Renato Franco, Corriere della Sera 9/6/2014, 9 giugno 2014
PARAGONE: «LA MIA TV ANTISISTEMA È UN INNO AL DISORDINE»
Se le dicono che il suo talk show è ispirato ai peggiori bar di Caracas?
«Purtroppo, piaccia o no, è il bar Italia. Se l’Italia è diventata come Caracas è un problema di tutti».
Gianluigi Paragone è quello con l’orecchino, la chitarra e le scarpe da tennis che di mestiere non fa la rockstar, ma il conduttore tv. Conduce «La gabbia», mercoledì su La7, una media del 4,5% di share in linea con gli ascolti in prima serata della rete. Da lunedì a venerdì è invece su Radio 105, con «Benvenuti nella giungla».
Se le danno del populista?
«Rispondo con Dahrendorf: il populismo è la democrazia degli altri».
Era leghista, ha capito di aver sbagliato, ora pare grillino. È così?
«Leghista lo sono stato, grillino è il confine in cui tutti quelli che mi danno del populista stanno confinando il modo di fare opposizione. La mia è una trasmissione di rottura disordinata, io non ho le idee chiare, non è populismo, forse è anarchia, è il disordine che viene dal fatto che non riesco più a trovare un senso o un ordine a quello che sto vivendo. Quando ero leghista avevo un ordine, ma poi i conti non sono tornati. Il mio disordine è inquietudine».
Ha detto di rappresentare l’antisistema. È un modo per tirarsela? E poi in fondo la tv è sistema, no?
«Si gioca a forzare le cose, me la tiro di più quando penso di essere una rockstar piuttosto che quando dico che sono antisistema. La tv è sistema ma se tollera un po’ di antisistema vuol dire che ne accetta anche il suo opposto. Nessuno qui mi ha mai fatto una critica o un tentativo di censura anche quando abbiamo criticato il capo dello Stato».
Gli ospiti istituzionali le danno buca, non ci mettono piede nella sua trasmissione.
«C’è una politica che non regge due cose: lo stare in piedi (nella “Gabbia” non ci sono sedie per gli ospiti, ndr ), che è anche una prova fisica, e il linguaggio aggressivo delle persone arrabbiate, ma questo è un problema della politica che non sa più affrontare la piazza. Le uniche eccezioni sono Renzi e Grillo».
Si è parlato di crisi dei talk politici, poi gli ascolti si sono assestati. La sua lettura?
«Abbiamo sofferto la noia di alcuni politici. Dalla stagione berlusconiana che forniva materiale in continuazione siamo passati alla stagione un po’ più noiosa di Monti per arrivare a quella noiosamente tecnica di Letta: anche il racconto politico ne ha risentito. Oggi l’ottimismo contagioso di Renzi ha smosso le acque».
Un giudizio sulla concorrenza. Vespa?
«È quello della messa di Natale, si può farne a meno?».
Floris?
«È il nuovo Vespa, massimo rispetto per gli ascolti che fa, però viene elogiato perché ha risposto a muso duro a Renzi sulla Rai. Allora faccia il direttore generale della Rai».
Santoro?
«Fu un errore cacciarlo dalla Rai. Forse ora ha meno voglia di stare in video, vedo che si diverte di più a ideare nuovi progetti, si vede di più nei panni del grande costruttore di programmi televisivi».
Formigli?
«Forse è lui quello che sta facendo il talk istituzionale di La7. Ha fatto ottimi risultatati in una stagione difficile».
Telese?
«Aveva un compito non facile su una rete nuova, ha fatto il suo».
Giulia Innocenzi?
«Ha il packaging di Santoro, che non è male come punto di partenza».
Del Debbio?
«È un docente di filosofia capace di ragionamenti alti che scientemente gioca e si diverte a fare il pop».
Porro?
«È il conduttore ideale della Rai di Gubitosi, se io avessi fatto i suoi ascolti, mi avrebbero tolto il programma dopo due mesi».