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 2014  giugno 07 Sabato calendario

IN NORMANDIA IL D-DAY È QUELLO DI PUTIN


Omaha Beach.
Sarà stata l’atmosfera carica di emozioni positive per questo 70° anniversario dello sbarco in Normandia, ma le celebrazioni tra Omaha Beach e Sword Beach hanno anche visto oltre ai vecchi soldati e alle lacrime, numerosi minuetti politici, con Vladimir Putin al centro dei giri di danza: gli incontri ci sono stati, il disgelo è cominciato e la tensione attorno all’Ucraina si è allentata. La svolta, però, resta lontana. Per cominciare il leader russo si è intrattenuto per una quindicina di minuti con con il presidente eletto ucraino Petro Poroshenko, ha visto per un’altra decina di minuti Barack Obama e in mattinata, dopo gli incontri di ieri con David Cameron e con François Hollande, ha avuto un colloquio con Angela Merkel.
Si tratta dei primi elementi di de-escalation in chiusura di un viaggio europeo difficile del Presidente americano. Un viaggio che nei toni, nel dialogo a distanza con Mosca, nelle risposte di Putin o del suo ministro degli Esteri Sergei Lavrov, ha espresso da ambo le parti molta retorica e sapori dei vecchi tempi della guerra fredda. Non si è deciso nulla, intendiamoci, ma visto che giovedì il G7 a Bruxelles aveva posto fra le condizioni per evitare nuove sanzioni contro la Russia un dialogo diretto fra Kiev e Mosca e una interruzione delle ostilità, Putin potrà rivendicare di aver risposto senza troppe complicazioni ad entrambe le richieste dell’Occidente. Con Poroshenko che assumerà oggi a Kiev il suo incarico formale di nuovo presidente ucraino, l’incontro è durato una quindicina di minuti. Un incontro "incoraggiato" dalla regia di Angela Merkel che, con apparente casualità, ha portato Putin dal leader ucraino. I due sono rimasti in piedi con lei, ma la Merkel che si era incontrata in mattinata con Putin per il suo bilaterale li ha poi lasciati quasi subito soli. Proprio la Merkel aveva detto a Putin durante il loro incontro che «la responsabilità per una de-escalation» era del leader russo e di Mosca. Ma subito dopo l’incontro, quasi che il tutto fosse stato coordinato da molte mani, l’Eliseo ha dato notizie aggiuntive sui colloqui confermate poi dal portavoce di Putin. Non vi è ancora una data per un altro incontro più formale, ma i due si sono stretti la mano e quel che più conta dal punto di vista concreto, domani un ambasciatore russo sarà di ritorno a Kiev per partecipare all’insediamento di Poroshenko. Il portavoce inoltre ha confermato che i due leader hanno concordato che un cessate il fuoco nell’Ucraina orientale e nell’interesse di tutti. Non è la prima volta che Putin sembra essere pronto a far marcia indietro. Settimane fa ad esempio aveva ritirato le sue truppe dai confini con l’Ucraina orientale, ma secondo l’intelligence americana Mosca ha continuato ad aiutare i ribelli russi in Ucraina sia dal punto logistico che da quello finanziario e delle forniture militari. Per questo Washington ieri non si è sbilanciata. Per questo Obama, a differenza dell’attivismo degli altri leader europei, ha cercato di minimizzare il rapporto con Putin: vuole che la partita sia gestita e risolta dai due protagonisti diretti. E per varie altre situazioni, dalla Siria all’Iran, ritiene di avere un conto aperto su più fronti con il leader russo. Una frase nella conferenza stampa di ieri è stata rivelatrice: «Basta con lo zero sum game, il gioco a somma zero (vince uno soltanto)...è giunto il momento di passare al win win, insieme si può vincere tutti». Per questo la prudenza. Dopo essersi studiati a distanza e dopo essere stati vicini l’uno all’altro ignorandosi in un paio di occasioni (a un certo punto salendo le scale Obama era subito dietro a Putin ma ha guardato altrove, a cena Obama era seduto vicino alla Regina Elisabetta e tre posti più là alla sinistra della Regina Margareta di Danimarca c’era Putin) si sono finalmente parlati. Un incontro fra i dieci e i quindici minuti ci ha detto il portavoce della Casa Bianca Ben Rhodes, un tempo lungo abbastanza per dirsi molte cose, anche perché non solo non si sentivano neppure al telefono da tempo, ma non si vedevano dal 26 agosto scorso. Obama ha detto a Putin che le elezioni ucraine sono l’occasione per raddrizzare la situazione, ma che toccherà a lui riportare la normalità in Ucraina sulla base dei tre punti discussi al G7, il terzo, il più difficile per la Crimea, riguarda l’integrità territoriale. Se l’occasione andrà perduta la Russia sarà ulteriormente isolata. La prossima mossa dunque è di Mosca. Ma non possiamo dimenticare che senza i reduci, senza questo anniversario simbolico al di là dell’immaginabile in queste circostanze di tensione fra grandi potenze, questi incontri non ci sarebbero stati. La giornata è stata bellissima, piena di sole e commovente: le quasi diecimila croci e stelle di Davide bianchissime nel cimitero di Omaha Beach davano i brividi, sotto la spiaggia, enorme, lunga quasi 8 chilometri. Commovente vedere gli ultimi reduci novantenni che si sono trascinati qui, forse per l’ultima volta e che si alzavano in piedi dalle sedie a rotelle per rendere omaggio ai caduti, fragili ma tutti d’un pezzo. Commovente vedere le spiagge, questa Omaha Beach, dove ci si chiede come quei ragazzi ventenni riuscirono a trovare il coraggio per sbarcare dai mezzi anfibi e correre contro le postazioni naziste accovacciate su, in alto in posizione di vantaggio. La cerimonia alla fine è diventata l’occasione per riaffermare il diritto internazionale, la legalità e le integrità territoriali e che soprattutto insieme con il win-win si vince tutti, come dice Obama. Queste spiagge ce lo ricorderanno sempre.

Mario Platero, Il Sole 24 Ore 7/6/2014