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 2014  giugno 08 Domenica calendario

SEGRETO DI STATO SULLE SPESE DI RENZI


La soluzione ideale di Matteo Renzi per combattere la corruzione? «Trasparenza, trasparenza, trasparenza». Prima cosa da fare dopo che è scoppiato lo scandalo dell’Expo? «Trasparenza, mettere on line tutti gli appalti». È una vera e propria fissa per il premier. Fin dal primo giorno. «Dobbiamo avere il coraggio», disse nel discorso per chiedere la fiducia in Senato il 24 febbraio scorso, «di far emergere in modo netto, chiaro ed evidente che ogni centesimo speso dalla P.A. debba essere visibile online da parte di tutti. Questo significa un meccanismo rivoluzionario per cui ogni cittadino può verificare giorno dopo giorno ogni gesto che fa il proprio rappresentante». Trasparenza. Tanto importante che Renzi la usò come minaccia nei confronti degli enti locali il 18 aprile scorso: «Tutte le spese degli enti locali», twittò, «e anche di quelli centrali online entro 60 giorni. La previsione di legge già c’era ma non era sanzionata. Ora se il singolo comune non mi dà tutti i dati, noi riduciamo i trasferimenti».
Una religione, quella della trasparenza. Per tutti. Meno uno: Renzi. Perché da quando è arrivato lui a Palazzo Chigi è accaduto l’esatto contrario. Fino alla fine del mese di gennaio 2014 tutti gli appalti della presidenza del Consiglio dei ministri erano davvero trasparenti. Uno per uno inseriti (magari con qualche ritardo) nel sito Internet www.governo.it in un’apposita sezione. Tutte le gare, tutti i contratti. Prima il bando, poi la notizia delle imprese o dei candidati che avevano concorso, poi la scelta motivata del vincitore, l’importo dell’appalto o della gara e in allegato in pdf il relativo contratto stipulato con l’amministrazione. Prima erano trasparenti, i cittadini potevano leggere anche i dettagli contrattuali, e giudicare. Chiunque poteva accedervi. Da quando c’è Renzi non è più così. Nessun testo di contratto, che riguardi una fornitura di una impresa, una convenzione con una associazione, una prestazione professionale, è più disponibile sul sito. Un po’ di trasparenza c’è, a singhiozzo. Il governo pubblica infatti una scarna tabella di tanto in tanto aggiornata con solo i titoli di quel che è avvenuto: dipartimento o amministrazione interna che ha stipulato il contratto, data della gara, vincitore, importo della prestazione (di cui non è noto nulla, né sulla quantità né sulla durata), data di inserimento sul sito internet della presidenza del Consiglio. Non si capisce nulla, e non si può più giudicare nulla. Di fatto sono diventati segretati tutti gli appalti e le forniture della presidenza del Consiglio.
Palazzo Chigi fino all’arrivo di Renzi era forse l’amministrazione pubblica più trasparente che esistesse. Anche a proprio rischio, tanto è che alcuni contratti lì inseriti hanno provocato polemiche. Grazie a quella documentazione proprio Libero aveva fatto una inchiesta accurata su tutte le forniture e le scelte di palazzo durante il governo guidato da Enrico Letta. Fu in quel caso ad esempio che leggemmo e ovviamente potemmo raccontare ai lettori della incredibile spesa di 25 mila euro ordinata nell’estate scorsa per rifare la poltrona del premier e le altre sedie per gli ospiti esistenti nel suo ufficio. Venticinquemila euro per un semplice cambio della tappezzeria su cui posare le onorevoli terga, e la cosa ovviamente fece scandalo. Scrisse a Libero fra i tanti un sindaco di un paesino del Sud allegando la foto della poltrona che aveva trovato al suo arrivo, quasi sventrata. Il comune non ave-
va soldi per ripararla, lui se l’era tenuta così e schiumava rabbia per quella spesa del premier italiano messa in conto ai contribuenti. Non portò fortuna a Letta, perché la poltrona nuova di fatto è stata inaugurata da Renzi. Che si è trovato pure le tende di studio rifatte. E gran parte delle suppellettili rinnovate senza badare a spese. Presi i nuovi beni, però, lui ha chiuso a chiave in cassaforte tutti i contratti futuri. Non potremo più sapere né come né quando lui dovesse sostituire scrivanie, risme di carta o altri arredi né per quale importo. Al massimo ci dirà che con tale fornitore ha stipulato un contratto da tot euro per acquisizione di arredi. Cioè nulla.
Con la vecchia trasparenza abbiamo potuto rivelare anche quante e quali bibite avevano riempito il bar dei ministri senza portafoglio grazie al nostro portafoglio, e quanto ciascuna era costata. Ora grazie a Renzi tutto è diventato riservato, quasi un segreto di Stato. Raccontammo quanti iPad e iPhone erano stati acquistati per ciascun ministro e collaboratore dipendente da Palazzo Chigi al momento di insediare il nuovo governo, e perfino quale era stato il contratto per ciascun apparecchio. Ora è mistero se li abbiano acquistati e a quale costo di funzionamento, perché i contratti sono stati tutti segretati. Raccontammo quanti kg di caffè si consumavano a Palazzo Chigi, e di quale marca, a quale prezzo. Potemmo rivelare il vezzo dell’allora ministro della Funzione Pubblica di rifornirsi direttamente dalla Lavazza per acquistare un certo numero trimestrale di capsule di caffè per la macchinetta personale, preferita a quello del bar interno che forse i commessi portavano un po’ freddo. Ora non sappiamo più nulla. Segreto quel che avviene nell’ufficio di Marianna Madia, segreta ogni fornitura in quello di Maria Elena Boschi. Nessuna notizia del tapis roulant che pare abbia fatto acquistare non si sa da chi e a quale prezzo lo stesso Renzi per la palestra interna che già esisteva a Palazzo Chigi. Segreta ogni fornitura per l’appartamento privato del premier utilizzato a pieno servizio. Una grande rivoluzione, come aveva annunciato Renzi. E infatti non pensavamo proprio di tornare con la trasparenza all’epoca di Giulio Andreotti a Palazzo Chigi. La rivoluzione è fatta: ci siamo tornati.