Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 7/6/2014, 7 giugno 2014
«DA NOI I CONTROLLI SEMPRE AVVENUTI SU AUTORIZZAZIONE DEI MAGISTRATI»
ROMA - La smentita è categorica: «L’Italia non ha mai avuto accesso diretto ai dati telefonici. Intercettazioni e controlli sul “traffico” sono sempre autorizzati dall’autorità giudiziaria». Il governo replica con durezza al report pubblicato dalla Vodafone britannica sull’acquisizione di informazioni sulle comunicazioni dei cittadini. E così come era avvenuto dopo le rivelazioni di Edward Snowden, la «talpa« della National Security Agency, nega che ci siano mai state «intrusioni abusive».
Lo stesso fanno gli apparati di intelligence confortati da una nota della Vodafone Italia che sottolinea come «nel nostro Paese le leggi (articolo 96 del Codice Comunicazioni Elettroniche) prevedono che ogni operatore sia tenuto ad alcune prestazioni obbligatorie nei confronti dell’Autorità Giudiziaria, e cioè l’intercettazione delle comunicazioni e l’accesso alle anagrafiche e ai tabulati di traffico. Tutto questo avviene sempre su autorizzazione preventiva della magistratura o degli organi di polizia giudiziaria, come previsto anche dall’articolo 132 del Codice della privacy».
L’Italia certamente non è nella lista dei Paesi che, secondo quanto dichiarato dalla stessa Compagnia, «ha accesso diretto alle telefonate e ai “contatti” degli utenti». Nè deve ingannare l’alto numero di richieste presentate con l’avallo dei giudici, anche perché alle circa 600 mila istanze ricevute da Vodafone bisogna aggiungere quelle recapitate a Telecom e a tutti gli altri gestori. Ma sono proprio le circostanze emerse dopo il «Datagate» a dimostrare come non ci sia alcun bisogno di entrare illegalmente nelle banche dati dei gestori di telefonia e web visto che le autorità statunitensi e quelle di altri Stati hanno concluso accordi con le aziende e possono ottenere le informazioni necessarie, soprattutto quando si tratta di lotta al terrorismo e alla criminalità. In caso di rischi per la sicurezza nazionale, la cooperazione tra 007 consente dunque di ottenere notizie ritenute indispensabili anche senza seguire la trafila giudiziaria.
I servizi segreti di Roma hanno sempre negato quanto raccontato da Snowden circa un coinvolgimento dell’Italia nella «rete» tessuta dagli apparati statunitensi e britannici. Ma nella sua relazione finale sulla vicenda il Copasir, il Comitato parlamentare di controllo, ha dovuto ammettere come non sia possibile sapere come vengono utilizzati i «metadati» in partenza o in arrivo dal nostro Paese che transitano sui provider o sulle compagnie telefoniche statunitensi che potrebbero aver accettato di consegnare i dati alle Agenzie di intelligence .
Si tratta delle notizie relative a tutto quello che riguarda le utenze, escluse le trascrizioni delle conversazioni. E dunque informazioni sugli intestatari, sui contatti, sugli accessi alle reti internet. Non a caso l’analisi del Copasir evidenzia come «la raccolta avviene “a strascico” quindi senza eccezioni e in maniera massiccia prendendo dati grezzi con la possibilità che siano conservati per cinque anni». Discorso a parte riguarda i cosidetti «Sigint», le intercettazioni effettuate con sofisticate apparecchiature dagli agenti segreti di alcuni Paesi tra cui gli Stati Uniti captando le onde elettromagnetiche e condivisi in caso di emergenza con gli alleati.
Il Garante della privacy Antonello Soro aveva già messo in guardia dai rischi di una simile ingerenza e adesso ribadisce «la necessità di ripensare e riequilibrare il rapporto tra sicurezza e privacy, spostando il baricentro nella direzione della difesa del diritto al rispetto della persona e quindi della sua libertà e della sua dignità. Va riaffermata l’idea che il rispetto dei diritti fondamentali debba ancora essere una delle principali discriminanti tra i regimi democratici e quelli illiberali. Non si può in alcun modo giustificare la pretesa di proteggere la democrazia attraverso la compressione delle libertàdei cittadini perché in questo modo si rischia di calpestare l’essenza stessa del bene che si vuole difendere».