Silvia Ognibene, Il Sole 24 Ore 7/6/2014, 7 giugno 2014
MPS, IL PM CHIEDE 7 ANNI DI CONDANNA PER MUSSARI
SIENA.
Condannare l’ex presidente di Mps, Giuseppe Mussari, a sette anni di reclusione, Gian Luca Baldassarri e Antonio Vigni, ex capo area finanza ed ex dg, a sei anni, senza le attenuanti generiche. È questa la richiesta avanzata ieri in aula dal pubblico ministero Giuseppe Grosso al termine della requisitoria nel processo per la ristrutturazione del derivato Alexandria. I tre sono imputati di ostacolo alla vigilanza di Banca d’Italia per aver nascosto - è la tesi dei magistrati - il mandate agreement che realizzava il collegamento negoziale fra la ristrutturazione di Alexandria e l’operazione BTP 2034: operazioni che hanno celato ai controllori il reale stato patrimoniale e finanziario della banca, pregiudicandone le sorti fino ad oggi. «L’operazione BTP 2034 fa la parte del leone nel condizionare il destino della banca portandola a un passo dal fallimento, con i Tremonti bond, i Monti bond, la crisi di liquidità, la chiusura delle filiali, i licenziamenti e ora l’aumento di capitale da 5 miliardi. È un fatto gravissimo». La Banca d’Italia, che è parte civile nel processo, ha chiesto alla corte di condannare gli imputati ad una pena «determinata secondo giustizia» e al «risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali calcolati dalla corte in via equitativa».
Grosso, al termine di una requisitoria durata oltre otto ore nella quale si sono succeduti tutti e tre i magistrati che hanno condotto le indagini, ha parlato di un «castello di bugie raccontato in aula dagli imputati» che hanno «edulcorato i bilanci di Banca Mps e annacquato le perdite, perchè la realtà avrebbe fatto emergere la totale incapacità del top management». Secondo il pm, Baldassarri, era «solo il braccio esecutivo di questa operazione. L’interesse, la strategia e le decisioni stanno altrove, sopra Baldassarri, nei vertici», ovvero in Mussari e Vigni. «Baldassarri sapeva il fatto suo, era l’uomo giusto al momento giusto, serviva per annacquare le perdite della banca nel mare torbido della finanza creativa. Altrimenti, perchè non allontanarlo?».
Nella sua requisitoria, il magistrato ha descritto Mussari come «il dominus di Mps, il padre padrone dalla personalità debordante, quello che in una notte alza il telefono e decide di impegnare la sua banca per 17 miliardi». E non è vero che l’ex presidente rivestiva un ruolo meramente formale. Al contrario, «aveva un ruolo attivo, è competente in materia finanziaria, non è uno sprovveduto».
Antonio Vigni è stato invece definito dal pm, citando le parole pronunciate in aula dallo stesso Mussari, «mite e leale». «Era del territorio, il garante degli equilibri e preoccupato dello status quo. Sa che avevano buttato alle ortiche un immenso patrimonio, è cosciente che avevano portato la banca sull’orlo del precipizio. Ed infatti è lui che nasconde il mandate agreement».
Nel tracciare un affresco di come all’epoca funzionavano le cose al Monte, il magistrato ha detto che la banca «è stata gestita come sempre è stato fatto a Siena». Nei confronti di coloro che segnalavano i rischi dovuti alla ristrutturazione di Alexandria «si è alzato un muro di gomma, pensando che alla fine qualcuno se ne va...».
Silvia Ognibene, Il Sole 24 Ore 7/6/2014