Dario Di Vico, Corriere della Sera 7/6/2014, 7 giugno 2014
INVESTIMENTI: MAGARI LO SCIOPERO È FINITO
Tremila imprenditori che si prenotano per fare investimenti in nuovi macchinari fanno meno notizia di altrettanti industriali che applaudono o fischiano. Eppure questo piccolo movimento ci segnala una novità: sta per finire quello che l’economista Gian Maria Gros-Pietro definisce «lo sciopero degli investimenti» avvenuto negli anni più duri della Grande Crisi. Tremila è il numero delle richieste pervenute al ministerodello Sviluppo economico per accedere ai benefici della Nuova Sabatini, il provvedimento che garantisce credito agevolato alle Pmi che vogliono acquistare beni strumentali. Il ministro Federica Guidi ha promesso che nel caso andasse esaurito ilplafond previsto peril 2014 (2,5 miliardi)il governo sarebbe prontoa reintegrarlo stanziando una cifra analoga.
Che dopo anni di fiacca fossimo nei pressi di un’inversione di tendenza l’aveva già segnalato lo straordinario +79% di ordini nel primo trimestre 2014 reso noto dall’Ucimu, l’associazione di categoria dei produttori di macchine utensili e robot, e dunque il dato della Sabatini arriva a conferma di un movimento che era già in corso solo sulla base di libere dinamiche di mercato.
È chiaro che se così tanti imprenditori vanno nella stessa direzione si avvalora l’idea che stia ripartendo la domanda e che vi sia la necessità di attrezzarsi al meglio per intercettarla. In più il parco macchine installato nelle fabbriche italiane in questi anni di mancato ricambio è invecchiato rischiando di minare la nostra competitività internazionale. «Si può dire che in qualche misura sono investimenti obbligati — commenta Gros-Pietro — Nel frattempo infatti sono radicalmente cambiati i prodotti e servono macchine più adatte e performanti di quelle di prima. Spesso conviene installare addirittura un impianto su misura che tenga insieme lavorazione e assemblaggio e garantisca di poter produrre, all’occorrenza, anche un quantitativo illimitato di componenti tutti perfettamente uguali».
Se dai numeri aggregati si passa all’esame più puntuale di chi ordina le nuove macchine l’identikit degli utilizzatori varia molto. Spicca l’industria dell’aerospazio alla ricerca di soluzioni più avanzate per rendere più leggeri i velivoli, ridurre i costi del carburante e allungare l’autonomia in volo ma anche l’automotive chiede beni strumentali per innovare. Molto vendute sono le tecnologie laser fibra che consumano meno e consentono più duttilità nella lavorazione dei metalli. Anche le macchine transfer e le stazioni di lavoro sono più flessibili delle loro antenate e vanno a identificare un prodotto italiano «ad hoc, con molti adattamenti che potremmo definire sartoriali», «che ci mette a riparo dalla loro concorrenza tedesca» (Gros-Pietro).
Accanto ai grandi utilizzatori si segnala l’attivismo delle piccole imprese, per lo più conto-terziste, che hanno riportato in Italia lavorazioni che avevano spostato nei paesi emergenti, compromettendo però la qualità del prodotto finale. Le Pmi hanno così bisogno di ammodernarsi per sostenere la nuova domanda determinata dalla «rilocalizzazione» ma anche perché devono garantire il rispetto di norme di sicurezza e standard di qualità (sempre più alti) scongiurando così il rischio di penali onerosissime o addirittura di essere estromessi dalla filiera.
In occasione dell’assemblea della Confindustria il ministro Guidi ha anticipato che il governo potrebbe prendere un ulteriore provvedimento da affiancare alla Sabatini per favorire gli investimenti in macchinari a elevato contenuto tecnologico sul modello della Tremonti ter (defiscalizzazione degli utili reinvestiti). In proposito l’Ucimu sta lavorando per disegnare una misura che incentivi la sostituzione dei sistemi di produzione (non solo macchine utensili) obsoleti favorendo così, oltre al miglioramento della performance delle macchine, anche risparmio energetico, sicurezza e innalzamento della professionalità dei tecnici addetti.
Come conseguenza di tutto ciò le figure professionali di cui ci sarà bisogno dovranno sempre di più essere in grado di utilizzare tecnologie moderne, avere la cultura di base per «imparare a imparare» e conoscere le lingue straniere per muoversi sui mercati internazionali. È chiaro che stiamo parlando di un «movimento» che interessa purtroppo quasi esclusivamente il Nord, il Sud secondo le stime diffuse ieri dall’Istat, relative al 2013 sulla caduta del Pil per aree territoriali, ha fatto registrare una riduzione del 4%, doppia quindi rispetto al dato complessivo nazionale.