Loretta Napoleoni, il Venerdì 6/6/2014, 6 giugno 2014
L’ECONOMIA VIRTUALE DIFFICILISSIMA DA TASSARE
Il comune di New York ha citato in giudizio Airbnb, considerata uno dei pionieri dell’economia collaborativa perché permette di affittare la propria casa in 192 nazioni ai turisti per periodi brevi. L’accusa è la violazione di una legge che limita a 30 giorni la durata minima degli affitti degli appartamenti nella Grande Mela. Così Airbnb ha dovuto sbarazzarsi di 200 mila abitazioni ritenute «sospette». La storia non finisce qui, l’autorità giudiziaria sta indagano gran parte dei proprietari newyorkesi per verificare se costoro abbiano pagato le tasse imposte sui redditi prodotti dagli affitti.
Anche Uber, accessibile attraverso un’applicazione digitale grazie a cui i passeggeri vengono messi in contatto con macchine private che operano come taxi, è nel mirino dell’autorità giudiziaria newyorkese. A quanto pare molti autisti hanno infranto una delle regole cardinali del trasporto: i prezzi non possono variare a seconda della domanda. Più di una volta, durante giornate di piogge torrenziali a New York il costo delle corse si è quintuplicato.
Airbnb e Uber sono imprese a scopo di lucro, la prima è stata valutata 10 miliardi di dollari e la seconda 3, tant’è che Airbnb vuole espandere il suo orizzonte nell’industria delle vacanze. Sotto questo aspetto definirle pionieri dell’economia collaborativa può essere fuorviante. Piuttosto sono imprese che operano secondo i principi del capitalismo classico in un sistema economico nuovo perché virtuale, che tanto assomiglia al Wild West, poiché scarsamente regolato. Per evitare che si trasformi in una forza canaglia, anche l’economia della partecipazione, come quella tradizionale, ha bisogno di controlli.
Loretta Napoleoni, il Venerdì 6/6/2014