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 2014  giugno 07 Sabato calendario

LA SEGRETARIA SPIEGA IL SISTEMA GALAN «ASSUMEMMO LA FIGLIA DI UNO 007»


DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA — Sveglia, bella e scaltra, la cinquantenne Claudia Minutillo sedeva al centro del grande sistema corruttivo. Prima come attenta segretaria di Giancarlo Galan, poi come spregiudicata imprenditrice e prestanome per affari non proprio specchiatissimi. Infine da supertestimone della grande inchiesta, indagata e ora anche un po’ pentita. È lei, questa veneziana che vive in una casa alberata della prima periferia di Mestre, ad aver dato il via all’inchiesta che sta scuotendo il Veneto e la più grande opera pubblica d’Italia, il Mose. Con i pm di Venezia è stata un fiume in piena. Ha parlato delle mazzette alla Regione, al Ministero, al Magistrato alle Acque, della corruzione del generale della Guardia di Finanza, del vorticoso giro di fondi neri nei quali è entrata a pieno titolo, di giornali acquisiti e pure di ragazze assunte per avere buoni rapporti con i Servizi segreti. Ecco i suoi verbali.
Il sistema
Nel marzo dello scorso anno, dopo averla arrestata per fondi neri e false fatturazioni e sospettando che dietro si nascondesse la corruzione dei politici, i pm di Venezia la incalzano sul punto. Le chiedono se le somme che transitavano dall’ufficio di Giovanni Mazzacurati, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, l’ente che governava sul Mose, servono anche per ungere i funzionari delle strutture regionali, ministeriali o del Magistrato alle Acque. Dopo qualche resistenza, Minutillo sospira: «Sapevo che il sistema prevedeva sia la struttura burocratica, sia regionale, sia ministeriale e anche il Magistrato alle Acque che era di nomina ministeriale ma in realtà era Mazzacurati che decideva chi e come».
Chi erano i destinatari delle somme raccolte da Mazzacurati? «Vi erano (omissis ) e Marco Milanese, uomo di fiducia del ministro Tremonti. A lui era destinata la somma di 500 mila euro che l’ingegner Neri conservava nel suo ufficio al momento dell’ispezione della Guardia di Finanza al Consorzio Venezia Nuova... Mi dissero: “Pensa che Neri li aveva nel cassetto e li buttò dietro l’armadio”. La Finanza sigillò l’armadio e la sera andarono a recuperarli». Per lei sarebbe iniziato tutto nel 2005, anche se per gli inquirenti la data è spostata molto più indietro nel tempo.
«Il primo imprenditore che accettò di finanziare i politici veneti fu Piergiorgio Baita (ex presidente della Mantovani, già arrestato e liberato dopo aver confessato, ndr ), che io ebbi l’onere di presentare a Walter Colombelli su incarico di Galan a Venezia, organizzando un appuntamento all’hotel Santa Chiara. Nell’occasione ricevetti una busta contenente del denaro a Galan. Erano i primi mesi del 2005».
Il generale e i servizi
Un capitolo viene dedicato al sistema di «spionaggio» che garantiva a imprenditori, manager e Consorzio una sorta di immunità giudiziaria. Sa qualcosa l’ex segretaria dei tentativi di bloccare gli esiti delle verifiche della Finanza? «Sì — racconta —. Ci fu corruzione di un generale ma non mi è stato detto il nome (si tratta di Emilio Spaziante, arrestato per aver ricevuto 500 mila euro, ndr )». Chi lo pagò? «La Mantovani, Baita...». L’ex presidente del gruppo Mantovani, la spina dorsale del Consorzio Venezia Nuova, capofila anche del maggior appalto dell’Expo, ricorre spesso nella deposizione. «Mi chiese anche di fare un paio di assunzioni (era già imprenditrice, ndr )». Cioè? «I cognomi di queste due ragazze sono significativi: una si chiama S., il cui padre è comandante dei Servizi segreti, che evidentemente si pensava potesse avere un ruolo nell’ambito delle indagini in corso; e l’altra si chiama A., il cui padre è un importante funzionario della Regione del Veneto, che ha un ruolo fondamentale in molte attività del Gruppo Mantovani, come per esempio tutte le opere di bonifica e di salvaguardia della laguna. Per esempio: successe che un giorno andai da Chisso per chiedere chiarimenti su un accordo di programma che non si faceva e A. doveva seguire la questione. “Ma voi non gli dovevate assumere la figlia? Lui su questa cosa è molto arrabbiato, tu assumi la figlia e vedrai che le cose si risolvono”, mi disse».
A un certo punto gli inquirenti scovano una serie di contatti romani della Mantovani finalizzati all’acquisto di una società capitolina, la New Time corporation. «Si trattava dell’acquisizione di una quota della società editrice di un giornale che si chiama Il Punto ... Era gente appartenente ai Servizi, per cui questa partecipazione, che costò molti soldi e molti altri vennero versati in tempi recenti, era un modo per pagare queste persone, per avere informazioni e per vedere di influire sulle indagini in corso».
I soldi alla Regione
Ma cosa sa esattamente delle somme destinate alla Regione? «Per quanto è a mia conoscenza, le somme sono state versate a Galan e a Chisso. A Galan venivano consegnate, anche più volte all’anno, somme ingenti di denaro, parliamo di 100 mila euro o anche più. Questo mi è stati riferito sia da Baita che si lamentava delle richieste esose, sia dallo stesso Galan quando ne ero la sua segretaria. Poi c’erano alcuni funzionari regionali ai quali si facevano favori. Quanto a Galan, Baita mi disse che aveva sostenuto finanziariamente la ristrutturazione della sua villa. Non so se avete mai visto la casa, credo che i lavori siano costati qualche milione di euro». E l’assessore regionale Chisso (arrestato, ndr )? «So che normalmente l’ingegner Mazzacurati versava somme di denaro a Chisso all’Hotel Monaci all’ora di pranzo. Chisso in più occasioni si lamentò del fatto che Mazzacurati versava solo alle feste comandate... era chiaro che voleva essere remunerato più frequentemente».
Il business del futuro
Da segretaria a prestanome, da imprenditrice a finanziere. Sempre più su e sempre più in là. «È la commissione di collaudo sulla gestione il vero business futuro del Mose — ha spiegato scuotendo la testa —. Il Mose ormai lo danno per finito perché i soldi sono stati erogati o comunque stanziati tutti (in realtà ne sono stati stanziati 4,9 miliardi su 5,4, ndr ); il vero affare ora è quello della gestione del Mose. Vale svariate decine di milioni di euro l’anno».
Poi è precipitata: l’arresto, la confessione, la super testimonianza. Oggi è libera.