Beatrice Borromeo, Il Fatto Quotidiano 7/6/2014, 7 giugno 2014
“LA CORRUZIONE IN ITALIA NON È PIÙ UN REATO”
[Intervista ad Alberto Vannucci] –
In Italia i colletti bianchi sono solo lo 0,4 per cento dei detenuti, a fronte di una media europea dieci volte superiore, anche se da noi le tangenti sono molto più comuni che nel resto della UE. Ma se ci concentriamo solo sulle mazzette, i dati sono ancora più incredibili: in tutto il Paese, i condannati che si trovano in carcere per corruzione sono meno di dieci”. La fotografia del professor Alberto Vannucci, che dirige il Master in Analisi e prevenzione della corruzione all’università di Pisa, racconta una realtà dove lo scandalo del Mose non dovrebbe creare alcuno scalpore: “È lo stupore che mi stupisce. Mose, Expo 2015, G8 alla Maddalena, mondiali di nuoto e così via avevano tutti un epilogo scontato, come ogni grande opera realizzata con quei criteri. Non potrebbe essere altrimenti”.
È rassegnato professore?
Il problema è che la corruzione, di fatto, è stata depenalizzata.
Addirittura?
Sono stati scientificamente introdotti meccanismi che hanno reso il lavoro dei magistrati sempre più difficile.
Poi c’è l’ultima legge delega del governo, ennesimo salvacondotto per i colletti bianchi.
Se prima erano quasi certi di farla franca, ora ne avranno la matematica certezza. E manterranno pure la fedina penale pulita.
Per sfuggire al processo, però, bisognerà risarcire i danni provocati.
Le assicuro che resta comunque molto conveniente: le somme di denaro che s’intascano sono davvero ingenti. Provvedimenti come l’abolizione del falso in bilancio, la salva-Previti, le altre varie leggi ad personam, e quest’ultima legge delega sono criminogene.
Eppure Renzi promette interventi rigorosi per contrastare questo fenomeno, che tra l’altro costa all’Italia 60 miliardi di euro ogni anno.
È una contraddizione tipica della politica italiana. È difficile capire se questa legge delega, coi suoi sconti di pena e i suoi regali ai colletti bianchi, è frutto di superficialità, incapacità, o peggio di malafede. Del resto il premier è legato a una maggioranza eterogenea, che da sempre, in alcune sue componenti, è molto sensibile a queste istanze.
La maledizione delle grandi intese.
Per le cricche direi che è una benedizione. Comunque l’armonia bipartisan, nell’avallare questo sistema di corruzione ormai endemico, è diffusa. Il Mose è l’esempio perfetto: sono finiti nei guai, tra gli altri, un sindaco di sinistra e un ex presidente di regione di destra. E parliamo di un’opera interminabile, che ha già sforato di parecchi anni i tempi previsti, triplicando i costi, ponendo al centro questa figura – unica in Europa – del concessionario unico. Soggetto potentissimo che tiene tanti a libro paga, tra cui politici a sua completa disposizione. La corruzione sa trasformarsi e adattarsi in modo duttile a contesti diversi, non è una realtà omogenea. Expo e Mose, per esempio, sono casi completamente diversi.
Com’è possibile che, nonostante i continui scandali, sia ancora così semplice sfuggire ai controlli?
C’è una governance multi-livello della corruzione che coinvolge dall’amministratore locale ai vertici delle istituzioni. È un sistema ben consolidato e mai scalfito, che dagli anni Ottanta si appella all’emergenza per fare tutto in deroga, garantendo così una perenne mangiatoia di Stato. Si sono appellati all’emergenza persino per i festeggiamenti dei 500 anni dalla scoperta dell’America, prevedibili da 5 secoli.
C’è anche un problema di burocrazia ?
Certo. Se vuoi rispettare le leggi vai incontro all’incapacità della Pubblica amministrazione, all’inefficienza delle procedure, alla cattiva allocazione delle risorse. Per questo l’emergenza è diventata, da noi, la norma: si accumulano scientificamente ritardi, come per Expo 2015, così da procedere in deroga.
Cosa si può fare?
Riformare il sistema aiuta, ma il problema, come dice il commissario Cantone, è soprattutto culturale. Questo non dev’essere però un alibi per autoassolversi. Bisogna investire con lungimiranza sull’istruzione e recuperare l’effetto deterrente delle condanne: i corrotti devono pagare e la società deve riconoscere la gravità di certi reati. La sanzione, insomma, dev’essere anche sociale. Ma essere ottimisti è difficile: il secondo più votato alle Europee, con voto di preferenza, è proprio un condannato in primo grado per corruzione.
Twitter: @BorromeoBea
Beatrice Borromeo, Il Fatto Quotidiano 7/6/2014