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 2014  giugno 08 Domenica calendario

OGNI INTERESSE SIA SUBORDINATO ALLA CONCORDIA NAZIONALE


L’assemblea Costituente è nata ieri alle 16 precise, con una semplicità che l’apparato d’onore non è riuscito a rendere solenne. Tutto si è svolto in un’aria quasi dimessa, in un’atmosfera di gentile onestà che se riflettesse il nuovo costume democratico, ci sarebbe da andarne lieti.
Mezz’ora prima dell’apertura, l’aula comincia a riempirsi: appaiono i primi deputati. Le tribune già tutte gremitissime (i biglietti d’accesso erano esauriti già venerdì sera!), e i malcapitati che non hanno avuto la fortuna di ottenere un posto a sedere, dovranno assistere alla seduta, alzandosi sulle punte dei piedi se vorranno vedere qualche cosa, giù nell’aula.
Uno degli episodi più attesi, perché nuovo nella storia parlamentare d’Italia, era l’entrata delle coppie Togliatti, Spano, Longo, Jervolino e Cingolani. Qualcuno avrebbe amato assistere a un ingresso collettivo una spettacolare entrée d’ensemble, con i mariti a braccio delle mogli. Delusione: questi arrivi si sono appena notati. I comunisti entrano in gruppo e vanno ad occupare silenziosamente e disciplinatamente i loro posti.
I qualunquisti entrano con uguale inquadramento. Ah, voi credevate che fossero uomini gioviali, ottime forchette nei banchetti nuziali, irresistibili narratori di barzellette! Niente di tutto questo: hanno compiuto il loro ingresso quasi militarescamente. Nella tribuna diplomatica affollatissima in tenuta di un bianco immacolato, Stone. Mancano cinque minuti alle quattro: entrano i ministri e i sottosegretari. De Gasperi in elegante completo grigio da pomeriggio prende posto al centro. In questi ultimi tempi si è «fatto un viso» che non aveva: appare grave, preoccupato, quasi duro. Bonomi gli era stato vicino fino a pochi minuti prima.
Scoccano le quattro quando Orlando, con il suo incredibile piglio bersaglieresco, entra nell’aula, sale d’un balzo la scaletta del banco della presidenza e appare lassù quasi di scatto. L’assemblea sorge in piedi e, si potrebbe dire, gli è addosso con una calda cordialissima ovazione. Per un verso o per l’altro, tutti riconoscono in lui una riserva eccezionale di spirito patriottico, una garanzia di italianità sentita come forza che continua a svolgersi nella storia. Mentre la manifestazione dura si ode gridare dai banchi comunisti: «viva la Repubblica!» e il grido è coperto da un nuovo scroscio di applausi che dilaga dalle sinistre al centro, mentre da destra si risponde con «viva l’Italia!». Una prima schermaglia cortese che piace a tutti e che dà un simpatico tono alla prima seduta della Costituente.
UNA GRANDE PROVA Entrando ieri nella fastosa e gremita aula di Montecitorio, ci sovvenne con pari reverenza il ricordo della disadorna sala di «Palazzo Carignano, ove or è un secolo circa, un centinaio di deputati si adunavano per la prima seduta del Subalpino. E pensammo all’amaro destino di questo nostro popolo convocato non per celebrare una apoteosi, bensì per arginare disperatamente una catastrofe. Si trattava allora di fare l’talìa, oggi di rifarla dopo che un ciclone demoniaco ha avvolto nella sua rapina tutto quanto di nobile e di grande quei nostri predecessori iniziarono e le generazioni seguenti compirono. Ora, però, come in qull’anno lontano noi sentiamo che la stessa febbre alimenterà la grande fatica, diretta a restituire alla Patria un volto di vera civiltà democratica. A tal fine la Costituente deve anzitutto liberare il Paese di quel ciarpame di leggi eccezionali e di tribunali speciali, che ancora imbrattano la nostra legislazione e che sono in netto contrasto con il recente atto di clemenza, riconducendo gli istituti penali nell’orbita dell’unità della giurisdizione e della assoluta imparzialità del precetto legale. Sentì la Costituente di Francia la necessità politica e morale di premettere ai suoi lavori il ripudio di odiosi privilegi e di infami abusi ed ebbe il suo 4 agosto ’89; ponga anche la Costituente italiana la propria opera sotto l’auspicio di un lavacro il quale sciolga le ultime scorie che attossicano la libertà dei cittadni. Un tal gesto implicherebbe fra l’altro, senza farsi ricorso ad ampollose proclamazioni di diritti naturali ed umani, la riaffermazione di quel principio liberale ed eterno che ogni altro in sè racchiude: l’uguaglianza dell’impero della legge.
Va riconosciuto che la singolare Assemblea si aduna in clima di profondo rivolgimento politico e sociale fenomeno del resto comune a tutte le grandi convocazioni di popolo. Lo stesso concetto storico di «costituzione» esprime il significato di opposizione e di abbattimento di ordinamenti del passato per una ragione di progresso democratico. Rivoluzionario, sovrano ed immane è dunque innegabilmente il compito della Costituente.
Ma per affrontare siffatta responsabilità occorre che essa sgomberi la strada dagli errori, dai pregiudizi e dagli equivoci che si addensano sulla portata della sua competenza e dei suoi poteri.
La legge del giugno ’4 anche se non ha precisato, come si era fatta con la mozione Pareto del 1848, che unico mandato della Costituente è quello di stabilire le basi e le forme del nuovo Stato italiano, in realtà ha limitato a tale compito i poteri dell’Assemblea, riservando al governo la normale funzione legislativa. D’altra parte, derivando il ministero ogni autorità dall’Assemblea perché soltanto verso di questa responsabile la Costituente eserciterà in fatto un potere di critica, di controllo e di giudizio. Ma una distinzione (anche se non una separazione) di funzioni deve tuttavia concordarsi ed attuarsi fin dall’inizio fra i due massimi organi politici dello Stato, affinchè il governo abbia libero il cammino per la propria azione e la Costituente piena ed esclusiva l’iniziativa del suo lavoro. Ecco perché pensiamo che il ministero della Costituente potrebbe proprio oggi consi derare esaurito il suo compito.
È certo ancora che le imponenti masse elettorali hanno espresso nei comizi in forma integrale il loro orientamento dimostrando di aspirare ad un profondo rinnovamento di costume e di istituti, pur senza condannare quelle tradizioni che sono segni di italica civiltà. E però nel suo stesso contenuto essenziale la sovranità della Costituente si concreta soprattutto nella capacità funzionale di tradurre in concrete norme le direttive del popolo, sovrano veramente primario. Ed il popolo ha inteso chiaramente escludere l’adozione di tipi di Repubblica estranei al nostro sentimento. Ne pensiamo, nonostante gli autorevoli accenni di Orlando, che la Costituente possa elaborare un sistema istituzionale in cui i partiti assumano posizione di natura giuridica e costituzionale oltre che politica senza contenere entro limiti ristrettissimi tale possibilità, perché - se non si vuol disgregare l’unità organica del popolo e dello Stato - sarà sempre nell’agone parlamentare che i partiti dovranno essere chiamati a cimentarsi per esprimere quella maggioranza parlamentare, che è sola fonte di legittimo governo. (...)
Giuseppe Schirò