Maximilian Cellino, Andrea Franceschi e Morya Longo, Il Sole 24 Ore 6/6/2014, 6 giugno 2014
ECCO COSA CAMBIA COL «BAZOOKA» DI DRAGHI
[quattro articoli] –
Gli obiettivi della Banca centrale europea sono sostanzialmente due: riportare l’inflazione nei ranghi (intorno al 2%) e riaprire il rubinetto del credito che per troppo tempo è rimasto occluso. Il mix molto variegato di misure varato ieri dall’Eurotower a questo mira. Le domande che tutti si pongono sono: gli obiettivi sono alla portata? Queste manovre faranno veramente risalire l’inflazione e faranno ripartire il credito? E soprattutto: che impatto avranno su famiglie, banche e imprese?
Purtroppo una risposta sicura non esiste: l’economia è fatta di numeri, ma anche di psicologia collettiva. Non basta la «bacchetta magica» della banca centrale per far ripartire un motore inceppato: la politica monetaria può solo oliarlo, ma per rimetterlo in moto davvero servono anche altre condizioni. Detto questo, però, le manovre varate ieri hanno tutte un potenziale impatto positivo su famiglie, banche e imprese.
Per le prime l’effetto potrà essere più indiretto che diretto: più liquidità in circolazione, anche se non indirizzata specificamente ai mutui, può aiutare a rimettere in moto i finanziamenti per l’acquisto di una casa. Per le rate di chi invece ha già avuto accesso al mutuo il taglio dei tassi è invece sostanzialmente ininfluente, perché gli Euribor e lo stesso saggio Bce sono ormai prossimi allo zero.
Sulle imprese l’impatto potenzialmente potrebbe essere più forte: alle banche europee arriveranno presto 400 miliardi di euro (75 dei quali agli istituti italiani) che dovranno essere usati per finanziare le aziende. Quando poi la Bce inizierà a comprare le cartolarizzazioni sui crediti alle imprese (manovra possibile in futuro), l’effetto benefico per il sistema produttivo europeo sarà maggiore. Il problema è che serve tempo affinché questo accada. E, soprattutto, non è detto che questo accada davvero.
UN «RUBINETTO» POTENZIALE DA 75 MILIARDI PER L’ITALIA –
Le imprese, soprattutto quelle del Sud Europa, sono il vero «bersaglio» di Mario Draghi: molte misure che la Bce ha annunciato ieri (a partire dal nuovo maxi-finanziamento alle banche chiamato in gergo Tltro) hanno proprio l’obiettivo di riaprire il rubinetto del credito per le aziende. A guardare i numeri, si direbbe che Draghi non abbia lasciato nulla al caso. Il nuovo finanziamento che la Bce erogherà alle banche, affinché queste girino la liquidità alle imprese, ammonta infatti a circa 400 miliardi di euro (75 dei quali per l’Italia): cifra non casuale, perché equivale alla quantità di finanziamenti persi durante la crisi (cioè 374 miliardi in tutta Europa). Se tutti i 400 miliardi erogati dalla Bce andassero veramente alle imprese, dunque, potenzialmente il credit crunch dovrebbe terminare. Ma sarà così? I dubbi sono tanti.
LA MANOVRA PRO-IMPRESE
Andiamo con ordine. A favore della aziende europee la Bce ha annunciato due misure. Una già pronta, l’altra in cantiere per il futuro. La prima è il Tltro: un maxi-finanziamento di durata quadriennale al tasso dello 0,25% che la Bce erogherà tra settembre e dicembre alle banche del Vecchio continente affinché queste prestino i soldi alle imprese. Rispetto all’analogo finanziamento erogato tra fine 2011 e inizio 2012 (noto con l’acronimo Ltro), questa volta la Bce ha aggiunto una «T» iniziale (Tltro): una «T» che sta per «targeted». Insomma: questa volta le banche non potranno usare i soldi presi a tasso agevolato per comprare titoli di Stato, ma dovranno utilizzarli per finanziare le imprese. Punto.
