio conosciuta nel mondo, Corea del Nord. Ben più terrorizzante di quello dantesco è lo spaccato di un inferno terrestre che emerge dall’agghiacciante rapporto di oltre 400 pagine che una commissione di indagine delle Nazioni Unite ha reso pubblico recentemente, dopo oltre un anno di lavoro. È un catalogo di crimini contro l’umanità impunemente commessi nel passato e nel presente nella Corea del Nord. «Stragi, schiavitù, assassini, torture, prigionie, stupri, aborti forzati; persecuzioni religiose, politiche, razziali, di genere; esodi forzati di popolazioni, scomparsa di persone, rapimenti, disumane carestie cinicamente pianificate», elenca il rapporto e lancia un appello alla comunità internazionale affinché intervenga subito per portare davanti alla Corte Penale Internazionale dell’Aia, i responsabili di questa sistematica violazione dei diritti umani.
«La gravità, la vastità e il numero di queste violazioni è senza paragoni in qualsiasi altra nazione», afferma la Commissione creata nel marzo 2013 dal Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani e affidata alla direzione del giudice australiano Michael Kirby, con l’assistenza dell’attivista serba Sonja Biserko e dell’indonesiano Marzuki Darusman. «Abbiamo saputo di gente comune che è stata torturata ed imprigionata solo perché trovata a vedere una soap opera straniera o perché professava una fede religiosa», ha dichiarato Kirby. «Donne e uomini che hanno esercitato il loro basilare diritto di lasciare il Paese per cercare più umane condizioni di vita sono stati fatti rimpatriare con la forza, torturati, stuprati, tenuti arbitrariamente in prigione».
La lettura del rapporto della Commissione fa drizzare i capelli. I superstiti e testimoni hanno raccontato che i prigionieri politici rinchiusi, spesso assieme ai loro famigliari, nei numerosi campi di detenzione sono ridotti a catturare serpenti e topi per avere qualcosa da mettere sotto i denti dei loro figli in procinto di morire di fame. Si legge nel rapporto che sono tra gli 80 mila ed i 120 mila i prigionieri politici rinchiusi nei quattro maggiori campi di lavoro penale del Paese, dove vengono deliberatamente lasciati morire di fame. Anche le prigioni ordinarie sono teatro di pesanti violazioni dei diritti umani. Il 3 maggio 2011 Amnesty International ha mostrato le immagini satellitari ad alta definizione dei campi di prigionia nord-coreani ed ha raccolto testimonianze di prigionieri politici e ex guardiani riusciti a fuggire da uno dei campi maggiori: quello di Yodok, nel nord-est. Secondo Jeong Kyoungil, ex detenuto in quel campo tra il 2000 e il 2003, circa il 40 per cento dei detenuti nella «zona rivoluzionaria di Yodok» è morto di fame.
Il rapporto della Commissione di indagine dell’Onu ha raccolto testimonianze che dimostrano come la libertà di pensiero, di religione, di coscienza, di associazione, di espressione, di informazione è praticamene nulla. Lo Stato ricorre ad una pesante ed ossessiva propaganda finalizzata ad ottenere un’obbedienza cieca nel Leader Supremo, incitando all’odio verso altre nazioni ed altri popoli.
Una rete strettissima di sorveglianza controlla ogni aspetto della vita privata dei cittadini. La minima manifestazione di dissenso, anche nell’intimità della casa tra membri della stessa famiglia, viene scoperta e duramente punita. Le delazioni vengono lodate come atti di patriottismo e ricompensate. Il sistema politico nordcoreano si regge su un apparato di sorveglianza politico-militare che ricorre strategicamente a coercizione, paura, punizioni che precludono ogni espressione critica verso l’apparato del potere.
Esecuzioni pubbliche e internamenti in campi per prigionieri politici da cui letteralmente si scompare sono i mezzi cinicamente usati dal sistema per terrorizzare e sottomettere la popolazione.
Afferma ancora il rapporto: «Le inenarrabili atrocità commesse contro i prigionieri nei kwanliso (i campi dove vengono rinchiusi i detenuti politici) ricordano gli orrori dei lager degli stati totalitari del XX secolo. Ma allora non si conosceva l’inimmaginabile profondità raggiunta dal male . Oggi invece è possibile sapere tutto. Non abbiamo scuse per non informare il mondo intero di quello che è successo e che continua a succedere in questo Paese nella più totale impunità.”
La società nordcoreana è articolata secondo la legge del songbun che divide la popolazione per classi, privilegiando quella militare, in un rigido sistema che stabilisce dove ciascuno deve vivere, dove lavorare, dove studiare ed anche chi deve sposare e cosa (e quanto) deve mangiare. Lo Stato non esita a confiscare il cibo alle classi inferiori per darlo a quelle ritenute più leali verso il regime.
Secondo il ministro Sud Coreano Lim Chang-ho, sono 51 le classi in cui sono organizzati i cittadini. Di gran lunga al di sopra di tutte, le prime tre, basate sulla lealtà alla famiglia Kim e al culto della personalità che impone il «Presidente Eterno» Kim il-sung; suo figlio, il «Caro Leader» Kim jong-il e il figlio di quest’ultimo, l’attuale «Leader Supremo» Kim jong-un, come uniche forme di venerazione ammesse nel Paese. Chiunque professi una religione o venga trovato in possesso di materiale religioso è classificato come ostile e viene emarginato come persona indegna. Secondo Chang-ho, in Corea del Nord sopravvivono circa 40mila cristiani. Nella classifica dell’organizzazione missionaria Open Doors, la Corea del Nord è attualmente il Paese con le più forti persecuzioni anticristiane nel mondo.
