Barbara Spinelli, Europa 8/6/2014, 8 giugno 2014
In una lettera in sei punti inviata ai promotori della lista L’altra Europa con Tsipras, Barbara Spinelli risponde alle critiche che le sono state mosse in seguito alla sua decisione di accettare, contrariamente a quanto annunciato in campagna elettorale, il seggio conquistato all’Europarlamento
In una lettera in sei punti inviata ai promotori della lista L’altra Europa con Tsipras, Barbara Spinelli risponde alle critiche che le sono state mosse in seguito alla sua decisione di accettare, contrariamente a quanto annunciato in campagna elettorale, il seggio conquistato all’Europarlamento. Questo il testo della lettera che Europa pubblica integralmente: “1) È vero che avrei potuto e dovuto comunicare la mia decisione prima dell’assemblea dei comitati territoriali (“almeno non si perdeva tempo a parlarne”). Era stata la mia proposta, ma i garanti mi hanno chiesto con insistenza di aspettare, e di dare il mio annuncio dopo. 2) Non è vero che ho preso la mia decisione “in solitudine”, come molti suppongono e come è stato scritto. L’ultimissimo segmento della decisione è stato solitario , è vero, ma lo spazio di tempo fra il 26 maggio e la giornata di ieri non è stata affatto “vuota”. Non è stato un tempo in cui mi sono chiusa in una sorta di torre d’avorio. È stato uno spazio fitto di consultazioni, di contatti, di discussioni fra garanti, di pressioni contrastanti, e anche di attacchi personali violenti e ingiusti alla mia persona, alla mia coerenza. Soprattutto c’è stato in questo spazio un negoziato, condotto da Marco Revelli in nome dei garanti, con i due partiti che esprimevano le candidature vincenti dopo la mia, nel Collegio Centro e Sud. Candidature che io considero non di partito, ma espressioni della nostra comune Lista: solo nei negoziati sono divenute, purtroppo e per forza di cose, emanazioni dei partiti. Queste trattative sono fallite, e la soluzione del sorteggio, proposta nel negoziato, è stata da entrambi i partiti respinta perentoriamente. Io sono contraria alla roulette russa, ma comunque non potevo farla mia dopo il no opposto da chi negoziava in nome dei candidati del Centro e del Sud. 3) Non è vero che la rinuncia al mandato, che avevo proposto qualche giorno prima della decisione presa ieri (avevo mandato una lettera di rinuncia netta, non era una semplice “proposta”), è stata nei fatti accolta dai garanti, che avrebbero “solo eccepito sulle motivazioni che la accompagnavano”. La rinuncia ad andare al Parlamento europeo, i garanti non l’hanno accettata. E sono stati loro ad affidarmi a questo punto (visti i risultati infruttuosi delle trattative con Sel e Rifondazione, vista la mia opposizione al sorteggio), la decisione finale, dicendomi che l’avrebbero accettata anche se non se ne assumevano, tutti unanimemente, la responsabilità. La notizia che hai ricevuto dunque, caro Alfonso, è inesatta. Aggiungo che la rinuncia è stata respinta anche da Alexis Tsipras, che per ovvii motivi non voleva interferire nelle nostre scelte e nei nostri negoziati interni e che aveva lasciato a me la decisione finale, qualora l’accordo non fosse raggiunto. Lo stesso Tsipras aveva espresso in una conversazione con me un’opposizione alla formula del sorteggio, considerato che le parti con cui i garanti negoziavano la respingevano. Successivamente mi ha confermato che in proposito la sua posizione non è più mutata, e che dopo la telefonata con me non ha avuto contatti, e volutamente, con rappresentanti della nostra Lista. 4) È vero infine che la scelta poteva essere gestita più democraticamente. Ma di questo deficit democratico non sono io la sola responsabile. La mia scelta finale è stata presa nei modi e per le ragioni che conoscete (il Centro come mio collegio naturale, il mio rifiuto di apparire come “paracadutata” dall’alto a Sud), perché le decisioni cruciali erano nelle mani dei garanti, e non di un consesso più vasto. Dunque tutta la struttura decisionale della nostra Lista è in questione, dovrà essere ripensata e discussa. Non posso io da sola esser trasformata in capro espiatorio di un’organizzazione che non ha saputo praticare la democrazia nel migliore dei modi, e non parlo solo dei dieci giorni circa che sono seguiti alle elezioni. 5) Confido dunque anch’io, come scrive Raffaella Bolini, che esista “una possibilità di salvaguardare lo spirito collettivo e l’unità, che è stata sottoposta subito dopo le elezioni stress e tensioni forti, troppo forti”: spirito che comunque e contro tutte le resistenze è esistito nella nostra battaglia comune. Dell’esistenza di questo spirito unitario ne sono anzi certa, non mi limito a “confidare”, e lo ripeto: sia Marco Furfaro che Eleonora Forenza, che ancora una volta ringrazio per il loro impegno, sono compagni di Lista, non emissari dei rispettivi partiti. Così li ho sempre considerati, e continuo a considerarli. Da quest’impasse se ne esce solo se continueremo lo sforzo di creare un’aggregazione in cui le identità partitarie degli uni e degli altri si “sciolgano” in un’aggregazione vasta, inclusiva e democratica. Il fatto che non siamo riusciti bene finora non significa che non si debba ricominciare a tentare, che si debba abbandonare quel che in ogni caso è stato cominciato e in cui tanti hanno creduto. 6) Agli amici di Sel, dico solo che ci sono ambiguità, nel loro partito, che hanno fatto male alla Lista e forse anche a chi, proveniente da Sel, ha anteposto gli interessi “generali” e superiori della Lista a quelli del partito. Penso a chi subito dopo il voto ha definito la Lista una scelta “last-minute”, finita il giorno delle elezioni. A chi afferma oggi di non averci mai creduto sino in fondo. Penso a chi sostiene l’opportunità di oscillare tra la Lista e il Pd di Renzi, tra la Lista e il gruppo socialista di Schulz“.