In futuro, poi, la Bce potrebbe partire con un cosiddetto «credit easing»: cioè l’acquisto di titoli legati cartolarizzazioni sui crediti alle Pmi. Entrambe le misure hanno due obiettivi. Uno: dare liquidità a basso costo e «vincolata» alle banche. Due: liberare i bilanci delle banche dai crediti già erogati, affinché ne possano concedere di ulteriori. Se questo accadesse, i finanziamenti potrebbero tornare a crescere: prendendo a prestito denaro dalla Bce allo 0,25%, gli istituti creditizi potranno infatti erogare di più e a tassi più bassi. Con benefici per tutti: stima Rbs che se il tasso medio del finanziamento bancario in un Paese come l’Italia scendesse dal 5% al 4,5%, questo equivarrebbe a un taglio delle tasse del 10% oppure a un deprezzamento dell’euro del 10%. Effetto finale: gli utili delle imprese potrebbero aumentare dal 3% all’8%. Ma accadrà?
CONDIZIONE NON SUFFICIENTE
Questo è il nodo. Affinché questo succeda, le banche devono avere una convenienza ad erogare finanziamenti: perché il credito costa in termini di capitale e perché troppe aziende sono finite insolventi e troppe sono in una situazione di stress finanziario. Insomma: non basta la «bacchetta magica» per far ripartire i finanziamenti, servono anche le condizioni generali. Calcola Rbs che per le banche dei Paesi forti sarà conveniente, dal punto di vista economico, trasformare in credito i soldi presi dalla Bce.
Ma per le banche del Sud, la convenienza non è così pacifica: attualmente stanno infatti accumulando così tanti crediti deteriorati (nei bilanci italiani superano i 300 miliardi), che erogare finanziamenti è diventato molto rischioso e costoso. Affinché le banche tornino a prestare, insomma, serve una svolta sui crediti deteriorati. E serve che le imprese tornino a chiedere credito. In una parole, serve la ripresa economica: altrimenti non ci sarà «baccheta magica» che tenga.
BENEFICI SOLO PER CHI DEVE STIPULARE UN NUOVO MUTUO –
Il «bazooka» la Banca centrale europea (Bce) l’ha mostrato chiaramente al mercato, e ha anche rivelato in gran parte le condizioni alle quali si deciderà ad utilizzarlo. Per vedere qualche riflesso le famiglie italiane dovranno però attendere ancora e non soltanto perché i meccanismi di trasmissione della politica monetaria sono tali che le decisioni prese a Francoforte necessitano di un periodo di alcuni mesi prima di vedere dispiegati i propri effetti. Le novità di ieri sono state tuttavia numerose, quindi è senz’altro utile rivedere le loro potenziali (e non) ripercussioni sulle decisioni che i privati possono prendere.
PER CHI HA GIÀ UN MUTUO...
Il taglio del tasso di riferimento dallo 0,25% allo 0,15%, anzitutto, avrà effetti risibili per chi ha un mutuo a tasso variabile. Questo perché sono rarissimi i prodotti indicizzati direttamente al saggio Bce (la maggior parte è legata agli Euribor) e soprattutto perché i tassi di mercato sono già prossimi allo zero. A voler essere ottimisti a tutti i costi si può pensare che lo stop alla sterilizzazione degli acquisti di bond effettuati tramite il programma Smp, un’altra delle iniziative adottate dall’Eurotower, possa allentare le tensioni che si sono viste sul mercato monetario negli ultimi sei mesi e riportare più in basso gli Euribor (il tasso a 3 mesi è allo 0,30%, quello a un mese allo 0,24%): si tratta comunque di spiccioli. Ragionando più in generale, la serie di mosse espansive annunciate ieri potrebbe mantenere i tassi di mercato bassi per un periodo ancora più lungo. Già adesso le attese degli operatori sono per un ritorno dell’Euribor all’1% non prima del marzo del 2018: le insidie, per chi ha un variabile, difficilmente arriveranno dal caro-rata.
...E PER CHI LO DEVE FARE
Più interessante, anche se piuttosto controverso, è il discorso per chi un finanziamento lo deve ancora stipulare. Sulla carta l’iniziativa Bce (Tltro, finanziamenti alle banche per favorire l’erogazione di nuovi prestiti alla clientela) tenderebbe non senza sorpresa a escludere i mutui residenziali, quantomeno dalla formula con la quale si ricava il quantitativo di fondi che ciascun istituto di credito può chiedere a Francoforte. Nella realtà è però evidente che le banche riceveranno nuovo denaro a buon mercato e questo libererà ulteriori risorse che potranno essere impiegate anche nella concessione di finanziamenti per la casa.
