Maurizio Crosetti, la Repubblica 6/6/2014, 6 giugno 2014
L’URLO DI DIEGO PER UNA MAGIA CHE ERA UN ADDIO
[La storia/Un gol, un Mondiale 1994] –
Quell’urlo era un addio, ma nessuno lo sapeva. «Mi hanno ucciso quando volevo rientrare per dimostrare alle mie figlie che posso lottare con i ventenni. Nel paese della democrazia non mi hanno lasciato parlare, e non mi hanno permesso di dire ciò che sento. Con la mia uscita dal mondiale, è uscito un intero paese e sono usciti anche quelli che mi vogliono bene. Avevo detto che la Fifa mi aveva tagliato le gambe. Adesso dico che ha finito di tagliarmi il corpo, mi ha ucciso».
Quell’urlo nella telecamera, Diego Maradona lo consegnò al mondo, non solo al mondiale, il 22 giugno 1994 a Boston. Argentina- Grecia 4-0, tripletta di Batistuta e gran sinistro di Dieguito all’incrocio, minuto sessantesimo. Era la prima gara dei biancocelesti a Usa ’94. Maradona ci arrivò senza squadra, perché a febbraio - lo stesso mese in cui accolse i giornalisti a fucilate, nella sua villa - aveva rescisso il contratto con il Newell’s Old Boys, incassando un milione e mezzo di dollari, metà della cifra pattuita. «La Fifa mi aveva accettato perché credeva che avrei fatto ridere il mondo: invece cominciai alla grande, e loro si spaventarono».
Nessuno credeva che Diego sarebbe risorto così. Aveva già vissuto la squalifica per cocaina, nel ’91 a Napoli, e per alcuni paesi del mondo era un tossico: il Giappone gli negò il visto per una tournée prima del mondiale.
Ma in America, miracolosamente, Diego tornò un fascio di luce purissima. Quell’urlo nella telecamera diceva al mondo ci sono ancora, sono sempre io, vi amo e vi odio.
Tre giorni più tardi un’altra vittoria spettacolare contro la Nigeria, due gol di Caniggia, due assist di Diego. Poi l’antidoping, come mille volte in carriera, però stavolta gli trovarono tracce di efedrina, lo squalificarono, mai più in nazionale, mai più Maradona. Lui diede la colpa a una bevanda energetica, il “Ripped Fuel”, disse che l’efedrina poteva essere solo lì dentro. Cocainomane sì, drogato mai, non si droga l’arte che basta a se stessa. Diego parlò di omicidio, perché il melodramma ce l’ha dentro. Forse, intendeva dire che il governo del calcio mondiale l’aveva tradito, garantendogli l’immunità e poi incastrandolo quando stava diventando ingovernabile. Forse, Maradona pagò tutto in una volta il vecchio conto che gli presentò il suo nemico Blatter. La vendetta perfetta, ma anche la fine del più grande calciatore di ogni tempo.
Fu quello il mondiale dell’Italia sconfitta dal Brasile ai rigori (3-2). Mai, nella storia, la coppa era stata assegnata o perduta dal dischetto. E mentre il pallone svirgolato da Roberto Baggio ancora vola, e mai atterrerà, mentre l’Argentina senza il suo fuoriclasse sarebbe stata eliminata dalla Romania negli ottavi, Diego Maradona ha fatto in tempo a finire molte altre volte. Il ritiro nel ’97, il ricovero in rianimazione nel 2000, l’infarto e l’overdose nel 2004, la terapia intensiva nel 2007 per epatite e abuso di alcol. Ogni volta più maledetto, ogni volta più rannicchiato sul fondo della sua vita, più lontano da quella luce o forse no, perché quasi sempre la luce è solo l’altra parte della notte.
Maurizio Crosetti, la Repubblica 6/6/2014