Il rapporto della Commissione rileva che anche durante le carestie più severe, il governo ha sempre dato la massima priorità alle spese militari, in particolare al costoso sviluppo del programma nucleare. Il 9 ottobre 2006 la Corea del Nord ha effettuato il suo primo test nucleare, diventando il nono Paese al mondo in possesso della bomba atomica. Nel 2009 si è appreso che la DPRK aveva trasformato in armi circa 30 chilogrammi di plutonio. Nello stesso anno ha effettuato con successo un secondo test atomico ed infine nel febbraio 2013 Pyongyang ha annunciato il pieno successo del suo terzo test, con una potenza tra i 10 ed i 20 kilotoni.
Kim Jong-un, nella sua qualità di «Comandante Supremo dell’Esercito del Popolo Coreano» e «Presidente della Commissione di Difesa Nazionale della Corea del Nord» è l’unico a decidere quale uso fare degli ordigni nucleari (ne possiede sei o sette, secondo i servizi segreti americani). Finora si è limitato ad usarli come efficaci ricatti per ottenere aiuti indispensabili alla sopravvivenza del suo popolo, ma il mondo intero si domanda con trepidazione cosa ne farà in futuro.
La Corea del nord ha un esercito di oltre un milione di uomini, la più alta percentuale al mondo di personale militare rispetto alla popolazione – 40 soldati arruolati ogni mille cittadini. Secondo l’agenzia Reuter che cita fonti sud-coreane, il bilancio militare nord-coreano assorbe oltre un terzo del prodotto nazionale lordo: circa 9 miliardi di dollari su un totale di 25. Una cifra scandalosa se raffrontata alla cronica malnutrizione del Paese. Nella grande carestia del 1990 morirono di fame oltre un milione di persone.
La fame spinge donne e ragazze a scappare in Cina per prostituirsi. Ma sono spesso catturate dalla polizia cinese e rimpatriate per affrontare dolorose persecuzioni, torture, lunghi ed arbitrari imprigionamenti e violenze sessuali. Le donne rimpatriate incinte sono costrette ad abortire e spesso anche gli altri figli vengono uccisi.
Per mantenere il mito di una Pyongyang «innocente e pura», si vieta il permesso di residenza nella capitale all’intera famiglia se anche un solo membro di essa si sia macchiato di un «crimine politico». Per la stessa ragione le torme di bambini di strada che, come cani randagi, dalla campagna migrano clandestinamente a Pyongyang e in altre città in disperata ricerca di cibo sono arrestati e rispediti nei loro villaggi dove vengono bollati come traditori. Secondo Amnesty International e Human Rights Watch, «la Corea del Nord è uno degli Stati più brutalizzati del mondo».
La Commissione calcola che siano almeno duecentomila gli adulti ed i bambini rapiti dai servizi segreti nord-coreani in Corea del Sud, in Giappone, in Cina, in Paesi mediorientali ed europei. Alcuni subiscono un drastico lavaggio del cervello e vengono rimandati nei Paesi di origine con missioni di spionaggio e di terrorismo. Altri vengono sfruttati per le loro conoscenze tecnologiche e scientifiche. Di molti altri non si sa più nulla.
Il governo nordcoreano ha ignorato le richieste di visto per visitare il Paese fatte dalla Commissione, ma il corposo rapporto è basato su quanto rivelato da centinaia di attendibili testimoni e di superstiti in interviste confidenziali e deposizioni pubbliche.
Arbitro assoluto della vita e della morte di chiunque in questa Repubblica che si dice democratica, ma che vive ostentatamente al di fuori di ogni regola di democrazia, è Kim jong-un, un uomo accusato dai media mondiali di non avere scrupoli per liberarsi degli avversari e consolidare il proprio potere assoluto. L’ultima sua vittima di cui si è avuto notizia, sarebbe stata suo cognato e primo consigliere, Jang Song Taek, giustiziato, secondo fonti sudcoreane, nel dicembre scorso.
Il giovane dittatore tuttavia riesce a barcamenarsi sulla scena mondiale sfruttando da una parte i suoi grandi alleati, Cina e Russia, ma anche Vietnam, Laos e Cambogia, e dall’altra ricattando il suoi vicini Corea del Sud e Giappone e le basi militari americane in questi Paesi, con ripetute minacce di colpirli con missili a testate atomiche; minacce che rientrano regolarmente dopo aver ottenuto sostanziosi aiuti economici.
La Commissione ha più volte sollecitato la DPRK ad inviare propri rappresentanti per intervenire direttamente alle udienze pubbliche sulle violazione dei diritti umani tenute a Seul, Tokyo, Londra e Washington, ma l’unica risposta ricevuta sono stati attacchi sferzanti contro le testimonianze, definite «calunnie emergenti dalla feccia umana». Ogni invito a produrre prove concrete per smentire i dati raccolti nel Rapporto della Commissione è caduto nel vuoto. Stesso destino ha avuto una lettera inviata dalla Commissione a Kim Jong-un cui è allegata la documentazione raccolta. Nella lettera viene anche precisato che la stessa documentazione è stata inviata a tutti gli organi dell’Onu ed al segretario generale, con la raccomandazione di trasmetterla alla Corte Penale Internazionale affinché venga istruito un processo contro il leader nord-coreano per crimini contro l’umanità.
Chi dimentica il passato è condannato a riviverlo, ha scritto Primo Levi. Potrebbe essere ancora più gravido di conseguenze ignorare il presente.

Silvio Piersanti, il Venerdì 6/6/2014