Luigi Ferrarella, Corriere della Sera 9/6/2014, 9 giugno 2014
QUEI 7.800 MAGISTRATI ONORARI PRECARI, A COTTIMO E NECESSARI
Come dice coloritamente una di loro «non ci si può ricordare di noi solo quando i pomodori marciscono nella piantagione perché gli schiavi alzano la schiena e incrociano le braccia sfiniti dall’indifferenza». Una settimana di sciopero nei Tribunali e Procure italiani ha colpito duro e dimostrato quello che fuori molti non sanno, ma che gli operatori della giustizia sanno da tempo benissimo, e cioè che la macchina giudiziaria, già in apnea, andrebbe al collasso senza di loro: senza cioè i magistrati onorari, tali per funzioni ma non per carriera, reclutati per titoli anziché per concorso, a tempo ma continuamente prorogati, pagati a cottimo e senza pensione-malattia-maternità-ferie alla stregua di precari del diritto, teoricamente solo di supporto ai magistrati togati ma in realtà ormai insostituibili nei palazzi di giustizia italiani. Sono quasi quanti quelli di ruolo: circa 7.800 onorari contro 8.800 magistrati togati, e cioè 1.800 viceprocuratori onorari (vpo), 2.100 giudici onorari di tribunale (got), e il resto giudici di pace. Il loro reclutamento avviene per valutazione dei titoli (la laurea in legge è il prerequisito), sono incompatibili con il fare l’avvocato nella stessa sede. L’incarico nel ‘98 sarebbe dovuto essere triennale, come previsto dalla legge Carotti che arruolava giudici e pm onorari «al limitato scopo di esaurire i giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995»: ma nella realtà, di proroga in proroga, la prossima teorica scadenza è 31 dicembre 2015. In materia civile i giudici onorari concorrono ad assorbire il contenzioso di primo grado senza limiti di valore; in materia penale può essere loro la quasi totalità dei reati di competenza del tribunale ordinario, dove celebrano i processi e li decidono con sentenza. Quanto ai viceprocuratori onorari, rappresentano la pubblica accusa in udienza (al posto dei pm togati, che così hanno il tempo di lavorare in ufficio alle indagini o seguire i dibattimenti più delicati) nella quasi totalità dei procedimenti per reati di competenza del giudice monocratico, nonché per i reati minori decisi dai giudici di pace. E per avere un’idea di quanto la giustizia italiana non possa fare a meno di loro, basti pensare che in sedi come Milano (dove nei 5 giorni di sciopero i pm di carriera sono dovuti andare a fare 120 udienze non più «coperte» dai vpo) c’è già stato da tempo il sorpasso: nel senso che i vpo hanno rappresentato l’accusa in più udienze che i pm di professione, sostenendola nell’80% dei reati di competenza monocratica e nel 90% di quelli davanti ai giudici di pace. Solo che lo Stato datore di lavoro li lascia privi di contributi previdenziali (proprio loro che devono sanzionare i datori di lavoro in caso di mancato versamento dei contributi previdenziali), senza retribuzione nei giorni di malattia o ferie, senza assistenza in maternità. Sono precari prorogati di anno in anno. E pagati a cottimo: non con uno stipendio (per le legge esercitano soltanto funzioni onorarie, senza un inquadramento stabile né uno statuto), ma con indennità di 98 euro lordi a udienza, peraltro non corrisposte per le giornate di lavoro effettivamente svolte per lo studio preliminare dei processi in udienza. Progetti di riforma di ogni genere si sono affastellati e contraddetti: l’ultimo abbozzato in Commissione giustizia dal ministro Orlando non piace alle associazioni «Cogita», «Conamo», «Federmot» e «Mou» che con lui hanno avuto una burrascosa riunione e che per tutta la settimana scorsa hanno attuato l’astensione dalle udienze civili e penali dei giudici onorari di Tribunale e dei vice procuratori onorari della Repubblica. «Unimo», invece, nel proporre la permanenza in servizio all’esito della verifica effettiva della professionalità, non ha scioperato perché ha valutato positivamente l’apertura del ministro sulla necessità di prevedere un regime transitorio che valorizzi la professionalità dei magistrati onorari attualmente in servizio, salva l’incompatibilità delle funzioni giudiziarie con altre attività professionali.