Leonardo Maisano, Il Sole 24 Ore 7/6/2014, 7 giugno 2014
INTERCETTAZIONI LEGALI: ITALIA AL TOP
Sei Paesi nemmeno si prendono il disturbo di avvertire: schiacciano un bottone e...alè ascoltano tutto quanto vogliono ascoltare. Si fa presto anche a buttarla sul solito Grande Fratello invocando - come ha fatto ieri Bruxelles - maggiore cautela, ma è toccato a un’impresa, non alle autorità nazionali o a quelle europee, scuotere i sottofondi di un mondo senza più segreti, o, per meglio dire, senza più privacy. È stata, infatti, Vodafone a produrre e diffondere un massiccio e articolato documento che mette insieme i numeri e la policy imposta dalle autorità sulle intercettazioni e la comunicazione di informazioni relative agli abbonati di ventinove Paesi scelti fra quelli dove è ovviamente presente. I più controllati, in un certo senso, sono gli italiani: Vodafone ha ricevuto 606mila richieste di dati (anagrafe dei titolari o traffico sulle utenze, senza in questo numero contare le intercettazioni di contenuti) da parte di organismi di polizia giudiziaria fra marzo 2013 e aprile 2014. Un numero che pare essere in assoluto il più elevato, anche se il condizionale è inevitabile in quanto il raffronto dei dati è quasi impossibile a meno che, come ha fatto il quotidiano The Guardian, non si paragoni il numero delle intercettazioni sui contenuti (dati resi noti dalle singole capitali e che non hanno nulla a che vedere con Vodafone riguardando tutti gli operatori) ordinate dagli inquirenti: 140 mila in Italia contro 2700 nel Regno di Elisabetta.
Il gap è ampio, a dir poco, ma il gioco del paragone è complesso e fuorviante - l’Italia ha un problema di criminalità organizzata che la Gran Bretagna non ha certo nella stessa misura - ma alcuni elementi chiariscono la dinamica che, per volontà dei governi nazionali, lega autorità pubblica e operatori di telefonia. In almeno nove - Albania, Egitto, Ungheria, India, Malta, Qatar, Romania, Sud Africa e Turchia - dei ventinove Paesi che hanno avuto accesso ai dati dell’operatore mobile britannico, è illegale diffondere qualsiasi informazioni sulle intercettazioni e Vodafone s’è adeguata al black out imposto dalla legge locale per evitare conseguenze. In sei Paesi che non sono stati rivelati dall’operatore - la logica suggerisce che possano essere fra i nove citati, ma sono comunque certamente inclusi nella lista completa dei ventinove - non c’è nemmeno bisogno di presentare un’autorizzazione all’operatore per intercettare: gli inquirenti "spiano" con cavi direttamente collegati a Vodafone le utenze locali, ascoltando conversazioni e scaricando informazioni. «Questo tipo di accesso - ha commentato l’organizzazione Privacy International - consente di fatto una sorveglianza di massa sui clienti e su chi è in contatto con loro». E ovviamente non solo clienti Vodafone: accessi analoghi devono essere garantiti da tutte le società di telefonia. Sul punto, come accennato, è intervenuta anche la Commissione europea. La titolare alla Giustizia, Viviane Reding è stata esplicita. «Un anno dopo le rivelazioni di Edward Snowden si conferma quanto sia profonda e articolata la raccolta di dati da parte dei governi. Non è possibile che le autorità abbiano modo di interferire direttamente, senza regole e in modo automatico ai dati dei cittadini».
Considerazione che evidentemente condivide anche Vodafone. L’operazione trasparenza avviata dalla società britannica nasce, infatti, dalla mancanza di iniziativa delle autorità nazionali. «Noi crediamo - ha precisato il gruppo guidato da Vittorio Colao - che sia dei governi e non degli operatori di telefonia il compito di fare chiarezza sul numero di autorizzazioni richieste». Una mossa simile, ma molto più contenuta, l’aveva fatta, nelle scorse settimane, Deutsche Telekom, operatore di un Paese scosso dalle intercettazioni americane sul telefonino di Angela Merkel. Vodafone in realtà è andata molto più in là, infrangendo una prassi opaca. Il rapporto - intitolato Law Enforcement Disclosure - non sarà, infatti, un episodio isolato, ma l’inizio di un nuovo corso. Ogni anno il gruppo aggiornerà i dati e preciserà il contesto legislativo entro cui è costretto ad agire nella speranza di tutelare quel diritto alla privacy che, Vodafone ricorda, non è solo parte del proprio codice di condotta, ma parte della legislazione internazionale sui Diritti umani.
Leonardo Maisano, Il Sole 24 Ore 7/6/2014