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 2014  giugno 06 Venerdì calendario

QUANDO LA TERRA SI SCONTRÒ CON TEIA COSÌ È NATA LA LUNA


ROMA.
L’atto di nascita della Luna è stato un gigantesco scontro spaziale. O meglio: un impatto avvenuto quattro miliardi e mezzo di anni fa tra la Terra primordiale, che allora era molto più grande di quanto non sia oggi, e un misterioso corpo celeste, che dopo lo scontro si sarebbe disintegrato. Per indicare quest’ultimo gli astronomi hanno scelto il nome Teia, che richiama l’antica dea greca madre di Selene, cioè la Luna. Mentre per indicare l’ipotesi della nascita del nostro satellite dal gigantesco incidente tra Teia e la Terra hanno scelto il nome decisamente meno poetico di “Impatto gigante”. Oggi, a quarant’anni dalla sua prima formulazione moderna, l’ipotesi sembra trovare una conferma grazie a una ricerca tedesca pubblicata sull’ultimo numero della rivista Science.
Secondo l’ipotesi dell’Impatto gigante, lo scontro spaziale tra corpi celesti avrebbe prodotto una nuvola di polvere e frammenti che, ruotando a grande velocità intorno alla Terra, si sarebbero aggregati a formare la Luna. In parte, questi frammenti sarebbero state schegge di superficie terrestre. E in parte, o forse soprattutto, resti del misterioso corpo celeste. Ma se Teia non esiste più, com’è possibile provare che abbia davvero dato origine alla Luna?
L’idea è che, se le cose sono andate come dice l’ipotesi, la Luna dovrebbe in qualche modo assomigliare un po’ a Teia, cioè dovrebbe portare dentro di sé, da qualche parte, qualche segno dell’eredità materna. Il che però propone un duplice problema: il primo è che di Teia non conosciamo proprio niente e quindi non sappiamo che cosa cercare. E il secondo è che, fino a ieri, avevamo trovato solo rocce lunari in tutto e per tutto uguali a quelle della Terra. Quindi di Teia nessuna traccia. Fino a ieri, però.
La ricerca tedesca, infatti, è finalmente riuscita a scovare un segno particolare nelle rocce della Luna che su quelle della Terra non c’è. È stato possibile grazie a campioni di superficie lunare, portati indietro dalle missioni Apollo della Nasa, e a tecniche di analisi più raffinate. Questo segno è una piccola, ma significativa, differenza tra la quantità di una particolare forma dell’ossigeno contenuta nelle rocce lunari rispetto a quelle terrestri.
«La differenza è piccola ed è difficile da riconoscere — ha spiegato Daniel Herwartz, coordinatore del gruppo di ricercatori dell’Università di Colonia — ma c’è. E significa due cose: possiamo essere ragionevolmente sicuri che ci sia stato l’impatto tra Teia e la Terra. E possiamo farci un’idea della composizione di Teia». Adesso, chiariscono i ricercatori, si tratta di capire quanta Teia sia rimasta nella Luna e quanta abbia finito per disperdersi nello spazio. I vecchi modelli dicevano che la Luna era soprattutto figlia di Teia: i nuovi dati, concludono gli studiosi tedeschi, suggeriscono invece che sia figlia di entrambi. Metà della Terra e metà del misterioso corpo celeste.
Ma ci potrebbe anche essere una seconda spiegazione per i risultati della ricerca tedesca. Quella suggerita da Diego Turrini, planetologo dell’Istituto di Astrofisica e planetologia spaziali dell’Istituto nazionale di astrofisica di Roma: «cioè che si tratti del risultato di impatti successivi, avvenuti anche quando la Luna e la Terra erano perfettamente formati». Tutti i corpi del sistema solare, infatti, hanno continuato anche dopo la loro formazione a ricevere l’impatto di meteoriti (come del resto avviene ancora).
E siccome la Luna e la Terra hanno massa e gravità diversa «potrebbe essere stato qualcosa che si è impattato in maniera diversa e che ha provocato una qualche modifica della superficie di uno dei due corpi celesti». In fondo, i dati indicano solo che c’è una minima, ma chiara, differenza nella composizione tra la Terra e il suo satellite. Questo non toglie, conclude Turrini, che per la nascita della Luna l’ipotesi dell’Impatto gigante rimanga oggi la più plausibile. «Ha anche il vantaggio di spiegare l’unicità del nostro satellite, che è “solo” un centesimo della massa della Terra ed è quindi grandissimo rispetto agli altri satelliti degli altri pianeti del Sistema solare».

Silvia Bencivelli, la Repubblica 6/6/2014