«Nei prossimi mesi – sottolinea quindi Roberto Anedda, direttore marketing di Mutuionline – la spinta commerciale delle banche, sempre più interessate a recuperare volumi di erogato, potrebbe accentuarsi anche con condizioni economiche più favorevoli per la clientela». I famigerati spread, cioè i ricarichi applicati dalla banca ai tassi di base, sono del resto in costante discesa da tempo: «quelli più bassi – conferma Anedda – si sono ridotti al 2% e sono ormai ben lontani dai massimi anche oltre il 4% degli anni scorsi, non è escluso che da qui a pochi mesi si possa assistere alle prime offerte con spread inferiori al 2% proprio grazie alle iniziative Bce». In ogni caso si tratterebbe di un effetto favorevole che si va a innestare su un mercato, quello dei mutui in Italia, che mostra timidi segnali di ripresa negli ultimi tempi (nei primi tre mesi dell’anno le erogazioni sono aumentate del 20%, anche grazie al ritorno dei prodotti per surroga e sostituzione).
OSSIGENO PER IL SETTORE, SOPRATTUTTO NEL SUD EUROPA –
Il mix di misure non convenzionali annunciate ieri dalla Bce è stato superiore alle aspettative dei mercati. Ma la reazione in Borsa del settore bancario, quello più direttamente influenzato, benché positiva non è stata entusiasmante: l’indice europeo di settore ha guadagnato lo 0,59 per cento. Se tuttavia si va a vedere come sono andate le azioni delle banche nei diversi listini non si ha un risultato univoco: alla positiva performance degli istituti di credito italiani (+2,19%) e spagnoli (+1,68%) fa da contraltare infatti un saldo negativo per il settore alla Borsa di Francoforte (-1,89%).
L’IMPATTO DEI TASSI
Una singola giornata di Borsa può essere presa a riferimento ma la performane a due velocità delle banche tedesche rispetto a quelle italiane e spagnole qualche giustificazione ce l’ha. L’Eurotower ha portato il costo del denaro (l’interesse che paga la banca che chiede credito alla Bce) allo 0,15% mentre la remunerazione sui depositi è scesa in negativo dello 0,10 per cento. Chi si finanzia di più all’Eurotower (come le banche italiane e spagnole) ha tutto da guadagnare. Meno chi ha liquidità in eccesso (come le banche tedesche) che d’ora in poi dovrà pagare una commissione dello 0,10% sui depositi.
IL LEGAME CON I BOND SOVRANI
A conti fatti i benefici per il settore bancario da questa mossa sui tassi sono superiori ai costi per la banale ragione che l’ammontare del denaro preso a prestito dalla Bce (circa 650 miliardi di euro) è nettamente superiore a quello depositato (220 miliardi di euro). C’è in ogni caso un altro elmento in più che gioca a favore della banche dei Paesi periferici. Nonostante il rally messo a segno in questa prima parte dell’anno, analisti e addetti ai lavori sono abbastanza concordi nel credere che le mosse della Bce contribuiranno a un’ulteriore restringimento degli spread tra i titoli di Stato del "centro" (come la Germania) e "periferia" dell’Eurozona (Italia e Spagna). A tutto vantaggio dei bilanci delle banche di questi Paesi dove questi titoli abbondano.
I FINANZIAMENTI AGEVOLATI
Potenzialmente positiva per la profittabilità del settore anche la nuova tornata di finanziamenti agevolati condizionati al credito alle imprese come spiega Loris Centola, Responsabile Ricerca di Wealth Management di Ubs: «Pensiamo al caso di una banca europea che si finanzia sul mercato all’1,9% e poi presta ad un impresa ad un tasso del 2,7 per cento. Finanziandosi alla Bce il margine di guadagno si amplia notevolmente perché il costo di raccolta scende dall’ 1,9 allo 0,25 per cento. A tasso di impiego invariato il margine passa da 80 a 245 punti base. I nostri analisti hanno calcolato che il ritorno (RoE ndr.) sui nuovi prestiti possa così passare dal 3,3 al 35%».
Una banca insomma ha potenzialmente molto da guadagnare a far credito alle imprese con questi nuovi strumenti. Ma non è detto che questo beneficio all’economia reale arrivi subito. «Con il test della Bce sui bilanci in corso - spiega Centola - difficilmente le banche italiane aumenteranno gli impieghi in questa fase. Non con i problemi di qualità del credito che ancora zavorrano i loro bilanci. Dovremo aspettare il 2015 e anche allora non penso che ci sarà un’ondatata di liquidità».
Maximilian Cellino, Andrea Franceschi e Morya Longo, Il Sole 24 Ore 6/6/2014